Famiglia

La meravigliosa avventura di cambiare il futuro a Roman

Vi spiego perché l'età del bambino non deve far paura

di Rosanna Schirer

Solo il suo passato non potrete modificarlo. Ma per tutto il resto,
con coraggio e determinazione, vi aspetta un cammino fatto
di scoperte entusiasmanti. Molto più grandi dei problemi… Per anni ho sognato il mio bambino, ma nei miei sogni non riuscivo mai a vedere il suo volto, i suoi occhi, il suo corpo. Non riuscivo neppure a immaginarlo. Di lui sapevo soltanto un paio di cose: anche se mio marito Maurizio avrebbe preferito una femmina, “sentivo” che la sorte ci avrebbe riservato un maschio e sapevo, per via della legge sulla differenza d’età, che avrebbe avuto più o meno 8 o 9 anni. Il 26 agosto del 2008 l’abbiamo incontrato in un orfanotrofio di Kiev: Roman è un bambino sereno e bellissimo, nato il 9 giugno del 2000. Ha un sorriso radioso e un modo di fare ammiccante. È affettuoso, gli piace chiacchierare e fa subito amicizia. Con tutti: grandi e piccini. Ama i bimbi, ama gli animali e anche se siamo a Milano – insieme – solo da cinque mesi, ha già tanti amichetti e pure la fidanzata; lui frequenta la seconda C, lei la seconda B. Si sorridono in mensa e nei corridoi della scuola e a San Valentino lui le ha comprato in edicola una bustina con un giochino delle Winx, tanto di moda tra le bimbe. Prima ancora le aveva regalato un braccialetto ricevuto da un compagno di classe. Naturalmente lei ha ricambiato e gli ha donato un grande trattore: rosso e nero. Roman è un bambino intelligente e (sarà un caso…) è anche milanista. Adora Kakà.
Perché adottare un bambino? L’adozione è un scelta (di genitorialità, di vita, emotiva), a volte è una scelta difficile, ma è pur sempre una scelta. Una scelta matura e consapevole. E perché adottare un bambino “grande”? La prima cosa che mi viene in mente è che un bambino è un bambino, punto e basta (vale per l’età come per il Paese d’origine). E poi, l’adozione è un gesto d’amore: amare vuol dire ricevere, certo, ma prima ancora vuol dire “dare”. E se dai, non scegli a chi dare amore, dai in modo incondizionato e poco importa, l’età, il sesso, la religione, il colore della pelle, i segni “particolari”. Se con forza, coraggio, volontà e determinazione avete affrontato il lungo viaggio per ottenere l’idoneità e diventare genitori, non potete arrendervi proprio adesso in dirittura d’arrivo, pensando all’età come a un ostacolo insormontabile. Perché non lo è. Perché non è detto che un bambino “grande” abbia più problemi di uno piccolo. Perché anche questo dipende dalla casualità, dalle circostanze, dalla sua storia, dalla vita. Forse dipende soprattutto dal destino.
Anche l’inserimento scolastico di un bambino già grandicello può sembrare un problema, ma non lo è, anzi l’età può essere addirittura un vantaggio. Un bimbo piccolo difficilmente va subito all’asilo, ma al contrario, passa qualche anno a casa con la mamma, con la tata o con i nonni, ritardando così l’apprendimento della lingua italiana. Un bambino grande (che di solito dall’età di 6 anni va a scuola, e tra l’altro la legge italiana prevede che frequenti la stessa classe che frequenterebbe nel suo Paese di nascita), vive l’inserimento scolastico come uno stimolo per imparare in fretta la lingua in modo da potersi relazionare con maggior facilità anche con gli altri bambini.
Purtroppo non possiamo cambiare il passato dei nostri figli, ma possiamo cercare di cambiare il loro futuro. Insieme. Con la stessa forza, coraggio, volontà e determinazione, con cui abbiamo affrontato il lungo viaggio per ottenere l’idoneità e diventare genitori.
Durante la nostra avventura ucraina, mio marito e io abbiamo conosciuto tante persone e realtà così diverse dalla nostra. Abbiamo conosciuto tanti bambini e tanti avremmo voluto portarli via con noi: alcuni sono piccoli, altri grandi. Vlady, il migliore amico di Roman, ad esempio, di anni ne ha 12, ma il suo sorriso ci è rimasto nel cuore. È sveglio, sensibile e responsabile. Cura i suoi fratelli e gli altri piccini accolti in istituto con amore, quasi con ostinazione. Osservarlo mentre li aiuta a diventare grandi, fa venire le lacrime agli occhi. E la sua non è l’unica storia che ci ha riempito di emozione.
Abbiamo conosciuto anche molte coppie di genitori adottivi: alcune italiane, altre straniere; tra loro pure una coppia di americani del Texas. La cosa curiosa è che in Ucraina gli americani, nelle pratiche adottive, seguono procedure diverse da quelle degli europei: possono frequentare un orfanotrofio, confrontarsi con i bimbi e “scegliere” chi portar via (può sembrare scandaloso, ma forse a ben pensarci non lo è). In ogni caso loro che di opzioni ne avevano tante, hanno adottato addirittura tre fratelli: il maggiore ha quasi 13 anni, il più piccolo ne ha 7 e la bimba, una principessina, ne ha 9.
Sì, perché capita di voler adottare un bambino piccolo e tornare a casa con tre bambini “grandi”.
La vita è bella anche per questo, perché a volte la realtà supera la fantasia.

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