Non profit
MILANO. Ospedale Maggiore: 550 anni di donazioni
Alla Fondazione, contribuzioni per dieci milioni e 500 mila euro in quattro anni. Denaro investito nella ricerca e nella ristrutturazione dei padiglioni
«Da oltre 500 anni la generosità dei milanesi per l’Ospedale maggiore non è mai venuta meno». Lo ha affermato oggi esprimendo gratitudine Carlo Tognoli, presidente della Fondazione Irccs Ospedale maggiore policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, in occasione della biennale Festa del Perdono. Una ricorrenza istituita dal Pontefice Pio II Piccolomini nel 1459 per confermare l’appoggio pontificio alla costituzione dell’Ospedale Maggiore, e che da allora ha rappresentato nei secoli l’espressione concreta della collaborazione fra autorità civili e religiose milanesi al servizio dei poveri e degli ammalati. Alla Santa Messa, celebrata dal Cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano e parroco dell’Ospedale maggiore, nella Parrocchia di Santa Maria Annunciata, ha fatto seguito un incontro pubblico presso l’Aula Magna dell’Università degli studi, dedicato ai 550 anni della Festa.
«Dal 1459, elemosine, contribuzioni, donazioni e lasciti hanno costituito il nucleo solido delle risorse che hanno permesso a questa grande istituzione di crescere e di rinnovarsi», ha detto nel suo intervento Carlo Tognoli. «Dieci milioni e 500 mila euro di contribuzioni e donazioni in quattro anni. Di questi, 4 milioni sono pervenuti a vario titolo per la ricerca e 6 milioni e 500mila in tecnologie e finanziamenti, tra cui mi piace citare Abn Associazione per il bambino nefropatico e Fondazione Milan, le cui offerte sono state rilevanti. In queste settimane ci sono state annunciate donazioni per un ulteriore milione e 500mila euro».
Nel 5° anno di vita della Fondazione, che ha visto l’accorpamento del Policlinico e degli Istituti Clinici di Perfezionamento, il flusso delle donazioni agli ospedali milanesi non si è interrotto. Entrate grazie alle quali prosegue, con qualche rallentamento in particolare nell’area del pronto soccorso, il restyling dei padiglioni. «Vanno affrontate e risolte le difficoltà della logistica ‘in progress’ determinata dal fatto che la complessa ristrutturazione del nosocomio si svolge senza interruzione dell’attività di assistenza sanitaria e, perciò, nelle condizioni più difficili», ha continuato Tognoli, promettendo la prossima attivazione del Monteggia, non appena sarà concluso il processo di accreditamento presso Asl e Regione. «Il trasferimento di tutte le attività connesse alle neuroscienze e agli organi di senso libererà i vecchi padiglioni, sostituiti dai nuovi poli ‘materno infantile’ e medicina generale». Il progetto, già aggiudicato con concorso internazionale, è in fase di adattamento operativo per far decollare la seconda parte del programma. Se il reparto di medicina d’urgenza ha trovato la sede temporanea nella Clinica del Lavoro, l’edificio che ospiterà l’Istituto nazionale di genetica molecolare invece salirà presto nel cantiere ricavato nell’ ex convitto infermiere.
Proseguono parallelamente gli interventi di sistemazione e rinnovamento provvisori in atto alla Mangiagalli, alla De Marchi, nei padiglioni di via Pace, considerati minori, ma importanti sotto il profilo dell’assistenza sanitaria. Come ad esempio il nuovo nido nazionale della Clinica Mangiagalli.
Oltre alle opere di ristrutturazione, il presidente Tognoli ha ricordato l’avvio di due nuove società: Adveniam, al 100% proprietà della Fondazione, destinata alla formazione avanzata per anestesisti, rianimatori e personale dei reparti di emergenza-urgenza; la seconda, Newronika, nata invece con la partecipazione dell’Università degli studi per sviluppare prodotti e servizi innovativi che valorizzino i risultati della ricerca sulle neuroscienze. Tra questi, sono già due le applicazioni neurologiche in attesa di brevetto. «Il rapporto con l’Università non è solo di vicinanza e di origini storiche comuni», ha ribadito. «Ma è anche fatto di relazioni umane e scientifiche, perché molti docenti sono primari e vivono quotidianamente a contatto con tutti gli operatori ospedalieri, con i pazienti e con i loro famigliari. L’eccellenza delle ricerche e delle terapie, in questi luoghi, diventa il ‘dono’ di uomini e donne ad altre donne o uomini resi deboli dalle malattie nel loro fisico e nella loro psiche. Nella ricerca la nostra Fondazione è al primo posto su scala nazionale, come impact factor, tra gli istituti pubblici. Un condiviso con la facoltà di Medicina e con l’Università degli studi di Milano».
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