Non profit

Nucleare, avanti tutta

Accordo fra Berlusconi e Sarkozy, e si torna a parlare delle centrali in Italia

di Franco Bomprezzi

Il nucleare come scelta energetica forte e decisa: l’accordo su quattro nuove centrali, fra Italia e Francia, con l’asse Berlusconi-Sarkozy, rilancia il dibattito su un tema che ha sempre diviso il Paese tra favorevoli e contrari.

La rassegna stampa oggi si occupa anche di:

“Intesa Italia-Francia: via a quattro centrali nucleari” è il titolo sulla fotonotizia di prima pagina del CORRIERE DELLA SERA dove si vede un Berlusconi sorridente che stringe la mano a Sarkozy mentre il presidente francese gli sussurra qualcosa all’orecchio. I servizi a pag 5 e 6. «Anche l’Italia costruirà le centrali nucleari con l’aiuto della Francia», il premier Silvio Berlusconi ha salutato così l’accordo di cooperazione nel campo dell’energia nucleare firmato ieri a Roma. «L’intesa – ricostruisce il CORRIERE –  prevede la collaborazione fra Enel e il colosso francese Edf, aperta alla partecipazione di altri imprenditori, per la realizzazione di quattro centrali nucleari in Italia a partire dal 2020». Nel Retroscena Stefano Agnoli si domanda: «Da dove ripartirà il nucleare italiano? Qualche nome, tra i manager e gli imprenditori in circolazione alla corte del supervertice Berlusconi-Sarkozy, è già circolato. E seppure a mezza voce con tanti «forse» e parecchi «vedremo», uno sembra godere di qualche favore: Montalto di Castro». «Certo – prosegue l’articolo- bisognerà aspettare che le norme sul riavvio del progetto nucleare nazionale ora in discussione al Senato (e lì impantanate da tempo) divengano legge. E bisognerà anche che vengano riportati al passo coi tempi e con le tecnologie del giorno d’oggi i criteri per rinnovare la patente di «sito nucleare» alle località papabili. Poi peserà l’atteggiamento della regione Toscana, e magari persino quello della lobby della vicina Capalbio, spiaggia della sinistra». Nell’infografica d’appoggio il CORRIERE ricorda come fino al 1987, anno del referendum che bocciò il nucleare, erano entrate in funzione quattro centrali atomiche (Trino, Caorso, Latina e Carigliano) e una, Montalto di Castro, appunto, era in costruzione.

“Berlusconi: torniamo al nucleare” è l’apertura di LA REPUBBLICA riferendo del vertice bilaterale Roma-Parigi svoltosi ieri nella capitale. Tre pagine, inaugurate dalla cronaca di Luca Iezzi: il passo più concreto è la «collaborazione illimitata» come l’ha definita Sarkozy sull’energia atomica, anche se si è parlato di molti temi (politica estera, infrastrutture, difesa). Secondo Berlusconi, «Questa Ue sta procedendo con politiche dell’altro secolo, è necessario cambiare le regole, perché oggi le imprese stanno avendo più difficoltà che agevolazioni». Sull’atomo, un comitato bilaterale dei due ministeri dello sviluppo economico (ma Enel e Edf hanno siglato un protocollo che prevede la costruzione di 4 centrali sul suolo italiano, la prima attiva non oltre il 2020). Plausi dal mondo imprenditoriale (John Elkann in testa). Critiche dalle associazioni ambientaliste e dai Verdi (che già parlano di referendum). Antonio Cianciullo va a caccia di opinioni: “Costi e sicurezza, è già polemica”. Raccoglie cioè il parere di alcuni esperti. Favorevoli Luciano Maiani (presidente Cnr), Chicco Testa (ex presidente Enel: va bene il nucleare ma i siti restano un problema), Alessandro Clerici del World Energy Council (nucleare sì ma rispettando regole precise e trasparenti). Contrari: Angelo Baracca, docente di fisica (perché aspettare il 2020? Meglio 3500 megawatt di eolico in un anno, che è l’equivalente di due grandi centrali), Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace (anche raddoppiando il numero attuale dei reattori, le emissioni si ridurrebbero meno del 5%), Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club (imbarcarci nel nucleare è fare un regalo ai francesi, con ricadute limitate per le nostre industrie e un aggravio delle bollette). Ovviamente favorevole il ministro dello sviluppo economico: “Scajola: «È una scelta obbligata per non restare a secco di energia»”. Quanto alle modalità, spiega Scajola, «abbiamo previsto che sia il governo a definire il regime autorizzatorio e i criteri per la localizzazione delle centrali, con decreti legislativi da adottarsi entro sei mesi dall’approvazione della legge “Sviluppo”, l’istituzione dell’Agenzia di sicurezza nucleare e la deliberazione del Cipe. L’Agenzia dovrebbe diventare operativa nel 2010». Antonello Caporale intervista invece Massimo Scalia, ambientalista e fisico e promotore del referendum del 1987: “Quelle particelle ci fregheranno ancora”. Secondo Scalia non sono stati fatti veri passi avanti in tema di sicurezza nucleare, il processo fisico è sempre lo stesso, mentre chi ha tentato strade nuove (Rubbia) non è stato finanziato. L’analisi è di Maurizio Ricci, “Radiografia del business atomico”: parte in prima e prosegue a pagina 31. Descrive le ragioni economiche, le convenienze del costruire e i dubbi sul risparmio, che non è del tutto certo.

