Cultura

Simic, un grande poeta che fa tackle alla vita

Recensione del libro "Hotel Insonnia" di Charles Simic.

di Domenico Stolfi

Non c?è un verso, non c?è una parola, non c?è un suono nelle liriche del poeta serbo-americano Charles Simic che non siano incrostate di vita. Poeta della corporeità e della concretezza, Simic, del quale Adelphi pubblica l?antologia Hotel Insonnia (pagg. 196, 11,50 euro), rifugge allo stile criptico o oracolare della maggior parte dei poeti contemporanei. E non certo per ingenuità. Egli sa benissimo che la poesia è traffico coll?inconscio, e che poesia non è lucidità raziocinante, esposizione, prosa. Eppure, se le sensazioni oscure sono per il poeta le più interessanti, è a condizione che le sappia rendere chiare: “se percorre la notte”, scriveva Proust, “lo faccia come l?Angelo delle tenebre, portandovi la luce”. La luce a Simic viene anzitutto dalla linea esistenziale (e non orfica) della sua lirica, che partecipa direttamente un?esperienza, una biografia, e quell?esperienza, quel suo vivere, comunica in parola ?fraterna?, non ingolfata nei labirinti del manierismo, nell?esasperazione della tecnica, nel feticismo del significante. Il verso di Simic si modella docilmente agli strappi anche violenti della sua poetica della concretezza, a quel suo mettersi faccia a faccia con le trame nodose della realtà, creando uno spazio espressivo funzionalissimo, molto duttile e aperto, capace di esprimere il temperamento energico e nervoso del poeta.


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