Non profit

sale della comunità, prime visioni low cost

La rinascita dei cinema parrocchiali

di Redazione

Sigla finale. Sullo schermo corrono i titoli di coda. Luce in sala. Ma la platea non se ne va. Attende il dibattito. Se non c’è, lo improvvisa: un commento alla regia, uno alla sceneggiatura, un cenno all’interpretazione. È il pubblico crescente (4 milioni l’anno) dei cinema parrocchiali, quello che alla proiezione affianca sempre anche un incontro o più semplicemente quattro chiacchiere fra amici.
Mentre le sale tradizionali chiudono i battenti, falcidiate dalla concorrenza dei multiplex, quelle degli oratori inaugurano una nuova età dell’oro: «Negli anni 60 erano 6mila, la metà del parco-schermi nazionale», spiega Francesco Giraldo, segretario generale Acec – Associazione cattolica esercenti cinema. Scomparsi poi con la crisi dell’industria cinematografica e l’avvento della tv, i vecchi cinema parrocchiali tornano in auge nella formula polivalente delle Sale della comunità (questo il termine tecnico), «luoghi di confronto, di partecipazione e di pastorale, dove la programmazione filmica è lo zoccolo duro di una proposta più ricca, che comprende teatro, musica, e ora, grazie al sistema M-box di Microcinema, anche dirette ed eventi live, come opere liriche e concerti».
In Italia sono circa un migliaio: «Grazie al lavoro volontario di animatori culturali, 350 svolgono attività ordinaria, 7 giorni su 7; altrettante proiettano solo il weekend; le rimanenti esercitano saltuariamente», dice Giraldo. «Ma il numero cresce con la riattivazione di strutture dismesse, soprattutto al Nord e nei comuni con meno di 10mila abitanti, dove si concentra oltre il 50% delle sale». Complice, paradossalmente, è la crisi: il biglietto costa in media la metà (dai 2,5 ai 6 euro) di un cinema tradizionale, i cui prezzi sono spesso proibitivi per le famiglie. «Esattamente il nostro target di riferimento. Ma anche anziani, che trovano un pretesto per uscire. Un esempio su tutti, il Nikelodeon di Genova, che organizza visioni dedicate, con volontari incaricati di andarli a prendere e riportarli a casa».
Varia la programmazione: generalista nel fine settimana, d’essai nei giorni feriali. «L’importante è che il film non sia banale, che stimoli la riflessione». Un esempio? Disco verde a Milk di Gus Van Sant, sul tema dell’omosessualità; rosso alla commedia sentimentale Ex di Fausto Brizzi. Il giudizio vincolante è della Commissione nazionale valutazione film, organismo Cei preposto a vagliare la produzione cinematografica. «Frequenti le rassegne che raccolgono 10, 15 titoli su una specifica traccia tematica, attorno alla quale costruire una proposta culturale forte, che sappia parlare alla modernità».

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