Mondo

Filippine, paura per i volontari rapiti

Un italiano, uno svizzero e una filippina sono forse nelle mani dei terroristi di Abu Sayyaf

di Franco Bomprezzi

 

Tre volontari della Croce Rossa rapiti nelle Filippine, fra di loro un italiano, Eugenio Vagni. L’ipotesi peggiore è che il rapimento sia opera del movimento Abu Sayyaf vicino ad Al Qaeda. Ma i giornali italiani, con rare eccezioni, non dedicano spazio adeguato alla notizia. Noi abbiamo selezionato il meglio.

 E inoltre la rassegna stampa di oggi si occupa di:

 

Al volontario della Croce Rossa rapito nel sud delle Filippine LA STAMPA dedica una pagina intera nella sezione Esteri, con un pezzo scritto da Manila. Manca una rivendicazione del rapimento di Eugenio Vagni, ma per le autorità filippine non ci sono dubbi: Abu Sayyaf è tornato a colpire. Il gruppo islamico – il cui nome significa “portatore di spada” – è il più radicale del sud-est asiatico, e anche il più oscuro. Lo davano per moribondo, rimasto con un terzo dei suoi militanti (400 militanti) dopo la campagna dell’esercito filippino che ha fatto fuori molti suoi leader. Ma proprio per questo il gruppo è diventato più imprevedibile, e assetato di riscatti milionari. Il gruppo estremista ha la sua roccaforte proprio nell’isola di Jolo, dove è avvenuto il rapimento, in quel sud delle Filippine che rivendica un’autonomia rispetto al resto del Paese. Fondato da un predicatore-combattente di ritorno dalla jihad antisovietica in Afghanistan, pare abbia avuto legami con al Qaeda ai tempi in cui il cognato di Bin Laden girava la regione per finanziare la galassia di gruppi islamici. Ma non mancano le teorie di chi intravede un disegno di Manila: la creazione di un gruppo estremista per delegittimare il “Fronte islamico di liberazione Moro”, autonomista ma più moderato. Dopo un attentato a Manila nel 2004, «la presidentessa delle Filippine Glora Arroyo saltò subito sul carro della guerra al terrorismo lanciata dagli Usa» scrive il corrispondente de LA STAMPA. Arrivarono soldi e 1300 soldati americani in appoggio all’esercito. Si maligna che Manila non abbia voluto dare il colpo di grazia ad Abu Sayaf. «Gli americani, con i loro aiuti milionari se ne andrebbero» conclude il cronista. Il quotidiano torinese pubblica anche un ritratto di Eugenio Vagni, anche se i parenti sono chiusi del riserbo su invito della Farnesina. 61 anni, toscano di Montevarchi, tecnico specializzato in impianti idrici, lasciò tutto dopo un viaggio di lavoro all’estero, per realizzare il sogno di «lavorare per gli altri» in Asia. A 55 anni, in Thailandia, aveva trovato anche l’amore: ha una moglie tailandese e una figlia di un anno, che erano in volo verso l’Italia quando è avvenuto il rapimento.

Nessun riferimento in prima pagina del CORRIERE DELLA SERA, al rapimento del volontario italiano Eugenio Vagni, 62 anni, rapito ieri nelle Filippine. Il servizio interno è a pagina 16, firmato da Paolo Salom. L’italiano, lo svizzero Andreas Notter, 38 anni e la filippina Jean Lacaba, tre volontari della Croce rossa internazionale, viaggiavano senza scorta sull’isola di Jolo nel sud delle Filippine. Il sequestro non è stato ancora rivendicato, ma le autorità di Manila puntano il dito contro il movimento islamico Abu Sayyaf. Fonti locali della Croce Rossa non escludono, però, che si tratti di semplici banditi interessati al riscatto. Vagni è il quinto italiano rapito nelle Filippine negli ultimi dieci anni dopo padre Giancarlo Bossi, padre  Luciano Benedetti, il missionario laico Giuseppe Pierantoni e il volontario di Movimondo Andrea Cianferoni. L’analisi è affidata alla penna di Guido Olimpio, che descrive il movimento Abu Sayyaf  come guerriglieri che «agiscono da predoni… Una deriva verso il brigantaggio dovuta alla scarsa preparazione ideologica della base, alla mancanza di una leadership forte e alla pressione militare esercitata dalle autorità, con il deciso appoggio di unità speciali degli Stati Uniti».

