Welfare

misure anti povertà? lo straniero non è ammesso

I provvedimenti conto la crisi escludono gli immigrati dai benefici

di Francesco Dente

Persino il rimborso dei pannolini è limitato ai soli italiani. «Sono norme palesemente discriminatorie», denuncia l’Asgi. Ma la lista delle discriminazioni è lunga: a partire da affitti e social card Prima la social card, l’assegno sociale, il piano casa e il sostegno alla locazione. Ora le misure in favore dei neonati. Provvedimenti anti povertà con una caratteristica comune: valgono per tutti, eccetto che per gli immigrati.
L’ultima novità prevede infatti che solo i residenti di cittadinanza italiana possano beneficiare del rimborso per l’acquisto di latte artificiale e pannolini. Si allunga, dunque, con il varo definitivo del decreto anti crisi, l’elenco delle prestazioni di assistenza sociale che discriminano i cittadini stranieri. Prestazioni negate in modo diretto, riconoscendo cioè i benefici soltanto agli italiani, oppure in via indiretta, fissando ad esempio requisiti che penalizzano la condizione giuridica dello straniero. La denuncia è dell’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che punta il dito contro le disposizioni della manovra d’estate (legge 133/2008) e del decreto anti crisi (legge 2/2009) che presentano «profili discriminatori suscettibili di porsi in contrasto con le norme del diritto anti discriminatorio italiano ed europeo».

Rimborso pannolini e latte. Il decreto anti crisi stanzia due milioni di euro per la misura. Il sostegno, però, è riconosciuto solo ai beneficiari della social card che, a sua volta, è riservata unicamente ai residenti di cittadinanza italiana. «È una norma palesemente incostituzionale perché pone un requisito di accesso, fondato sulla nazionalità, che appare contraddittorio e illogico rispetto alla finalità della norma, cioè la tutela dell’infanzia», afferma Walter Citti, dell’Asgi.
L’infanzia è un valore universale che è garantito anche dalla Convenzione del fanciullo ratificata dall’Italia, ragiona Citti. «La Corte costituzionale, con la sentenza 432 del 2005 che riguardava la scelta della Lombardia di garantire sconti per l’abbonamento ai mezzi di trasporto solo agli invalidi italiani, ha già stabilito che la nazionalità non costituisce un legame di ragionevolezza fra requisiti e finalità del provvedimento». Il rimborso per i neonati, inoltre, conterrebbe dei profili in contrasto con le norme europee che prevedono il principio della parità di trattamento in materia di prestazioni assistenziali per i cittadini comunitari e loro familiari, per gli stranieri non appartenenti all’Ue rifugiati o che siano titolari di protezione sussidiaria e, infine, per gli extracomunitari che abbiano il permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti (l’ex carta di soggiorno).

Social card. La “carta acquisti” introdotta da Tremonti, assegnata solo agli italiani, opera una discriminazione diretta. La riserva di cittadinanza, per l’Asgi, è illegittima sul piano costituzionale in quanto contrasta con il principio di parità di trattamento tra lavoratori migranti e nazionali in materia di assistenza sociale (Convenzione Oil n. 143/1975) nonché con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Corte europea dei diritti dell’uomo, con riferimento alla Convenzione, ha stabilito infatti che le prestazioni sociali, anche a carattere non contributivo, costituiscono beni patrimoniali per la cui erogazione non sono ammesse discriminazioni su base di appartenenza nazionale. La social card, come già ricordato per il rimborso pannolini, appare inconciliabile con la normativa europea sui diritti garantiti dalla carta di soggiorno.

Assegno sociale. Dal 1° gennaio 2009, il contributo è corrisposto solo a chi, oltre ai requisiti di bisogno e di età, ha la residenza continuativa in Italia per almeno dieci anni. Sebbene la norma si applichi anche agli italiani, per l’Asgi produce ugualmente una discriminazione “dissimulata” in quanto il requisito dell’anzianità è più facilmente soddisfatto dai cittadini piuttosto che dai lavoratori comunitari migranti. Una tesi accolta dalla Corte di giustizia ma non dalla Corte costituzionale italiana che, invece, non ha ritenuto irragionevole il requisito della residenza quinquennale introdotto dalla Finanziaria del 2001 per l’accesso alle prestazioni sociali. Il punto, tuttavia, è che si profilerebbe comunque con riguardo ai cittadini europei la violazione del regolamento CEE n. 1408/71 che cita espressamente l’assegno sociale quale prestazione cui si applica il regolamento e, con riferimento ai cittadini non comunitari che provengano da un altro Paese dell’Unione, del regolamento 859/2003 che estende l’applicazione dei regolamenti ai cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti.

Fondo locazioni. La seconda discriminazione diretta colpisce gli interventi di sostegno in favore di chi vive in affitto. È previsto infatti per i soli immigrati il requisito del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale o di almeno cinque anni nella stessa regione. Una norma, secondo l’Asgi, in contrasto con il principio di parità di trattamento in materia di accesso all’alloggio previsto dalle normative internazionali ed europee, oltre che con i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza richiamati anche dalla giurisprudenza costituzionale. Anche in questo caso, dunque, un requisito di anzianità di residenza. Una durata doppia, però, rispetto ai cinque anni ritenuti ragionevoli dalla Corte costituzionale.


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