Si intitola Il corpo del capo. È un libro di Marco Belpoliti che ha fatto discutere perché rifiutato da Einaudi e pubblicato quindi da Guanda. È l’analisi che un attento osservatore della società delle immagini come Belpoliti, fa di Berlusconi come “venditore” di se stesso. È un’indagine a tratti spietata, ma senza essere viziata dai consueti preconcetti ideologici. Proprio per questo coglie anche i tratti vincenti del neo leader del primo partito italiano.
Osservando i ritratti ufficiali di Berlusconi si è colpiti dalla continua esteriorità delle sue espressioni davanti all’obiettivo dei fotografi personali: lo sguardo indica sempre qualcosa di esteriore. Non c’è infatti quasi mai negli occhi, e soprattutto nella palpebra, ciò che Barthes, parlando dei manifesti elettorali in Miti d’oggi, definisce il «bel sogno interiore», ovvero quell’espressione che sembra rinviare a una sorta di idealismo: l’idealità è concentrata invece nella volizione esteriore, nell’atteggiamento di forza che emana, o vorrebbe emanare, dalla posizione delle mani e dalla serietà del viso.
Se Berlusconi appare in alcune di questo foto come il bel tenebroso, questo stilema gli deriva non tanto da un lato del carattere, un’identità intima, quanto piuttosto da una postura attoriale, una sorta di recita che non rimanda a uno stato d’animo interiore, quanto piuttosto esteriore (…) Senza dubbio la sua presenza davanti all’obiettivo è quella di un attore, un attore consumato, che manifesta ciò che prova in rapporto all’effetto che si prefigge di raggiungere. Questa finzione è la sua “alterità segreta”, è la sua “maschera dietro l’identità”.
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