Volontariato

Aziende americane schiavizzano operai in Asia

Lo ha svelato un'indagine del dipartimento del Lavoro Usa. JC Penney, Sears e Target le marche sotto accusa

di Gabriella Meroni

Alcune tra le più grandi catene americane di abbigliamento hanno subappaltato la produzione dei loro capi a una azienda nelle isole Samoa che schiavizzava i propri operai. Lo ha svelato un’indagine del dipartimento del Lavoro Usa. Il rapporto, datato 13 dicembre ma emerso soltanto oggi, svela che la fabbrica tessile coreana Daewoosa, con sede nelle isolette del Pacifico sotto la giurisdizione di Washington, ha imposto ai suoi operai condizioni disumane. Secondo l’indagine divulgata dalla commissione Lavoro, la Daewoosa produceva i capi di abbigliamento di note marche statunitensi, quali JC Penney, Sears e Target pagando ai suoi lavoratori salari da fame: meno della metà del salario minimo per lavorare fino a 18 ore al giorno. L’indagine ha poi puntato il dito contro le violenze anche sessuali che gli operai, in prevalenza immigrati vietnamiti, sono stati costretti a subire pur di conservare il posto. In una intervista a CNN.com, la agente che ha fatto da tramite tra JC Penney e Daewoosa si è difesa dicendo semplicemente che le accuse sono false: “A noi è sembrato che fosse tutto a posto, ma poi alla fine di novembre l’azienda è stata chiusa”. La donna ha tuttavia riconosciuto che i lavoratori erano costretti a lavorare 16-18 ore, ma si è giustificata dicendo che “era previsto dagli accordi”. Gli operai, ha sostenuto, venivano pagati 2,6 dollari (meno di seimila lire) all’ora, come previsto dalla legge in vigore nelle Samoa. Nel suo rapporto, il dipartimento scrive che gli operai, prevalentemente donne, erano ridotti a “scheletri vaganti” a causa della scarsa quantità di cibo (riso, brodo e cavolfiore) che l’azienda forniva. Molti erano picchiati perché aumentassero la produttività, alcuni hanno denunciato violenze sessuali dei caporeparti. A detta del dipartimento del Lavoro, la Daewoosa era già finita più volte sotto accusa negli ultimi cinque anni. Un tribunale delle Samoa aveva anche stabilito che la società non forniva ai suoi operai cibo e sistemazioni adeguati


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