IL GIORNALE apre con questo titolo “Ritorna il nucleare. Ecco come sarà”. La sintesi : “Firmato un accordo con la Francia per realizzare quattro centrali in Italia. Sicuri e puliti, i nuovi reattori producono il 20% di scorie in meno. Da Chioggia a Oristano, già individuati nove possibili siti” . Alle pagine 2 e 3 “La rivincita del nucleare” è spiegata da Tullio Regge: «Sino ad oggi siamo stati troppo poco autonomi. L’Italia ha bisogno di energia e di diversificare le fonti. Non detesto il solare: le fonti alternative servono, ma solo per scopi locali. Diversificare è una norma di prudenza e saggezza». Sulle scorie e i relativi problemi di smaltimento il fisico risponde che la tecnologia, vetrificazione e depositi di salgemma, ha risolto la questione, come dimostrano i casi francesi. E sempre sulle scorie apre il pezzo di Nino Materi “Finito l’incubo di Chernobyl. Ecco perchè i reattori saranno puliti e sicuri. Gli impianti di terza generazione producono il 20% di scorie in meno e il 25% di energia in più”. La Francia è il modello a cui si riferisce IL GIORNALE e cita il caso di “Parigi che premia con sgravi fiscali e fondi i comuni che accolgono un reattore”. Una cartina geografica indica le nove località in cui dovrebbero sorgere le centrali.

“Asse tra Roma e Parigi, l’Italia torna al nucleare”: questo il titolo in prima pagina (ma in taglio piuttosto basso) del SOLE24ORE, secondo cui con la giornata di ieri «i rapporti bilaterali tra Italia e Francia hanno compiuto un salto di qualità storico». Piena sintonia su una lunga serie di dossier internazionali, quindi non solo sul nucleare, ma anche sugli aiuti al settore auto, il ruolo dell’Europa nello scacchiere internazionale, lotta al riscaldamento climatico, tenuta del sistema bancario. Quanto al nucleare in senso stretto, l’obiettivo del governo italiano secondo il SOLE è arrivare a coprire con le centrali il 25% del fabbisogno energetico nazionale entro il 2030.