LA REPUBBLICA riferisce a pagina 9: “Filippine, rapito un tecnico italiano”. Nel pezzo di Raimondo Buldrini si aggiunge che secondo la Cri, i tre rapiti avevano un progetto di miglioramento idrico sanitario per il carcere di Sulu a Patikul (che avevano appena visitato). Frattini ha messo in allarme l’unità di crisi della Farnesina. Principali sospettati, anche per il quotidiano di Ezio Mauro, i fondamentalisti di Abu Sayyaf. Lo scenario è ben spiegato da Federico Rampini: “Nelle foreste del sudest asiatico il nuovo fronte della lotta al terrore”: le Filippine, unico paese cattolicissimo dell’Asia (i cattolici sono il 90%) hanno anche forti insediamenti islamici nell’isola di Jolo. «Paradossalmente fino a pochi mesi fa il caso filippino veniva esibito da Bush come un modello di successo nella lotta contro il terrorismo. Unico paese a essere stato una colonia degli Usa (dal 1898 al 1935), le Filippine hanno ricevuto di recente un’assistenza militare sofisticata….nell’agosto scorso sembrava vicino un accordo con le comunità islamiche per la fine delle ostilità. L’accordo è saltato, l’escalation della violenza  ripresa» . I rapimenti degli occidentali fanno notizia, sottolinea Rampini, ma solo a Mindanano si contano 120mila morti e mezzo milione di profughi in 10 anni. Altrettanto inquietante  il ruolo delle  Filippine come luogo di addestramento per i terroristi indonesiani..

La cronaca su IL GIORNALE dalla penna di Fausto Biloslavo che sente al telefono Roland Bigler portavoce della Croce Rossa internazionale a Manila che nega di aver ricevuto segnali di allarme per possibili rapimenti. Bigler dice che «il rischio zero non esiste nelle zone del conflitto» e ricorda che il rapimento è avvenuto a pochi passi dalla prigione provinciale, dove gli operatori avevano appena lavorato. E conclude: «Il lavoro continua, nonostante il sequestro».

“Filippine, rapito un volontario italiano”, titola AVVENIRE a pag. 6. Secondo fonti locali raccolte dall’agenzia Misna, lo scopo dell’azione criminale potrebbe essere il pagamento di un riscatto. Ma per il momento ancora nessuna rivendicazione.

E inoltre sui giornali di oggi:

GAZA
CORRIERE DELLA SERA – “Raid israeliano, colpita sede Onu” è il titolo di apertura del quotidiano milanese. Da segnalare, oltre alla cronaca, il retroscena di Guido Olimpio intitolato “Morto un religioso saudita capofila dei jihadisti globali” . Si tratta Abu Mohammed Mari «religioso saudita con una lunga esperienza di guerre: l’Afghanistan, la Bosnia, la Cecenia e infine Gaza. Il martirio di Mari indica che Hamas ha deciso di accettare l’aiuto di militanti che interpretano la jihad come una lotta globale. Un cambio di rotta significativo. In passato esponenti di questa corrente erano stati repressi».

LA REPUBBLICA – Reportage di Guido Rampoldi, “Gaza, migliaia in fuga dalla guerra”. Ma ai funerali il dolore diventa sfida: riferisce il clima incandescente che ha registrato nel corso di una cerimonia funebre. Le minacce di vendetta, la consapevolezza che Dio è dalla parte dei palestinesi e punirà gli ebrei. Il caso italiano – la lite Annunziata-Santoro – è in taglio basso. Silvia Fumarola racconta l’avvio difficile della trasmissione, i richiami ripetuti della giornalista a maggiore obiettività, lo scambio di battute acide e poi la decisione di lasciare Annozero. In effetti «non si possono affidare a due ragazzine» questioni così importanti – ha commentato l’Annunziata – a proposito della scelta di intervistare giovani della comunità palestinese di Milano…

IL GIORNALE – A pagina 15 la denuncia del Vaticano. L’arcivescovo Migliore osservatore della Santa Sede all’Onu è intervenuto ieri all’Onu: «Non si sta facendo abbastanza per proteggere le popolazioni civili in guerra» . E poi: «Continuiamo a vedere civili utilizzati deliberatamente come strumenti per ottenere risultati politici o militari. In questi giorni abbiamo visto un fallimento totale nel distinguere i civili dagli obiettivi militari. Quando le armi sono utilizzate senza adottare misure ragionevoli per evitare di colpire i civili, quando donne e bambini sono usati come scudi umani, quando è negato l’accesso degli aiuti umanitari a Gaza». Una breve annuncia il concerto “politico” domenica alla Scala di Milano: suonerà la West-Eastern Divan Orchestra composta da israeliani, palestinesi, e altri arabi diretta da Daniel Barenboim. In una nota dell’orchestra si legge: « le azioni del governo israeliano a Gaza non sono il modo di risolvere le differenze esistenti. Le azioni di Hamas non contribuiscono a costruire fiducia reciproca».

