Welfare
Il ballo dei mattoni
Il piano in due fasi del governo Berlusconi per superare l'emergenza abitativa
di Redazione

Non solo liberalizzazioni per verande e terrazzini, ma anche un accordo da 200 milioni con le Regioni che promette di dare fiato all’housing sociale.
Sulla carta una vera svolta.
«Mi auguro», dice
Alessandro Maggioni di Federabitazione, «che finalmente l’edilizia si scopra in sintonia con le esigenze della società». Per l’architetto Stefano Boeri però occorre lavorare ancora sugli incentivi. La legislazione sulle variazioni d’uso è troppo rigida così come sono troppo deboli «le tutele per i proprietari»
C’è un Piano annunciato (e riguarda le liberalizzazioni) e ce n’è uno sottoscritto. Il primo fa comparire all’orizzonte la chiusura di verande e terrazzini, l’allargamento di box e cantine in virtù della possibilità di ampliare fino al 20% l’esistente (nota bene: non rientrano nel conteggio delle cubature tettoie e pensiline per l’installazione di pannelli fotovoltaici fino a 6 kW). Opportunità che, stando all’Agenzia del Territorio, prende corpo in un’attesa differenziata soprattutto da parte dei piccoli proprietari: il 49,6% degli immobili da sottoporre ad ampliamento si troverebbe al Nord, contro il 19,5% del Centro e il 30,9% del Sud.
Un intervento cui guardano con interesse i costruttori dell’Ance ma anche i cooperatori di Confcooperative e Legacoop e che in qualche misura ridisegna il profilo dell’housing sociale italiano. Giacché uno dei pilastri di questa misura è il coinvolgimento del privato: lo Stato mette a disposizione delle risorse (creando un fondo gestito dalla Cassa depositi e prestiti) alle quali il privato – cooperativo e non – è chiamato ad affiancare le sue energie. Un passaggio non irrilevante: dalla sinergia tra pubblico e privato potrebbe derivare una nuova efficacia.
In effetti un nodo rilevante e indubbiamente strategico. Si tratta di un ingentissimo patrimonio abitativo (secondo alcune stime a Roma è vuota una abitazione su sette, mentre a Milano le case non utilizzate sarebbero 90mila) che però non è disponibile. «I piccoli proprietari preferiscono tenere vuote queste case», spiega il direttore di Abitare. Non è che non abbiano coraggio. Non li aiuta una legislazione che non li tutela, li costringe a vincolare per otto anni (il famoso 4+4) un appartamento e non li sostiene nel caso in cui ne abbiano bisogno (se poi si finisce, per una qualsiasi ragione, davanti a un magistrato, i tempi diventano millenari). «Alloggi che invece potrebbero essere immessi sul mercato anche per l’utenza fragile e per quella temporanea. A Torino Lo.Ca.Re., un centro servizi del Comune, è riuscito ad affittare 1.600 appartamenti a canoni agevolati ». E lo ha fatto a titolo gratuito, avvalendosi però fondi di garanzia che consentono di offrire ai proprietari quella serenità che altrimenti non avrebbero. Risorse messe dal pubblico, appunto.
Il primo banco di prova, ragionevolmente, sarà Milano, dove ci si sta preparando per l’Expo: «Ancora non si capisce bene come sarà, ma se sarà l’occasione per la città che tutti auspichiamo», conclude Maggioni, «il lavoro per il 2015 potrebbe intrecciarsi davvero con il Piano casa. Anche per chi lavorerà all’Esposizione, ad esempio, saranno necessarie residenze temporanee. È realistico pensare e auspicare che diventino un lascito per Milano».
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