Per ITALIA OGGI l’intesa tra Sarkozy e Berlusconi  è frutto di un  paradosso che è riassunto dalla parole di Antoine Bernheim, presidente delle Generali; rivolte ai due leader: «Guidate due governi di centro destra e siete gli unici a fare in Europa politiche di sinistra».Probabilmente costretti dalla crisi  e dalla situazione internazionale, ma i governi di centro destra stanno facendo quelle politiche economiche che i governi di centro sinistra in Europa e soprattutto in Italia non sono state in grado di realizzare né di proporre.  «Ne dovrebbe tener conto il Pd» sostiene l’editoriale di Franco Bechis, «che per mesi ha rincorso temi che nulla hanno a che fare con le esigenze del loro elettorato: la giustizia a rimorchio di Di Pietro, la sicurezza a rimorchio della Lega, la difesa della costituzione a rimorchio di Oscar Luigi Scalfaro e ora la bioetica e il tema del fine vita a rimorchio di Beppino Englaro e dei radicali. Alla povertà, allo sviluppo sostenibile, agli ammortizzatori sociali,  ci pensano invece Tremonti e Berlusconi».

IL MANIFESTO dedica l’apertura del giornale alla questione nucleare con il titolo “La scoria siamo noi” sopra la foto di Berlusconi e Sarkozy: «Berlusconi sigla con la Francia un accordo per la costruzione di quattro centrali nucleari in Italia. Una scelta al buio e fuori dal tempo, oltre che dalla legge del nostro paese». L’editoriale di Guglielmo Ragozzino si intitola “L’atomo di Pantalone”: «Toglieremo dai guai la società francese del nucleare, Areva, che ha difficoltà a piazzare i suoi reattori. Nessuno al mondo li compra. (…) I francesi dell’Edf controllano in Italia la vecchia Edison, destinata, nel modello liberista, a svolgere il ruolo di concorrente di Enel. In nome dell’Europa, Edf ha avuto libertà di movimento. Ma in nome del grande capitale ha fatto un accordo con Enel (…) Nei dieci o quindici anni necessari a produrre il primo chilowatt, Edf, proprietaria delle centrali nucleari francesi, venderà a tutti i distributori italiani l’energia elettrica in eccesso che le è tecnicamente impossibile  immagazzinare. (…) La gestione delle scorie è il motivo addotto da Obama per chiudere di nuovo ogni finanziamento governativo ai programmi di nuove centrali nucleari in Usa. Qui in Italia rimane un mistero. Come altri misteri sono i siti per le centrali, i modelli stessi del nucleare all’italiana, tenuto conto che quello auspicato ancora non esiste, e soprattutto il nome di  quel generoso mecenate che pagherà per gli studi e le prime esperienze del futuro atomo. Ma – volete scommettere? – il suo nome è Pantalone».

AVVENIRE apre con “Ritorno al nucleare. Intesa Roma-Parigi”. Fatta salva la cronaca del patto di collaborazione con la Francia (pag. 5), il quotidiano di Boffo sottolinea come il cambio di rotta sposti la sfida energetica sui territori: non più una politica nazionale tout court, ma la necessità di un dialogo e soprattutto della capacità di ascolto delle comunità che con le quattro centrali vivranno porta a porta. Sulla capacità del governo di interagire a livello locale si gioca la partita. Su questo punto insistono sia l’editoriale in seconda pagina di Antonio Giorgi (“Il confronto con la cittadinanza, vero discrimine per il nucleare”) sia l’intervista a pag. 5 ad Arturo Lorenzoni, professore di Economia dell’energia all’Università di Padova e ricercatore allo Iefe Bocconi (“Ma ora la sfida si sposterà sui territori”).

