Cultura

Tom Benetollo, una vita mille strade

Un libro a 5 anni dalla morte

di Maurizio Regosa

Tante voci per raccontare un personaggio che aveva fatto del dialogo e delle scoperte scaturite da incontri inaspettati, il suo percorso Alla Marcia della pace immediatamente dopo l’attentato alle Torri gemelle di New York (era il novembre 2001), Tom Benetollo sfilò con una bandiera statunitense. Un segno, scrisse su Vita, di vicinanza nei confronti del popolo americano ma anche un simbolo. In quel modo, il presidente dell’Arci faceva “incontrare” la bandiera della pace e quella a stelle e strisce, consapevole che sono propri gli incontri a cambiare le prospettive, ad arricchirle, a offrire punti di vista talvolta imprevisti ma assai spesso utili. Un po’ quel che accade leggendo il volume (Tom Benetollo, un sognatore di futuro) che l’Arci nazionale e del Veneto hanno voluto per ricordare Benetollo a cinque anni dalla sua prematura scomparsa (avvenuta il 20 giugno 2004): come scrive nella sua introduzione la curatrice Marina Bastianello, il libro compone un ritratto a più voci. Dell’uomo e dei suoi incontri. Alcuni dei quali totalmente inaspettati. È il caso di Rita Borsellino: il suo contributo parte dalla strage di via d’Amelio («prima non sapevo neppure cosa fosse l’Arci») e racconta come nacque l’idea della Carovana Antimafia: «Quel gigante buono mi abbracciò con tenerezza e senza una parola mi trasmise la sua forza, il suo dolore, la sua speranza. Poi ascoltai il suo intervento: forte, incisivo, sereno. Capii ascoltandolo che non eravamo più soli… La mafia non era più un problema soltanto nostro». Zvi Schuldiner, giornalista e fondatore di Committment for Peace and Social Justice, invece si trovò di fronte Benetollo a Gerusalemme. Era il 1998: «Tom voleva capire e aveva un sogno: contribuire alla pace, creare le condizioni per il dialogo». Non a caso Paolo Beni, che oggi guida l’Arci, sottolinea quella «sua urgenza di ripartire dal basso, dall’iniziativa sociale diffusa nei territori, per dare una prospettiva al cambiamento e riformare la politica». Né è un caso che Fabio Salviato, presidente di Banca Etica, riprenda il colloquio di sempre: «Caro Tom, da anni non parliamo ma ho spesso l’istinto di raccontarti quello che vivo e che succede intorno a noi. Come quando arrivavi a Padova e coglievamo l’occasione per una chiacchierata sulle cose che ci stavano, e stanno, a cuore». Molte di quelle cose, sottolinea Salviato, sono diventate realtà. Sono molte le testimonianze che compongono questo ritratto. Quella di Flavio Lotti (che parte proprio dalle ultime parole, scritte alla vigilia di quel tragico 20 giugno: «Occorre tenere alta l´iniziativa del movimento, rinsaldare le alleanze, lavorare per fare della pace un vero progetto politico»). E infine, quella di Moni Ovadia: «Davo per scontato che lo avrei incontrato molte altre volte, sullo stesso lato della “barricata” fino a quando non saremmo diventati dei vegliardi presi ancora a spendere l’energia residua per la “causa”».


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