Welfare

Stop al riciclaggio di medicinali

Una direttiva Ue mette uno stop alla distribuzione in Africa di farmaci non utilizzati o vicini alla scadenza provenienti dai Paesi europei

di Emanuela Citterio

Un cartone pieno di antibiotici, farmaci gastrointestinali, antianemici: lo scatolone è appoggiato su uno scaffale nel dispensario Saint-Jean dell’Ordine di Malta a Ouagadougou (Burkina Faso) e proviene da un container arrivato all’inizio di gennaio. È stato scaricato da uno dei dieci carichi da dieci tonnellate l’uno che ogni anno arrivano nel Paese africano e vanno a rifornire associazioni caritative e dispensari. Questo container però sarà l’ultimo. Una direttiva dell’Unione epopea sulle norme di sicurezza e di qualità dei prodotti sanitari ha messo un freno alla distribuzione in Africa di farmaci non utilizzati o vicini alla scadenza provenienti da alcuni Paesi europei. La notizia è contenuta in un reportage dal Burkina Faso e dal Mali pubblicato oggi dal quotidiano francese “Le Monde”.


«Finalmente una buona notizia» è il commento a caldo di Paolo Viganò, medico infettivologo e presidente del Gruppo solidarietà Africa, onlus di medici e infermieri che prestano la loro opera volontaria in diversi Paesi africani. «L’utilizzo, e il traffico, di farmaci semi-scaduti in Africa è un vero pasticcio. Forse così si smetterà di considerare il continente africano come la pattumiera dell’Europa». I problemi dei farmaci non utilizzati in Europa che finiscono in Africa sono sostanzialmente due, sottolinea Viganò: «la mancanza di controllo e di monitoraggio sul loro utilizzo, che a lungo termine fa più danni che benefici, e l’alimentazione di un mercato parallelo dei farmaci che specula sulla salute delle persone».

Il dibattito sul “riciclaggio” dei farmaci europei in Africa è caldo e il problema ha diversi risvolti. Il reportage di “Le Monde” fa notare come i farmaci provenienti da Paesi europei approvvigionino «una trentina di centri di sanità gestiti da congregazioni religiose». «L’ordine di Malta (che rifornisce questi centri) tenta di controllare il buon utilizzo dei farmaci, per esempio che siano consumati prima della data di scadenza e che siano conservati in buone condizioni». «Questi centri vendono i farmaci ai pazienti a un prezzo di molto inferiore a quello del mercato, e con il ricavato riescono ad acquistare altri farmaci di cui hanno bisogno, per esempio quelli contro la malaria» scrive “Le Monde”. La fine del riciclaggio “ufficiale” potrebbe spingere chi non può comprare le medicine perché troppo care a rifornirsi di nuovo sulla strada, dove trafficanti e ciarlatani vendono farmaci contraffatti o sostituiscono le etichette con le date di scadenza (di recente la rivista Volontari per lo sviluppo ha pubblicato un’inchiesta dal Congo, per leggerla clicca QUI). «Lo stop alla distribuzione di farmaci non utilizzati in Europa da sola non basta, deve essere accompagnata da un sostegno ai Paesi africani perché possano sviluppare una propria industria farmaceutica» afferma Paolo Vigano. «Non è vero che nei Paesi africani manchino farmaci, a volte ce ne sono anzi troppi e sono usati male. Un conto è l’accesso ai farmaci, che va difeso ed è un diritto, un altro è la mancanza di controllo, un male inteso senso della carità che può fare danni». La soluzione? «Garantire i 200 farmaci base secondo i criteri dell’Organizzazione mondiale della sanità, aiutare i governi africani a sviluppare una propria cultura farmaceutica, rafforzare i sistemi sanitari piuttosto che mettere continuamente delle toppe» è la sintesi di Viganò.

Su questo fronte l’Europa non fa quello che dovrebbe. Un lungo e dettagliato rapporto della Corte dei Conti europea presentato nei giorni scorsi a Bruxelles rivela che la Commissione europea, nonostante i suoi impegni, non aumenta i fondi per la sanità in Africa subsahariana dal 2000, ha progetti che spesso non funzionano come dovrebbero, ed ha anche poco personale esperto per pensarli e gestirli.
L’audit della Corte era inteso a valutare l’efficacia dell’aiuto comunitario nel contribuire al miglioramento dei servizi sanitari nell’Africa subsahariana, nel quadro degli impegni comunitari per la riduzione della povertà e gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM).

Secondo la Corte, «complessivamente, le sovvenzioni comunitarie al settore sanitario non sono cresciute dal 2000 proporzionalmente all’aiuto complessivo allo sviluppo, nonostante gli impegni assunti dalla Commissione rispetto agli Obiettivi del Millenio e alla crisi sanitaria nell’Africa subsahariana».

«La Commissione ha erogato finanziamenti cospicui per contribuire alla creazione del Fondo mondiale» sottolinea la Corte, «tuttavia non ha prestato la stessa attenzione al rafforzamento dei sistemi sanitari, benché tale aspetto avrebbe dovuto essere prioritario».


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