Famiglia

Cassazione: figli a tate e nonni? Coniuge perde l’affido

Il coniuge che, dopo la separazione, 'parcheggia' troppo i figli da nonne e da baby sitter rischia di perdere l'affidamento della prole. Così la Cassazione (sentenza 648)

di Redazione

Il coniuge che, dopo la separazione, ‘parcheggia’ troppo i figli da nonne e da baby sitter rischia di perdere l’affidamento della prole. A consigliare ai genitori di rimanere con i propri bambini il maggior tempo possibile, al di là degli impegni di lavoro, è la Cassazione (sentenza 648) che ha respinto il ricorso di un papà di Trani, Fausto D., cui i giudici, dopo la separazione dalla moglie, avevano prima affidato e poi tolto i figli minori, Alessandro ed Edoardo. Il motivo? L’uomo, un professionista impegnato molte ore al giorno con la sua attivita’, era abituato a lasciare spesso i bimbi alle nonne e alla tata, venendo meno al ruolo proprio del genitore di ”accudire ogni giorno i figli”, facendo sentire loro la ”presenza quotidiana”. ”Circostanza”, questa, che i giudici di piazza Cavour hanno considerato decisiva ai fini dell’affido dei bimbi alla ex moglie. Fausto D. e Maddalena D. E. , dopo un matrimonio durato tredici anni (si erano sposati il 20 dicembre dell’87) dal quale erano nati Alessandro, nel ’91, ed Edoardo, due anni dopo, avevano ottenuto il divorzio l’11 settembre del 2000. Il Tribunale di Trani, in primo grado, affidava i figli al padre al quale assegnava anche la casa coniugale. Nessun contributo per il mantenimento della ex moglie che conservava il diritto di visita dei suoi bambini. E’ in secondo grado che le cose si ribaltano perche’ la Corte d’appello di Bari, il 16 novembre del 2001, affida Alessandro ed Edoardo alla madre Maddalena, consentendo al padre di vederli per tre ore ogni giorno e di tenerli con se’ negli week end, a settimane alterne, e durante una meta’ dei periodi estivi e della vacanza scolastica. I giudici di merito impongono inoltre al marito di versare mille euro al mese per il mantenimento dei bimbi in eta’ scolare. Anche se per entrambi i genitori ”vi era una sostanziale idoneita’ a svolgere correttamente il ruolo dei genitori”, i giudici evidenziano che ”il padre aveva avuto un ruolo meno incisivo, delegando a terzi (nonna, baby sitter) molte funzioni che bambini di quella eta’ attendono solitamente dalla madre”. Il padre ha cercato di riavere i figli, ricorrendo in Cassazione e sostenendo che sarebbe stato traumatico per i bambini perdere gli affetti e l’ambiente domestico nel quale erano cresciuti. I giudici di piazza Cavour hanno respinto il ricorso di Fausto D., sottolineando come la corte di merito ”reputo’ che la madre era maggiormente indicata per svolgere il ruolo di affidataria dei figli”. La donna, infatti, ”superando alcune apparenti controindicazioni – scrive piazza Cavour- aveva maturato nel tempo l’intenzione di riappropriarsi pienamente del ruolo materno, al quale peraltro non aveva mai abdicato avendo personalmente assunto e svolto i compiti genitoriali, anche quelli tipicamente riservati all’affidatario, con prevalenza rispetto al marito che per impossibilita’ o altro motivo, li avrebbe solitamente delegati a terzi”. I giudici della Cassazione, nel ricordare quale deve essere per un giudice il criterio di selezione del genitore affidatario, affermano che la scelta deve ricadere su ”quello dei genitori che sembri piu’ idoneo ad assicurare al figlio le migliori condizioni di crescita concretamente possibili, identificando in concreto quale dei genitori appaia il piu’ idoneo allo svolgimento del ruolo di affidatario”. Cio’ che importa, infatti, dice chiaramente piazza Cavour, non e’ l”’interesse” del genitore quanto quello dei figli. Senza dimenticare i ”numerosi” e ”complessi compiti” che un genitore deve dimostrarsi ”capace di assumere”. ”L’organizzazione della giornata del figlio – elencano i supremi giudici- la cura della persona, lo svolgimento dei compiti scolastici, la soluzione dei problemi di carattere sanitario, l’abilitazione ai rapporti interpersonali, l’esercizio di attivita’ sportive, il buon uso del tempo libero”. ”La ragione fondamentale per cui la corte barese affida i due minorenni alla madre – spiega ancora la Prima sezione civile della Cassazione- consiste nel fatto che ella, anche dopo la separazione, ha svolto effettivamente, nei limiti di tempo che le erano concessi dal regime di ‘visita’, il ruolo materno, tenendo con se’ i figli ogni giorno, accudendoli e curandone i rapporti con l’ambiente esterno”. Una serie di premure che anche secondo i supremi giudici il padre non ha avuto. ”Il genitore affidatario – scrivono infatti – per necessita’ o per qualsiasi altro motivo, ha avuto un ruolo meno incisivo, delegando a nonne e baby sitter molte funzioni che bambini di quella eta’ attendono solitamente dalla madre”. Di fronte ad un comportamento di questo tipo, afferma la Cassazione, ”e’ inesatto affermare che il giudice abbia affidato i bambini alla madre perche’ costei aveva avuto un tardivo soprassalto d’istinto materno, senza badare al trauma derivante dal cambiamento d’abitazione e di stile di vita”. ”E’ invece conforme al vero – controbatte l’Alta Corte- che la sentenza impugnata dispone l’affidamento perche’ lo considera piu’ conforme all’interesse dei bambini, nonostante le obiezioni sollevate sul conto della donna, superate dalla corte, e nonostante il possibile trauma per il cambiamento di abitazione, superabile dai bambini perche’ accettato, in virtu’ della desiderata convivenza con la madre”.


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