Volontariato
Un Ulivo in movimento? Il seme di Coffi
Un linguaggio moderato. Un desiderio inedito di uscire dalla logica esclusiva dei Girotondi. Un entusiasmo simile a quello del 1996.
Lo slogan scelto per la serata del 10 gennaio 2003 al Palasport di Firenze, voleva sottolineare che qualcosa di importante, anzi di decisivo per il futuro (almeno nelle intenzioni degli organizzatori) sarebbe avvenuto: “Io ci sono”. L?evento, è a tutti noto, prevedeva l?incontro tra Sergio Cofferati e i movimenti; la regia affidata non proprio a un principiante, Nanni Moretti; a tema, così recitava il titolo, “Politica e movimenti, costruiamo insieme un futuro diverso!”
Dribblando il tendone, le luci, le strutture e i manifesti del circo Darix Togni che propone lo spettacolo Florilègio, e che induce anche i più smaliziati militanti a qualche dubbio sulla locazione dell?incontro, entriamo anche noi con un taccuino bianco in un Palasport che alle 20,30 è già stracolmo e compostamente eccitato. Obiettivo: verificare se davvero qualcosa di nuovo sta per accadere dentro il centrosinistra italiano.
Portarsi a bordo palco non è facile, nell?ordine ti viene chiesto il contributo, raccolto rigorosamente in scatole da scarpe (sino a copertura delle spese della serata, circa 10mila euro, ciò che sarà raccolto in eccedenza andrà, ovviamente, a Emergency); nelle mani ti vengono messi qualche decina di volantini di partiti, gruppi, correnti poltiche, movimenti che ci tengono a dire “Anche noi c?eravamo”; infine, ti tocca schivare una vera fiumana di gente che spinge perché già si è sparsa la voce che i cancelli chiuderanno presto per motivi di ordine pubblico. Troppa gente, insomma; alla fine, i partecipanti saranno calcolati in circa 10mila. Un successone, considerato che sino a qualche giorno prima gli organizzatori avevano prenotato una sala con qualche centinaio di posti. I presenti, poi, non sono ragazzini sfaccendati, ma impiegati, il ceto medio, come si dice: la pancia del Palasport è, infatti, composta da gente nella fascia sociologica 36/50 anni.
Chi si rivede, l?Ulivo
Già, cominciamo dal chi c?è. “Io ci sono”, dicono i ds con Folena, Mussi, Gloria Buffo, la Melandri; c?è la Margherita con Rosy Bindi ed Ermete Realacci; ci sono i Verdi con Pecoraro Scanio; i Comunisti Italiani con Marco Rizzo; c?è anche Rifondazione con ?il messagger che non porta pena? Nicki Vendola; e tramite una calorosa lettera di Antonio Di Pietro, c?è anche l?Italia dei valori.
Oddio, è la prima constatazione, ma è l?Ulivo del 96, quello precedente la ?cupio dissolvi? degli ultimi anni. Questa è la prima novità offerta dal parterre. Oltre ai politici, ci sono i rappresentanti dei movimenti, da Tom Benettolo dell?Arci a Flavio Lotti della Tavola della pace; da Ugo Biggeri di Rete di Lilliput ai rappresentanti dei Girotondi come Pancho Pardi, Paolo Ginsburg e Flores D?Arcais; c?è Giuliano Giuliani ch?è ormai un leader dei Social forum. C?è pure qualche attore come Paolo Hendel, intellettuali come Lidia Ravera o Gianni Vattimo, amministratori locali e tra loro, naturalmente, Domenici, sindaco di Firenze e Martini, presidente della Regione Toscana (tra i più applauditi). Nel Palasport nessun?altra bandiera che non sia quella arcobaleno della pace. Il rosso è solo un elemento scenografico, come il faccino sorridente ricavato con i segni del linguaggio Sms che campeggia accanto allo slogan “Io ci sono”. Si tratta di una serata inclusiva, nessun veto, chi c?è, c?è, e gli altri arriveranno; è questa la convinzione che si respira a Firenze. “Solo unire”, era il titolo che si era pensato per la serata, rivela uno degli organizzatori, Guido Sacconi, deputato europeo diessino di Aprile.