IL MANIFESTO – Apertura (con vignetta di Vauro: Gaza – colpita sede delle Nazioni Unite, un soldato israeliano a bordo di un tank che dice «non è colpa nostra se i bambini non si fanno scrupolo a farsi scudo dell’Onu») e le pagine 4-5-6. Titolo del servizio principale “Razzi al fosforo sulla sede Onu”. Segnalo dalla prima e a pag. 7 un commento di Zvi Schuldiner, giovane israeliano, dal titolo “La grande vittoria di Olmert”: «Cosa impedisce il cessate il fuoco? La risposta è: la storia. Il premier Olmert dovrebbe essere fuori scena da mesi. Sulle sue spalle pesa la disfatta nella seconda guerra in Libano e le numerose accuse in diversi casi di corruzione. Dunque la storia, come entrare nelle sue pagine? La storia gli offre una grande opportunità. Potrà entrare nelle pagine di storia come il grande vincitore di Gaza. (…) Il cinismo criminale dell’élite israeliana ha portato all’inizio di una guerra criminale e oggi l’ambizione storica di un leader impedisce in maniera criminale un immediato cessate il fuoco».

LA STAMPA – Intervento di Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio dal titolo “La chiesa e la guerra”, un excursus storico sulle posizioni della chiesa cattolica nei confronti delle guerre: «Il Vaticano non pretende di essere un tribunale internazionale» scrive Riccardi, «ma ammonire sui rischi della guerra è un compito a cui la Santa Sede non rinuncia. Sembra che la sua esperienza storica la confermi nella convinzione che le guerre e rivoluzioni lasciano il mondo peggiore di come lo hanno trovato» e cita come una svolta la frase di Giovanni Paolo II «La guerra è un’avventura senza ritorno». «La Chiesa non si sente pacifista ma pacificatrice» continua. «Sa che torti e ragioni non si dividono mai equamente tra le parti, ma considera la guerra come una soluzione che non risolve e alla fine travolge».

PIL E RECESSIONE
CORRIERE DELLA SERA – A pag. 3 il faccia a faccia indiretto fra il governatore Draghi e il ministro Tremonti. Di fronte alla «prolungata recessione» annunciata da Palazzo Koch, Tremonti risponde così: «Le previsioni economiche sono ipotesi. Sono dati importanti, responsabili, ma ci fai affidamento nei limiti di una realtà che cambia. Perché stiamo attraversando una terra incognita, non è un ciclo economico quello che viviamo, ma una discontinuità sistemica».

IL SOLE 24 ORE – Titolo di apertura sull’allarme di Bankitalia: il Pil perderà il 2%. Tuttavia il Sole dedica grande spazio alla replica di Tremonti a Draghi, laddove il ministro dell’Economia assicura: «Sono solo congetture» e puntualizza: «Anche se fosse così, si tornerebbe al 2006, non al Medioevo». A testimonianza del fatto che il Sole tifa Tremonti invece di Draghi, c’è un’intervista a Pierre Cailleteau, responsabile rating di Moody’s, che afferma. «L’Italia è messa meglio di altri perché ha un basso debito privato, indicatore più “pesante” del rapporto deficit/pil».

IL MANIFESTO – Pag. 9: “Giulio non vede”, è il titolo del servizio sulle profezie di Bankitalia e la reazione del ministro del Tesoro, con un corsivetto in cui Tremonti viene paragonato a Maria Antonietta (quella delle brioches al popolo affamamato), visto che liquida la figuraccia della Social Card con queste parole : «Ci vogliono 48 ore tecniche per la ricarica da parte di Inps e Poste. Qualcuno avrà avuto troppa fretta di fare la spesa». «Eh sì, – commenta il corsivo – questi capricciosi: nemmeno gli dai 40 euro e subito corrono a spenderli per mangiare». Sempre sul tema l’editoriale in prima di Galapagos, che definisce Tremonti «patetico»: «Il ministro affronta una situazione che appare sempre più drammatica da consumato politico. Cioè con battutine che non fanno più ridere nemmeno gli affezionati del Bagaglino».

ITALIA OGGI – Titolo: “Crisi, Giulio si arroccia in difesa”. I numeri  in calo non intaccano l’ottimismo di Tremonti che al Pill ha deciso di non attribuire tanta importanza. Di fronte alla previsione di Banca Italia, il ministro risponde addirittura con un: «e allora? Non sarebbe mica un dramma. Non torneremmo comunque al medio evo, ma al 2005-6. Si tratta di congetture  forse anche realistiche  ma pur sempre congetture. La crisi c’è ma è una terra incognita, bisogna affrontarla con la consapevolezza che dobbiamo salvare il salvabile, separare le cose buone da quelle cattive». Tra le cose cattive  che Tremonti non vuole fare, è aumentare il debito pubblico.  «Abbiamo scelto con le misure anti crisi, di aiutare le fasce sociali più deboli, e di non aumentare  gli stimoli della domanda producendo così altro debito” ha messo in chiaro il ministro. E per quanto riguarda l’industria automobilistica ormai allo stremo delle forze? « La decisione  può essere presa solo in sede europea» ha tagliato corto Tremonti.
Il governo ha reso disponibili 112 miliardi da spendere. Ora bisogna capire come spenderli. E cosa dice l’opposizione?  Per Walter veltroni, il governo non ha la misura di quello che sta succedendo, hanno buttato miliardi  con Alitalia e Ici e  contro la crisi hanno messo a disposizione 5 miliardi contro le centinaia di miliardi della Germania». Per Casini invece, «stiamo lasciando sole le famiglie, serve subito un piano da almeno quindici miliardi di euro».

