Cultura

Nobel senza portafoglio

Barbara Ensoli svela come ha condotto la battaglia al virus, battendo i colleghi che in Usa possono contare su aiuti miliardari. Adolfo Turano spiega la scoperta che dà speranza ai malati di sclerosi

di Carlotta Jesi

«Il poeta è un gran tartiere che al mestiere fece i muscoli d?acciaio». È con questo verso imparato a scuola che il professor Adolfo Turano, direttore dell?istituto di Microbiologia dell?università di Brescia, definisce il lavoro di un ricercatore. Ossia di chi, dedicando la propria vita a scoprire una cura che possa sconfiggere i mali dell?uomo, ?cementa? la sua passione e intuizione con grande metodo, costanza e soprattutto onestà intellettuale. Proprio come hanno fatto lui e la dottoressa Barbara Ensoli, in questi giorni sotto i riflettori per due incredibili scoperte scientifiche annunciate durante il Simposio internazionale su Aids e tumori, recentemente tenutosi a San Marino. Un vaccino sperimentato sulle scimmie con buone probabilità di fermare il virus dell?Hiv nell?uomo quella della dottoressa, e degli anticorpi in grado di bloccare il processo di degenerazione della sclerosi multipla e di malattie come Aids e diabete di tipo II quella del professore. Due risultati che oltre a dare speranza hanno attirato l?attenzione sull?originalità e le scarse risorse della ricerca italiana. E in effetti, paragonando i 50 miliardi all?anno con cui la dottoressa Ensoli e la sua équipe di 50 giovani ricercatori lavorano (?quasi una vincita al Superenalotto? li definisce scherzosamente lei) con i 900 miliardi che ogni anno gli Stati Uniti destinano alla ricerca sull?Aids viene da chiedersi come sia stato possibile produrre il vaccino proprio nel Bel Paese. «Perché il nostro», risponde la dottoressa Ensoli, tornata in Italia dopo 12 anni trascorsi negli Stati Uniti a fianco di uomini come Robert Gallo, «è un esperimento contro corrente che va in una direzione diversa da quella della ricerca tradizionale». Mentre, infatti, negli ultimi dieci anni i ricercatori di tutto il mondo cercavano di ?sconfiggere? le proteine che costituiscono l?involucro dell?Aids, ?The Boss?, nomignolo affibbiatole dai suoi compagni di laboratorio, aveva deciso di battere un?altra strada. Puntando dritto alla prima proteina che compare quando il virus entra nel sangue e lo aiuta a replicarsi (la Tat) e bloccando la sua azione con un vaccino che spegne l?infezione anche se il virus rimane nel corpo (Anti Tat). Originalità che la dottoressa un po? smitizza dicendo che l?Italia è piena di buoni ricercatori e che molta strada riamane da fare. Lo stesso dicasi del professor Turano, che dei suoi ?anticorpi? parla con passione ma ci tiene a precisare di non essere un super eroe: «ogni scoperta è solo un piccolo torrente, che poi entra in un ruscello più grande e quindi forma un fiume e il mare della scienza». E afferma che, proprio come negli oceani arriva acqua da tanti Paesi, così la ricerca non è mai un fenomeno nazionale. Degli applausi ricevuti a San Marino è contento, ma preferisce parlare di una questione più urgente e senza la quale la sperimentazione degli anticorpi sicuri che potrebbe bloccare la sclerosi multipla non potrà iniziare: i finanziamenti. «Il nostro sistema di finanziamento alla ricerca scientifica andrebbe riformato». Come? «Seguendo l?esempio di Francia e Stati Uniti, cioè avendo il coraggio di tagliare progetti di secondaria importanza, evitando la parcellizzazione dei fondi e facendoli gestire da una grande Agenzia che si occupi di selezionare i progetti presentati sulla base di criteri prestabiliti».

Conti con i volontari della speranza

Facce di uomini, donne, giovani e bambini. Volti belli di persone che chiedono di giocare, studiare, lavorare ?ancora?con loro. Ancora perchè loro sono sieropositivi. È la campagna lanciata dall’Assa, Associazione speranza e solidarietà Aids di Firenze, per sensibilizzare i ?sani? a non abbandonare o isolare i sieropositivi. L’associazione, che è presente anche a Prato e a Bari, distribuirà 45 mila volantini, 15 mila manifesti e 7.500 espositori per ricordare a tutti che la sieropositività non deve trasformarsi in un ghetto per chi la vive. Nicola Pini, instancabile fondatore-presidente Assa, è riuscito a convincere Carlo Conti, presentatore rampante di mamma Rai, a fare da padrino alla campagna. «Ho voluto presentarla perchè questa non è la solita campagna che si limita a dire usa quello o usa questo», spiega Carlo Conti, «ma un?iniziativa che vuol ricordare a tutti che l’Aids è un argomento importantissimo e che, laddove ci sono delle persone sieropositive, non è un problema lavorare con loro, parlare con loro, giocare con loro, studiare con loro». Gli 82 volontari dell’Assa nell’anno sociale ’97-’98 hanno fatto 3.163 ore di assistenza domiciliare, 1175 di presenza negli ospedali di Firenze, Prato e Bari, seguendo nei day hospital 23 persone. Oltre 13 mila i chilometri percorsi dai mezzi di trasporto dell’associazione.


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