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Cemento sulla pace

Undicimila nuove abitazioni in territorio palestinese: è il progetto dell'amministrazione israeliana contenuto in documento sinora segreto e scoperto da una Ong

di Daniele Biella

Quasi undicimila nuove case da costruire nei prossimi mesi. Tutte sul territorio della Cisgiordania: un’espansione di vecchi e nuovi settlements (colonie) israeliani. Questa la verità che emerge da un piano che l’Amministrazione civile israeliana, l’ente che governa de facto i territori occupati, prepara in segreto da almeno un paio di anni. Un piano, però, “scovato” qualche giorno fa da B’Tselem (http://www.btselem.org), un’importante ong israeliana che ne ha richiesto la visione (avvalendosi della legge israeliana del Freedom of information act, per la quale chiunque può richiedere l’accesso a ogni documento emesso dall’Amministrazione). Ottenendola.

Ed ecco materializzarsi un documento rovente, che getta ombre sull’azione governativa (a fine 2008 il capo di stato dimissionario, Ehud Olmert, aveva auspicato pubblicamente lo stop all’espansione) e che sta facendo molto discutere in patria. A tal punto che due importanti editorialisti di Haaretz, giornale progressista d’Israele, hanno scritto a Obama arrivando a chiedergli la “tolleranza zero” contro gli insediamenti. La stessa mano dura che il 2 marzo 2009 durante la conferenza dei Donatori di Gaza, ha invocato addirittura Ban Ki Moon, segretario generale delle Nazioni unite: «Così come vogliamo che i palestinesi affrontino le questioni della sicurezza, è altrettanto necessario che gli israeliani diano attuazione a un congelamento effettivo dell’attività di insediamento nella West Bank (Cisgiordania, ndr): il processo di espansione dei settlements da parte di Israele è illegale e inaccettabile e pregiudica la fiducia nel processo di pace in tutto il mondo arabo».

Interrogato a riguardo, un portavoce dell’Amministrazione civile ha minimizzato: «È un piano teorico, che non significa nessun atto a procedere». Ma per i volontari di B’Tselem e di molte altre associazioni di diritti umani israeliane la situazione è grave. «Soprattutto perché», sottolineano, «se si realizzasse il corridoio di Ma’aleh Adumim, si taglierebbe praticamente in due la Cisgiordania attuale», un disegno geopolitico che, secondo alcuni, sarebbe uno dei principali obiettivi di Israele per indebolire l’attuale “nemico”, l’Autorità palestinese, prima di fargli concessioni riguardo la creazione di uno stato autonomo. Il rischio sarebbe quello di uno Stato palestinese “a metà”, tagliato in due parti uguali da una sottile striscia di case israeliane. In territorio, fino a poco tempo prima, palestinese.

I NUMERI

Ecco i numeri del piano di espansione, approvato dal comitato ambientale dell’Amministrazione e in attesa del via libera del governo di Tel Aviv: «Almeno 5mila nuovi appartamenti da costruire a Gva’ot, avamposto attualmente abitato da solo 12 famiglie, vicino alla colonia di Gush Etzion (situata proprio di fronte alla cittadina palestinese di Betlemme, nella foto); altri 2mila appartamenti a Bat Ayin (120 abitanti attuali), la colonia confinante; 254 unità tra Einav e Mevo Dotan, settlement attualmente a est del Muro di separazione israeliano, quindi in territorio sotto controllo palestinese; infine, 3.500 appartamenti lungo un corridoio che collegherebbe la rete acquifera di Ma’aleh Adumin (la colonia più grande della Cisgiordania) con Gerusalemme». A conti fatti, 10.754 nuove abitazioni.

 

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