Un’altra verità, finora taciuta, sta venendo a galla sulla tragedia che si è consumata il 21 marzo allo stadio di Luanda, durante la visita del Papa in Angola (due ragazze morte e decine di feriti). La versione ufficiale parla genericamente di “ressa” ma non racconta che cosa l’ha provocata: un intervento brutale delle forze di sicurezza. C’è un testimone di questi fatti. Un missionario di nazionalità uruguaiana, padre Martin Lasarte, un salesiano che vive da vent’anni a Luanda. Questo il suo racconto: «Nella mattinata di sabato 21 ero stato con un gruppo del movimento giovanile salesiano, circa 800 fra ragazzi e ragazze, alla messa del Papa nella Chiesa di Sao Paulo. Finita la celebrazione ci siamo incamminati verso lo stadio Dos Coqueiros». La tragedia è avvenuta al cancello numero 4, intorno alle 12. «Avevano messo dei varchi elettronici. I ragazzi dovevano passare uno ad uno per due strette porticine. Una cosa impossibile. C’erano già ventimila persone in attesa, sotto un sole crudele…». Padre Lasarte continua: «La fila s’ingrossava sempre di più, la folla premeva, l’unica cosa sensata era lasciarli passare rinunciando all’imbuto lentissimo dei metal detector. Invece le forze della sicurezza si sono impuntate e quando hanno temuto che la folla potesse provare a forzare il passaggio sono intervenute in modo brutale. Hanno iniziato a picchiare, anche con manganelli elettrici. I giovani erano sudatissimi, alcuni si erano bagnati con l’acqua. Le scosse molto dolorose. Anche otto del nostro gruppo sono rimasti feriti. A quel punto la folla è stata presa dal panico? Così sono morte, schiacciate, quelle due povere ragazze. Una disgrazia che poteva essere evitata».
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