Non profit

le buone azioni vanno messe in mostra

di Redazione

L’attenzione crescente che i calciatori hanno nei confronti delle tematiche sociali offre tre chiavi di lettura. In primo piano va messo in risalto che ormai molti campioni hanno preso coscienza della loro responsabilità educativa. Che sono diventati non solo dei modelli, ma anche dei modelli educativi. In questo senso colgo segnali positivi. Il mondo del professionismo, e qui vengo al secondo aspetto, è più bello di quello che sembra. Il piccolo boom delle fondazione è solo una faccia della medaglia. Gli esempi di serietà e consapevolezza sono davvero tanti. Tutto bene, quindi? Non proprio. Questo patrimonio nella maggior parte dei casi purtroppo non riesce ad emergere. Il nodo sta proprio qui. Quali sono le ragioni perché questo non avviene? Ho due risposte. La prima attiene alla concezione che i calciatori hanno di loro stessi. Spesso succede che mettano grande entusiasmo nello sposare una causa sociale. Un entusiasmo grande almeno quanto la timidezza che li assale nel momento in cui hanno la possibilità di rendere pubblico il loro impegno. Il mio appello è: cari calciatori, fate conoscere quello che fate. Spesso ancora oggi, invece, di fronte a certe proposte mi sento rispondere: «Ottimo progetto, partecipo volentieri, a patto però che rimanga una cosa privata». Poi c’è il ruolo dei dirigenti e dei procuratori. Spiace dirlo, ma queste due figure rappresentano una zavorra. Sono proprio loro infatti a premere affinché certe propensioni rimangano nel sommerso. Non lo ammetteranno mai pubblicamente. Ma gli impegni sociali dei calciatori sono considerati semplicemente come scomodi intralci. E questo credo sia un grave errore di valutazione. L’impegno sociale è anche e soprattutto uno strumento per rinsaldare il legame della squadra e del campione con il suo territorio. A cui segue poi un indotto promozionale.
Come accendere la scintilla? Una strada da percorrere è quella di inserire nello staff delle società una figura di riferimento, un coordinatore delle iniziative sociali. Questo permetterebbe anche di rendere più professionale la comunicazione fra le associazioni e le star del calcio. Oggi ancora lasciata all’improvvisazione dei rapporti personali, che poi generano corto circuiti come nel caso di un giocatore che interviene a una manifestazione a favore di chi soffre di distrofia muscolare, senza nemmeno sapere di che malattia si tratti. Per evitare cattive sorprese, il Centro sportivo italiano mette a disposizione la sua struttura. Care società, siamo a vostra disposizione.

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