Politica

Regioni, mano tesa alle famiglie dei morti sul lavoro

Quali sono e come funzionano i fondi di sostegno

di Francesco Dente

L’ultimo ad arrendersi fu Giuseppe Demasi, 26 anni, apprendista. Si spense alla vigilia di Capodanno 2007 dopo quasi un mese di agonia. Ultimo dei sette operai coinvolti nel rogo delle acciaierie Thyssen Krupp di Torino. Aveva solo 20 anni, invece, Michele Tasca. Morì il 4 marzo 2008 per le lesioni riportate ai polmoni. Ultimo a spirare dei quattro addetti di un’azienda per il lavaggio di automezzi di Molfetta, nel barese. Era sceso con i suoi compagni in una cisterna per salvare il collega svenuto per le esalazioni. Stessa sorte dei sei operai di Mineo, in provincia di Catania, vinti dalle emissioni tossiche mentre pulivano un depuratore l’11 giugno 2008. Tutti caduti su un fronte che continua a mietere vittime e che nel 2008 ha contato, secondo le prime stime dell’Inail, 1.150 morti (1.207 nel 2007).
Torino, Molfetta, Mineo. Città simbolo delle morti bianche ma anche di una svolta, positiva, che inizia a contagiare le assemblee legislative regionali. Prima il Piemonte, poi l’Emilia Romagna, infine la Toscana hanno istituito fondi a sostegno delle famiglie dei lavoratori morti sul lavoro. Antesignane della nuova tendenza la Campania e il Lazio, che già nel 2002 avevano introdotto contributi. La Regione guidata da Marrazzo con la legge di bilancio 2009 ha finanziato il fondo con un milione. Sostegni, dunque, e non solo proclamazioni di principi. Il Piemonte, che approvò la legge già due settimane dopo i fatti della Thyssen (lr 25/2007), ha messo in bilancio per il 2007-2008 due milioni di euro (nel biennio hanno perso la vita in regione 155 persone). L’importo del contributo è di 10mila euro ed è erogato dall’Agenzia Piemonte Lavoro. Delle 148 famiglie (i parenti delle sette vittime dell’acciaieria hanno ricevuto invece il contributo dal bilancio regionale), 122 hanno già ottenuto il sostegno. Possono beneficiare il coniuge, i figli, i componenti della famiglia anagrafica, nonché il coniuge separato (in mancanza i genitori e in subordine i fratelli e le sorelle). Il Piemonte, inoltre, ha previsto che sia l’Agenzia ad informare i familiari della possibilità del sostegno e l’Inail a certificare la morte per causa di lavoro. Più circoscritta l’azione dell’Emilia Romagna che ha istituito un fondo per il sostegno socio-educativo, scolastico e formativo. Destinatari dell’intervento previsto dalla legge 6 del 2008 sono, infatti, soltanto i figli (fino a 25 anni) dei lavoratori morti sul lavoro. Potranno farsi rimborsare il 100% delle spese per rette, tasse, mensa, trasporto, libri e ausili per persone disabili. In fase di prima attuazione la Regione ha stanziato 200mila euro. L’Emilia fissa, inoltre, due paletti: parametri di reddito e residenza nella regione del parente deceduto. Infine, la Toscana. È la Regione (lr 57/2008) che riconosce il contributo più generoso: da un minimo di 20mila euro al coniuge o convivente senza figli a un massimo di 25mila per coniuge o convivente con tre figli o più. Tanto la legge toscana quanto quella emiliana riconoscono espressamente che possono beneficiare del contributo anche i familiari di lavoratori che non avevano copertura assicurativa contro infortuni e malattie. I lavoratori in nero.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA