Formazione

io e cannavaro, giramondo con napoli nel cuore

Ciro Ferrara parla della fondazione creata con l'amico Fabio

di Carmen Morrone

Il sodalizio tra le due bandiere della nazionale ha realizzato progetti a favore dei ragazzi a rischio. Il tutto con la massima trasparenza: «Perché ci mettiamo la faccia» Ci sono due lingue che con poche parole compongono frasi d’effetto, destinate a diventare slogan. Una è l’inglese, l’altra è il napoletano. «Siamo figli di Napoli», risponde Ciro Ferrara a chi gli chiede perché, insieme a Fabio Cannavaro, ha creato una fondazione per allontanare i ragazzi dalla malavita. «Siamo nati e cresciuti a Napoli», continua, «e sentiamo in modo particolare le difficoltà della nostra città». Per questo la fondazione contribuisce a diffondere la cultura dello sport e della musica e l’importanza di frequentare con profitto la scuola. Nel quartiere di Scampia lo scorso dicembre è stato inaugurato un impianto sportivo con due campi di calcio e uno di basket che saranno gestiti dalla Scuola Calcio Arci Scampia, ed è stata festeggiata la collaborazione con una scuola di musica e di canto che si sta rivelando un buon punto di aggregazione. Ma anche altre realtà disagiate di Napoli sono state beneficiate: ai 21 distretti scolastici sono stati donati canestri per il basket.
Vita: Com’è nata l’idea della fondazione?
Ciro Ferrara: Io e Fabio ci siamo conosciuti nel Napoli, quello di Maradona. Poi ognuno di noi ha fatto il suo percorso, e la lontananza ci ha portato a sospendere il discorso. Quando siamo ritrovati come compagni di squadra alla Juventus l’idea di fare qualcosa per la nostra città si è riproposta. Ne parlavamo nello spogliatoio, nel tempo libero. Così è tornata la voglia, e nel 2005 siamo riusciti a concretizzarla.
Vita: Perché proprio voi due?
Ferrara: Nelle cronache di Napoli vengono sempre riportate le cose negative, che pure esistono. Ma di quelle positive ce ne sono. Per esempio la nostra storia: io e Fabio esprimiamo la faccia positiva di Napoli e vogliamo metterci a disposizione di chi è meno fortunato. Anche solo con un sorriso.
Vita: «Napoli non è solo Gomorra», ha detto Cannavaro. È d’accordo?
Ferrara: La fondazione non è nata per denunciare le storture, ma per dare un contributo. Il nostro obiettivo è portare a termine i progetti che siamo sicuri di poter completare a favore dei ragazzi di Napoli che vivono situazioni disagiate. È la nostra missione, e una forma di rispetto nei confronti dei nostri sostenitori.
Vita: Lei sottolinea il “portare a termine”…
Ferrara: Spesso capita che non tutti i fondi raccolti da associazioni e fondazioni vengano usati per quanto promesso. Se ne leggono tante, sui giornali. Portare a termine è fondamentale. E poi la fondazione ha i nostri nomi, mica possiamo fare brutte figure…
Vita: L’impianto sportivo di Scampia venne iniziato con i fondi del terremoto ma solo oggi, dopo 23 anni, gli abitanti del quartiere ne possono usufruire grazie a voi. Una bella soddisfazione…
Ferrara: non è la prima volta che lavoriamo a Scampia, ma questo è un progetto molto ampio, che ha coinvolto diverse realtà del territorio. Dobbiamo ringraziare la Fondazione Vodafone, che opera molto al Sud destinando fondi ai quartieri a rischio, per far crescere le forme di aggregazione, e far capire ai ragazzi l’importanza della scuola.
Vita: Come seguite i progetti?
Ferrara: Cerchiamo di essere presenti il più possibile, compatibilmente con le esigenze di lavoro, ogni volta che torniamo a Napoli. Tutti gli anni c’è un appuntamento fisso, prima di Natale, in cui incontriamo i sostenitori e li ringraziamo personalmente. Cerchiamo anche di incontrare i ragazzi che frequentano le attività realizzate dalla fondazione: quest’anno è toccato all’impianto sportivo, dove abbiamo incontrato gli allievi della scuola calcio.
Vita: Nello staff della fondazione lavora anche suo fratello, Vincenzo Ferrara.
Ferrara: Siamo partiti da zero, non sapevamo come funzionava una fondazione, conoscevamo il mondo delle onlus solo dal di fuori. Mio fratello ha messo a disposizione tutto il suo entusiasmo, ma si è rimesso anche a studiare, e sodo. Per gestire la fondazione, ha frequentato un corso alla Bocconi.


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