“Italia, quattro centrali nucleari”. LA STAMPA di oggi, accanto alla cronaca dell’intesa Francia-Italia sulle centrali nucleari, approfondisce la questione dei siti dove le centrali (bestioni da 1600MW ognuno) dovrebbero essere costruite. Come spiega Francesco Mezzanotte, del dipartimento nucleare dell’Ispra «servono zone poco sismiche o molto stabili, vicino a grandi fonti d’acqua, senza pericolo di inondazioni, possibilmente lontani da luoghi densamente popolati». Il cronista de LA STAMPA fa notare che posti del genere in Italia non ce ne sono molti: la pianura padana, ovvero Caorso, in provincia di Piacenza, e Trino Vercellese (Vercelli), poi c’è Montalto di Castro (Viterbo), la Sardegna, la Sicilia sulla parte di costa rivolta verso l’Africa (la regione peraltro si è candidata a ospitare le centrali), la Basilicata e alcune aree della Puglia. Si è candidato anche il Veneto, proponendo il sito di Porto Tolle (Rovigo), ma c’è l’handicap della zona paludosa. Intanto Trino, nel vercellese – che ha convissuto per vent’anni, dal ‘64 all’87, con il nucleare – insorge. Contrario anche il presidente della Provincia, di An, Renzo Masoero: «Di principio non sono affatto contrario a un ripensamento sul nucleare, ma qui da noi assolutamente no. Noi abbiamo già dato e stiamo già dando, e non poco, da oltre quarant’anni. A villa Madama hanno raggiunto l’accordo per quattro impianti nucleari da costruire in Italia? Ebbene i vertici del governo diano l’esempio, ne commissionino uno in Brianza».

 

E inoltre sui giornali di oggi:

 

DISABILI

AVVENIRE – Piccolo boxino dedicato all’approvazione definitiva della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. «Una giornata storica», ha commentato Pietro Barbieri, il presidente della Fish, sottolineando come la ratifica «sancisce l’avvio di un necessario cambio di approccio alla disabilità, grazie al riconoscimento effettivo di uno strumento concreto contro le discriminazioni».

 

TESTAMENTO BIOLOGICO

CORRIERE DELLA SERA – Scoppia la bagarre nel pd sulla proposta di testamento biologico presentata ieri da Rutelli. In mattinata il leader centrista attacca l’Unità: «Sono incavolato nero, basta denigrazioni, basta falsificazioni. È inaccettabile e falso che io voglia dividere il Pd o sia eterodiretto dalla Chiesa. Questa cosa deve finire». Poi la capogruppo Dorina Bianchi in commissione Sanità non firma l’emendamento del partito. Mentre Franceschini si affanna a difendere la pari dignità delle diverse opinioni politiche, lodato da Rosy Bindi e Pieluigi Bersani. Intanto il rutelliano Zanda liquida con un «non mi pare un gran passo avanti», la proposta dell’ex leader della Margherita. Nelle stesse ora, a complicare il quadro, l’x ministro Pdl Beppe Pisanu annuncia che non voterà la legge sul testamento biologico proposta dalla maggioranza e Fini invoca la «libertà di coscienza».

LA REPUBBLICA – Due pagine per riferire delle divisioni interne al Pd. Con Rutelli che presenta emendamenti e rivendica pari dignità. E’ arrabbiato l’ex ministro della cultura per l’atteggiamento bulgaro che trova dentro il partito. Anche in casa Pdl il travaglio è all’opera. Pisanu non voterà la legge. Anna Finocchiaro minimizza sul dissenso e sottolinea: la legge Calabrò non va bene perché stabilisce il primato dello Stato sulla persona.

SOLE24ORE – Spazio in prima pagina alla decisione di Beppe Pisanu (Pdl) di non votare la legge sul testamento biologico, e il SOLE sottolinea giustamente che il tema spacca coscienze e schieramenti. Secondo lui non dovrebbe esserci alcuna legge ma le decisioni su fine vita dovrebbero spettare al singolo, caso per caso. Intanto si discute dell’emendamento Rutelli, cercando una difficile intesa.

IL MANIFESTO – A pag. 6-7 sottolinea la difficile prova del neosegretario (“La linea sottile di Franceschini”) e la protesta di Rutelli contro Manifesto e Unità: «Hanno strumentalizzato le mie posizioni, non sono eteroguidato». Rutelli risponde alle domande di Daniela Preziosi, più sul versante degli scenari politici che sul merito dell’emendamento:  «La legge deve fissare dei principi, e per me è importante che tra questi non ci sia il diritto all’eutanasia, né esplicito né mascherato. (…) Voi siete stati tra i pochi a riferire, e ve ne do atto, che la mia posizione è per lasciare al medico l’ultima parola. È ben diverso da quello che mi è stato dipinto addosso: imporre sondini e tubi, torture per legge alle persone in fini di vita».

