Non profit

Il dottor Azzeccagarbugli si è trasferito a Bruxelles

di Redazione

Io non reggo più l’Europa e la sua burocrazia. Mi soffermo solo sulle due ultime gocce che hanno fatto traboccare il mio vaso di pazienza.
Finisce con una condanna all’Italia la vicenda dell’abbattimento dell’ecomostro di Punta Perotti a Bari. I giudici di Strasburgo hanno deciso che la confisca dei terreni su cui era edificata la costruzione è avvenuta in violazione sia del diritto alla protezione della proprietà privata, sia dell’articolo 7 della Convenzione dei diritti dell’uomo che stabilisce l’impossibilità di applicare una pena se questa non è prevista dalla legge. Dicono i parrucconi europei che hanno depositato la sentenza che all’epoca in cui si sono svolti i fatti «le leggi in materia di confisca in Italia non erano chiare e quindi non permettevano di prevedere l’eventuale sanzione». Strasburgo ha riconosciuto alle tre società ricorrenti un indennizzo di 40mila euro ciascuna: 30mila per le spese processuali e 10mila per i danni morali. La Corte si riserva invece di decidere in merito all’indennizzo più consistente, ovvero quello che riguarda il danno materiale per il quale le ricorrenti avevano chiesto alcune centinaia di milioni di euro. Sul punto i giudici di Strasburgo hanno invitato il governo italiano a trovare un accordo con le società interessate e a comunicare entro sei mesi l’intesa trovata. Il mio commento: dottor Azzeccagarbugli, ti sei trasferito a Bruxelles?
Leggo poi che la Commissione europea ha messo in mora l’Italia perché prevede l’esonero obbligatorio del lavoro notturno per le donne con bambini piccoli. Per l’UE si tratta di una norma discriminatoria verso le altre donne. La lettera del 29 gennaio è firmata dal commissario per l’Occupazione, Vladimir Spidla. Il nostro governo ha due mesi per rispondere agli addebiti prima che parta la procedura di infrazione. La legge italiana in questione è il testo unico 151 del 2001 che all’articolo 53 dice: «È vietato adibire al lavoro notturno (dalle 24 alle 6) le donne fino al compimento di un anno d’età dei figli».
La legge comunitaria prevede che ciò sia possibile solo quando il lavoro vada a detrimento della salute della madre e ciò deve essere comprovato. Il mio commento: certo e della salute dei bimbi che gliene importa?

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.