Formazione

L’integrazione rischia il licenziamento

L’autonomia finanziaria delle scuole è un invito al risparmio che colpisce gli studenti portatori di handicap. E sulla formazione degli insegnanti nessuna novità. Le associazioni protestano

di Gabriella Meroni

C?è una Cenerentola nella scuola italiana, si chiama integrazione. A prepararsi al gran ballo della Nuova Scuola competitiva ed europea sono l?autonomia, l?orientamento, i percorsi formativi. L?integrazione degli alunni disabili no, non è invitata. Anzi: si fa di tutto perché non esca dal sottoscala in cui è costretta a vivere. Proprio la settimana scorsa infatti sono stati approvati alcuni provvedimenti considerati innovativi, che potrebbero però penalizzare l?inserimento scolastico dei ragazzi portatori di handicap. Prendiamo l?autonomia, cioè la trasformazione di ciascuna scuola in una piccola azienda con un budget da gestire in proprio. Approvata il 30 ottobre, il presidente del Consiglio D?Alema l?ha salutata come contributo alla «competitività» della nostra scuola. Ma visto che notoriamente i disabili non sono competitivi, l?autonomia non tiene conto delle loro esigenze: tra i criteri da rispettare nello spendere le risorse non ce n?è uno sulla qualità dell?integrazione. L?unico paletto fissato per legge è non respingere le iscrizioni di alunni disabili. Punto. Teoricamente un preside potrebbe quindi limitarsi ad accettare l?iscrizione a scuola di un portatore di handicap, e poi abbandonarlo a se stesso. Senza contare che per i capi di istituto che risparmiano è previsto un premio, e che la tentazione di risparmiare sull?integrazione potrebbe essere forte. «Occorrono standard di qualità anche per l?integrazione» raccomanda Salvatore Nocera, vicepresidente della Federazione italiana per il superamento dell?handicap (Fish). «Per offrire un riconoscimento a chi realizza un buon servizio anche per i disabili». Ma non è finita. La Finanziaria del ?97 ha rivoluzionato i criteri di assegnazione degli insegnanti di sostegno, che non vengono nominati più in rapporto a 1 a 4 disabili, ma 1 su 138 studenti iscritti a scuola. Con la possibilità di ?chiamare? altri docenti di sostegno per i presidi che si trovassero con un numero maggiore di disabili iscritti. Ma anche qui il problema è finanziario: per assumere insegnanti infatti si deve attingere al budget. E il premio-risparmio si allontana… «La scuola è diventata un ospedale, sono arrivati anche qui i rimborsi a prestazione» osserva Carlo Hanau, docente di statistica all?università di Bologna e membro dell?Osservatorio sull?handicap del Ministero della Pubblica Istruzione. «Così tutto si monetizza e nessuno pensa alla formazione degli insegnanti. Gli handicap non sono tutti uguali, e un insegnante preparato ad assistere un cieco non è detto sappia affiancare un autistico». Un altro tema caldo, quello della ricollocazione degli insegnanti in esubero nei posti di sostegno. Docenti disoccupati, non qualificati, che sarebbero stati affiancati a ragazzi con gravi problemi dopo aver seguito un mini-corso di poche decine di ore. Ora le cose sono cambiate, per ricollocarsi nel sostegno bisogna seguire un corso annuale di 400 ore. Ma non tutti i problemi sono risolti: il 15 per cento degli insegnanti di sostegno italiani non è specializzato, secondo un?indagine dell?Unione italiana ciechi addirittura il 60% lavora da meno di due anni. La maggioranza comunque non segue corsi di aggiornamento. «In gergo si chiamano ?dattilosauri?» sorride Hanau. «Quelli che l?ultimo corso l?hanno frequentato quando si usavano le macchine per scrivere, i computer non li avevano ancora inventati». Le associazioni dei disabili, ovviamente, non ci stanno. «I ciechi frequentano le scuole dall?inizio del secolo, ma i problemi più grossi li abbiamo adesso» dice il professor Tioli dell?Unione italiana ciechi. «Gli enti locali latitano: una legge (la 67/93) obbliga le provincie a finanziare l?assistenza scolastica domiciliare a ciechi e sordi, cosa che molte non fanno o la sostituiscono con un sussidio in denaro. Un modo per lavarsene le mani». «I professori delegano ai colleghi di sostegno la didattica dei disabili, che spesso stanno fuori dall?aula o, pur restando tra i compagni, seguono programmi diversi» ribatte Paola Gherardini dell?associazione Persone Down. «In entrambi i casi i risultati sono emarginazione ed esclusione». L?impreparazione degli insegnanti ?curricolari? si è tentato di risolverla inserendo nei nuovi diplomi di laurea per maestri alcuni esami sulle problematiche dell?handicap. Ma basterà? «Il problema non è tanto alle elementari o alle medie, quanto alle scuole superiori» risponde Carlo Canetta della Ledha. «Lì bisogna finire il programma, e se il ragazzo con handicap non riesce a seguire, non fa niente. Tanto – dicono – non è mica la scuola dell?obbligo…».


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