AVVENIRE – Dario Franceschini riconosce piena legittimità alle posizioni di Rutelli e alla sua «terza via»: «Vi inviterei a smetterla di leggere, ad ogni dichiarazione su un tema così delicato, in cui uno risponde alla propria coscienza, chissà quale manovra politica». Tuttavia sottolinea che esiste una posizione «largamente prevalente» nel Pd. E non è quella dell’ex sindaco di Roma. A sfilarsi dalla linea del partito, insieme a Rutelli, il senatore Claudio Gustavino e la capogruppo Dorina Bianchi, che sottolinea: «Quello che ha detto il segretario è chiaro: tutte le posizioni vanno rispettate». Affermazione ribadita con forza dallo stesso Rutelli infuriato per le pesanti critiche arrivate al presidente del Copasir da alcuni quotidiani di sinistra: «Non c’è una posizione ufficiale del Pd. Non ci sono posizioni bulgare. Quello che faccio io è di non far finta di non avere delle idee». Apprezzamento per il tentativo di mediazione rutelliano arrivano da Pier Ferdinando Casini e da Eugenia Roccella, che pur non condividendone il contenuto, riconosce lo sforzo e l’apertura al dialogo.

IL GIORNALE – Intervento di Paolo Becchi su “Come risolvere il nodo del testamento biologico”. Secondo Becchi «Il testo in discussione è rigido. Ma a una tale rigidità si contrappone quella della maggioranza dell’opposizione che invece è per il libero arbitrio». Becchi propone: «Una commissione etica indipendente potrebbe essere chiamata al letto del paziente per valutarne le condizioni e quindi accertare se la prosecuzione del trattamento non possa essere considerata come qualcosa di sproporzionato. Certo questa proposta complica le cose, ma la soluzione di un divieto assoluto è una soluzione troppo semplice per un problema complesso».

 

ROMENI

IL GIORNALE – Comincia in prima pagina il commento di Salvatore Scarpino “Chi gioca con i numeri delle violenze sessuali” e scrive a pag. 17 «I romeni presenti in Italia sono poco meno di un milione, l’1,5% della popolazione. Perchè questa minoranza esprime una propensione così alta (7,8%) a un certo tipo di reati? Lo stesso discorso vale per i marocchini. Ma non è razzismo: a sud e a est dell’Italia ci sono paesi in cui il rispetto per la donna è più basso rispetto a quello italiano. ma a dispetto delle cifre le autorità romene continuano a riversare sull’Italia accuse di xenofobia e precisano che il 40% dei ricercati romeni colpiti da mandato di cattura internazionale si trova presumibilmente in Italia. Il Governo ha chiesto alle autorità romene di segnalare alle autorità italiane chi, con precedenti penali, si appresta a emigrare in Italia, ma il governo di Bucarest ha risposto di non volere ostacolare la libera circolazione dei suoi connazionali». Scarpino continua: «Alla fine dell’800 in Sicilia si rilasciavano certificati penali vergini a indicibili pezzi di malacarne. Quando il poliziotto Petrosino scoprì il giochetto fu ucciso a Palermo in un agguato. L’impressione è che le autorità romene facciano lo stesso gioco di quelle siciliane di tanto tempo fa».

 

USURA

IL GIORNALE – A pagina 52 il report della consulta nazionale delle fondazioni anti-usura. Si parla di business delle famiglie in difficoltà che rischiano di finire nel credito irregolare e infine nella usura. Dati: un milione e 200mila le famiglie indebitate in Lombardia, un milione le famiglie con bilancio deficitario, 75 mila a rischio usura, gli assistiti dalla fondazioni anti-usura erano 66 nel 2005 sono 273 nel 2008.

