Non profit

La Venture Philanthropy

Il modello di venture capital applicato all'economia delle organizzazioni non profit

di Staff

Da qualche anno, sulla scorta delle esperienze anglosassoni, anche in Italia il corporate giving comincia a non rappresentare un modello soddisfacente per le imprese che vorrebbero collocare le proprie azioni filantropiche in una strategia di investimento di lungo termine in grado di conseguire risultati effettivi. Nel contempo lo sviluppo del settore non profit e delle organizzazioni che lo compongono mira sempre di più a conseguire un’indipendenza economica ed un livello di professionalizzazione anche sui temi finanziari in grado di garantire la sostenibilità del proprio operare. In questo contesto ben si inserisce la definizione di Venture Philanthropy di Mario Morini, pioniere del settore che presiede in Virgina il Morino Institute.

“What is needed is not new solutions to social problems but new ways to find and support successful nonprofits so they can grow and build on their success.”

Mario Morino

Secondo le parole di Francesco Perrini, docente dell’Università Bocconi di Milano e autore del libro “Social Entrepreneurship” (Egea 2007), mentre “ai nuovi imprenditori sociali è lasciato il compito di trovare soluzioni a problemi sociali complessi attraverso la costituzione di social entrepreneurial venture (SEV), le organizzazioni attive nell’ambito della Venture Philanthropy (i venture philanthropist) si pongono un obiettivo differente, ma al contempo complementare: ricercare modalità di supporto a quelle stesse soluzioni imprenditoriali in modo da assicurarne la fattibilità, l’efficacia, la replicabilità e la sostenibilità nel lungo periodo”.

La Venture Philanthropy è una forma di venture capital, ed è infatti definita anche come social venture capital, che comporta attività di investimento di capitale di rischio e di fornitura di competenze manageriali in iniziative imprenditoriali che presuppongono soluzioni innovative a problemi sociali ed ambientali. Questi investimenti nelle intenzioni dovrebbero produrre risultati attraenti per gli investitori e soluzioni basate su modelli economici di mercato per i temi sociali ed ambientali.

I cinque elementi chiave tratti dall’esperienza dell’economia di mercato sono:

  • Gestione delle partnership,
  • Business plan per investimenti di lungo termine (3-6 anni),
  • Processo di accountability dei risultati conseguiti,
  • Reperimento di risorse e competenze,
  • na strategia di uscita.


Sul sito internet di EVPA, l’Associazione Europea per la Venture Philanthropy, è possibile leggere le caratteristiche ritenute peculiari di tutte le varie forme di VP:

  • La partnership attiva, o il coinvolgimento, dei donatori, dei volontari e dei professionisti nelle attività destinatarie dell’investimento filantropico per il raggiungimento di obiettivi condivisi come l’efficienza organizzativa, la capacity building o altri importanti cambiamenti;
  • L’uso di una grande varietà di strumenti finanziari in aggiunta alle donazioni, come finanziamenti pluriennali, prestiti o altri;
  • La capacità e possibilità di fornire professionalità e competenze con l’obiettivo di aggiungere valore nello sviluppo delle organizzazioni coinvolte nel sociale;
  • Il desiderio di mettere in condizione i donatori di cogliere il massimo profitto dall’investimento effettuato in termini monetari così come di tempo o di competenze.

Nel report “Assessing Venture Philanthropy”, scritto da tre dottorandi dell’Harvard Business School nel corso di social entrepreneurship, Christopher Capers, Michael Collins e Shahna Gooneratne, troviamo alcune delle motivazioni alla base dello sviluppo nell’ultimo decennio di esperienze di Venture Philanthropy.

“Sebbene oggi la VP continua a rappresentare una piccola percentuale di tutte le donazioni d’impresa, sta però diventando un trend significativo. Ci sono tre ragioni per le quali la VP ha il potenziale di cambiare il mondo non profit oggi:
•    C’è una generazione di giovani self-made-man che non apprezza la filantropia tradizionale,
•    I canali istituzionali di reperimento delle risorse stanno evaporando,
•    Vi è un settore ibrido emergente composto da organizzazioni “for-profit non-profit” che generano/accumulano risorse perseguendo una mission sociale.”

A tali motivazioni si affianca una ben nota critica alla modalità di finanziamento tipica delle fondazioni tradizionali, che in Italia caratterizza buona parte delle erogazioni:

  • I sostenitori della VP dicono che la maggior parte delle fondazioni tradizionali sono eccessivamente legate a logiche di programma e progetto e non sanno interpretare le necessità di lungo periodo dei loro beneficiari.
  • Le fondazioni non supportano in modo adeguato le organizzazioni non profit nel reclutamento e nella formazione di staff qualificato, nel miglioramento delle tecnologie e dei sistemi di accountability, nello sviluppo di strumenti sofisticati per la rilevazione dei risultati ottenuti con i propri programmi sociali.
  • Inoltre molte organizzazioni non profit che basano la propria operatività sui fondi ricevuti dalle fondazioni, persino organizzazioni con ottimi leader, una missione lodevole e un buon potenziale, sono spesso cronicamente sotto-capitalizzate e lottano per la sopravvivenza.
  • Infine la critica è rivolta alla logica di breve periodo che danneggia le organizzazioni non profit e inficia la possibilità di conseguire risultati sociali di impatto.


In questo contesto nasce nel 2003 la Fondazione Dynamo  che rappresenta un vero e proprio caso di VP in quanto il perseguimento della missione viene effettuato tramite il finanziamento e il supporto tecnico e manageriale a iniziative che portino alla promozione ed alla nascita di nuove imprese sociali in grado di operare secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità.


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