INTOLLERANZA

LA REPUBBLICA – Doppia pagina sulla questione immigrati (16 e 17). Giacomo Talignani riferisce sugli sviluppi del caso Parma (il pestaggio di un giovanissimo studente africano scambiato per un pusher): “Parma, foto ricordo dopo le botte nuova prova shock contro i vigili”. E’ saltata fuori e accusa i vigili orgogliosamente immortalati dalla macchina da presa accanto a un Emmanuel prostrato. Era stata cancellata dal pc, ma i periti l’hanno recuperata: una prova in più per i magistrati che mercoledì hanno posto agli arresti domiciliari 4 dei 10 agenti coinvolti. Ieri l’assessore alla sicurezza urbana, Costantino Monteverdi si è dimesso: «servirà a portare un po’ di serenità su un fatto dal quale mi sento completamente estraneo, ma che moralmente mi impone di prendere una decisione per il bene dell”amministrazione». In appoggio commento di Michele Serra, “Razzismo di routine” (la tesi è che dobbiamo accettare il fatto che il razzismo in Italia ci sia e sia diventato, appunto, un fatto routinario) e breve sulla contestazione leghista al cardinale di Milano, in trasferta a Varese: “I leghisti contestano Tettamanzi «Vescovo succube dell’Islam»: una tesi che non ha bisogno di essere commentata e che è stata sostenuta ieri da una trentina di militanti leghisti. Ancor più incredibile il commento del segretario cittadino del Carroccio, Fabio Binelli: esprime «dissenso rispetto all’atteggiamento di succube accondiscendenza, quando non di attivo collaborazionismo, manifestato dal cardinale nel confronti dell’espansione islamica in diocesi»…

SOCIAL CARD

LA REPUBBLICA – “Social card, Tremonti si scusa per i disagi”: Barbara Ardù riprende l’attacco di la Repubblica di ieri e riferisce di un Tremonti che si scusa per i troppi disagi legati al meccanismo della social card. Si scusa ma non troppo: «polemizzare sulla povertà non mi sembra il caso». Sono state caricate 420mila card rispetto alle 580mila richieste pervenute (la metà dal Sud). Una richiesta su 4 non è stata accolta perché non c’erano i requisiti previsti per legge.

ORISSA
AVVENIRE – “Il ritorno negato. L’odissea infinita dei profughi”. Avvenire dedica la vetrina all’incubo di migliaia di cristiani indiani dell’Orissa, che dopo violenze dell’estate sono costretti a vivere nei centri di raccolta dove avevano trovato rifugio. Rientrare nei villaggi è un’impresa impossibile, a meno di rinnegare la propria fede. Pena, la morte certa. Agghiaccianti le parole di padre Nayak, che vive nel campo profughi: «Non è sufficiente che chi decide di abiurare la fede cristiana si rada il capo, beva acqua mescolata a sterco bovino e firmi documenti che attestino l’avvenuta riconversione. Deve dimostrare la propria sincerità bruciando almeno una casa di cristiani, possibilmente con qualcuno all’interno».

UNICEF
AVVENIRE – Allarme dell’agenzia Onu sulla mortalità infantile: oltre 9,2 milioni i bambini deceduti prima dei 5 anni. Secondo il Rapporto Unicef il fenomeno è in crescita per le carenze igienico-sanitarie. Liberia, Costa d’Avorio e Iraq i paesi più a rischio.

DIRITTI UMANI
AVVENIRE – Il vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro è da oggi anche rappresentante personale della presidenza dell’Osce per la lotta la razzismo, alla xenofobia e alla discriminazione, con particolare riferimento alla discriminazione dei cristiani. La nomina, annunciata ieri dalla presidenza dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, affida a Mauro un settore chiave dei diritti umani, in un terzetto in cui il rabbino capo degli Usa Andrew Backer e il diplomatico kazako Vyaceslav Gizzatov sono rappresentanti rispettivamente per l’antisemitismo e l’islamofobia.

 

 

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