AVVENIRE –  “Settantamila famiglie a rischio usura”. Secondo i dati forniti ieri dalla Fondazione San Bernardino, durante il convegno sulle finanziarie: «Facilità di accesso al credito e indebitamento delle famiglie», una famiglia su tre ha contratto una qualunque forma di debito. Non sempre con istituti bancari o società finanziarie. «In Lombardia è di 6.500 euro la cifra media di debito verso i conoscenti». Per parte sua, la Fondazione ha registrato un 30% in più di richieste d’aiuto per sfuggire al cappio dell’usura (740 casi disperati, oltre 600 milanesi). Gli istituti di recupero crediti usano metodi al limite del lecito. Serve una nuova legge che regoli i tassi d’interesse. Questa la conclusione di Maurizio Fiasco, esperto della Consulta nazionale delle Fondazioni antiusura.

 

CHIESA

LA STAMPA – Intervista ad Hans Kung, teologo tedesco “liberal”, sulle ultime scelte di Papa Benedetto XVI: «La revoca delle scomuniche (ai seguaci di Lefebvre) non è stato un errore di comunicazione o di tattica, ma un errore del governo del Vaticano. Anche se il Papa non era a conoscenza dei discorsi negazionisti di monsignor Williamson e lui non è personalmente antisemita, tutti sanno che quei quattro vescovi lo sono. Un papa tedesco avrebbe dovuto considerare centrale questo punto». Kung spiega l’evoluzione delle posizioni di Joseph Ratzinger: la sua idea di fondo è che il «Concilio vada accolto ma anche interpretato, forse non al modo dei lefebvriani, ma in ogni caso nel rispetto della tradizione e in modo restrittivo». Il rischio è la settarizzazione: «pochi fedeli e una Chiesa elitaria, formata da “veri” cattolici. Ma è un’illusione continuare così, senza preti né vocazioni». Servirebbero riforme coraggiose, secondo Kung, ma difficilmente sarà questo Papa a farle.

 

LAVORO

AVVENIRE – “Infermieri. Oro bianco”. Il flusso dei neolaureati provenienti dalle 40 università italiane con corsi a numero chiuso è insufficiente a soddisfare il fabbisogno degli ospedali e della case di cura. Secondo la Federazione di categoria, nelle strutture sanitarie, soprattutto del Centro-Nord, mancano circa 60mila professionisti: un buco che nemmeno il reclutamento di stranieri sembra riuscire a colmare.

 

SANREMO

LA STAMPA – “Il festival dei super ascolti chiude in rosso” titola oggi il quotidiano di Torino. Alla fine, fatti i conti, si è scoperto che è salito lo share ma sono calati i ricavi, per la Rai il passivo è di 4,5 milioni. La Rai ha investito per il festival 20 milioni di euro (di cui 9 per convenzione finiscono nel bilancio del comune di Sanremo), 15,5 sono stati coperti dalla pubblicità e 4,5 sono rimasti scoperti. Lo scorso anno il Sanremo di Pippo Baudo incassò 3 milioni in più anche se è vero, ammette LA STAMPA, che il 30% fu restituito agli inserzionisti attraverso nuovi spazi per via degli ascolti non soddisfacenti. A Viale Mazzini, commenta LA STAMPA, si dicono tutti soddisfatti, «ma non è vero, come più volte sottolineato dai dirigenti Rai durante il Festival, che Sanremo 2009 si è pagato da solo».

 

GUARDIE FORESTALI

IL GIORNALE – “Ora ci spiano pure le guardie forestali: invece dei lupi, intercettavano i politici” è il titolo che sintetizza la vicenda. In Friuli è bufera sul Noava, nucleo speciale che dal 2002 si occupa dei reati ambientali. Il sospetto è che abbia captato gli sms degli amministratori. Avviata un’inchiesta interna e in arrivo gli ispettori. Un’infografica ricorda gli storici orecchi, dai centralinisti dell’asst e sip al caso Genchi.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.