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Cervelli tornate a casa Telethon vi aspetta

Le scoperte legate all’associazione sono conosciute da tutti. E non è un caso se le equipes di questi ricercatori riscuotono successi mondiali. Ecco come funzionano

di Redazione

«Remunerare male un ricercatore specializzato con esperienza all?estero significa frustrarlo, indurlo ad andarsene dall?Italia o a cambiare lavoro». Per Filippo degli Uberti, responsabile comunicazione di Telethon, questo non è certo il modo di trattare i nostri ?migliori cervelli?. Che a causa dell?inefficace sistema di concessione dei fondi, emigrano. Anche se esiste un apposito ministero in Italia i fondi per la ricerca scientifica vengono smistati attraverso canali diversi (il Cnr che ufficialmente dipende dal ministero della Ricerca, l?Enea che risponde al ministero della Ricerca ma anche a quello dell?Industria, l?Istituto superiore di Sanità che dipende dal ministero della Sanità e via così fino a toccare il ministero delle Risorse agricole e l?Istituto per la nutrizione) e parcellizzati in progetti di secondaria importanza. Tutto il contrario di quello che accade all?estero e alla Telethon. Unica realtà del nostro Paese che favorisce il rientro dei ricercatori italiani e l?arrivo di quelli stranieri con borse di studio (cira 4,5 milioni mensili, in quattro anni 170 per un importo complessivo di 12 miliardi), speciali forme di finanziamento (50 milioni annui rinnovabili) e la garanzia di svolgere un?autonoma ricerca nel laboratorio prescelto. Il tutto grazie a una gestione dei fondi snella e costruita a immagine e somiglianza di quella statunitense: ogni progetto viene esaminato e valutato in prima fase da due esperti internazionali con competenze specifiche dell?area che, senza alcuna retribuzione, elaborano un commento scritto. Quindi una Commissione medico-scientifica (composta da 12 membri di diverse nazionalità) si riunisce a Roma per esaminare a sua volta i progetti, concedere il finanziamento e monitorare i risultati. Modus operandi che ha permesso di ottenere grandi risultati tra cui la recente scoperta del gene che provoca la forma più grave della glicogenosi epatica effettuata dai professori Angelo Benedetti e Vincenzo Sorrentino dell?Università di Siena.


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