Alle 21.02, con una puntualità svizzera e apprezzata a ogni latitudine dal ceto produttivo, accompagnata da Nanni Moretti entra la star della serata, Sergio Cofferati. L?ovazione per lui dura qualche minuto. Arrivato da Milano con il pendolino delle 16,30 dopo la giornata in Pirelli, è roseo e fresco come un puffo. Altro che Gengis Khan (così lo definirà il giorno dopo D?Alema). Con lui e Moretti, sul palco anche Sacconi di Aprile, Beni dell?Arci e Ornella De Zordo del Laboratorio per la democrazia.
A Moretti, regista ritrovato, il ruolo di conduttore. Solo qualche pensiero e paradosso per iniziare, qualche battuta per sondare la pancia della platea. Una premessa: “è ovvio che il nostro nemico principale è il governo di centrodestra” (qualche applauso). Un elogio: “Prodi è il primo politico che entrando a Palazzo Chigi non ci ha fatto vergognare” (applausi decisi). Un invito: “Dobbiamo tornare all?Ulivo del 96 con la spinta dei movimenti” (forte applauso). Una convinzione: “Ci dicono che per vincere le elezioni non basta scaldare i cuori. Ebbene noi abbiamo svariati leader che non scaldano il cuore e che in compenso ci fanno pure perdere. Non si vince con l?aridità, noi dimostriamo che fare politica può essere una cosa bella” (e viene giù il Palasport). Infine, un consiglio a Cofferati: ” Sergio, non essere il leader solo di una parte della sinistra. Ciò corrisponde alla caricatura che di te viene fatta anche da una parte della sinistra stessa. Sergio hai l?autorevolezza e la capacità per parlare a tutti”.
Il compagno moderato
Cofferati è sorridente. Moderatamente felice, moderatamente ottimista, moderatamente riformista e, insieme, moderatamente antagonista, all?ex leader della Cgil nella serata fiorentina riescono anche i miracoli. Ecco il suo credo.
Articolo 1, una passione ideale e unitaria. “Non voglio dividere, voglio condividere la voglia di partecipazione che non vedevo da decenni e che è un bene prezioso per la democrazia. In quest?anno ho visto milioni di persone muoversi per una ragione ideale, questo è un bene per la politica e anche per la vita di ciascuno”.
Articolo 2, una nuova politica. “Non voglio delegittimare nessuno, tanto meno chi fa politica. Chi fa politica ha bisogno della nostra solidarietà perché è un lavoro faticoso e necessario. Nessuno qui vuole autorappresentarsi, nessuno vuole fare un partito. Noi parliamo come persone, parliamo alla coscienza delle persone di cose che vengono prima della politica, di cose di cui la politica non deve aver paura, come la cultura della pace”.
Articolo 3, parlare a tutti. “Non ho nessuna intenzione di rappresentare una parte, voglio parlare a tutti ed essere rispettato come io rispetto gli altri. Voglio parlare agli elettori di centro e di centrodestra senza dimenticare le mie radici di sinistra, anzi esplicitandole perché affascinino anche altri come è successo a me”.
Articolo 4, ritornare all?Ulivo del 1996. “Bisogna ricreare le condizioni del 96 e vorrei che tutti ci mettessero un po? di energia in più per farlo e per fare anche di più di allora. Il centrosinistra è stato un passo indietro rispetto all?Ulivo”.
Una novità vera?
Qualcuno ha commentato l?incontro di Firenze parlando di ?un quasi congresso?. Di certo a Firenze è andata in scena la rappresentazione plurale di buona parte dell?elettorato di centrosinistra in cerca di una riscossa civile e culturale prima ancora che politica, in cerca di nuove forme di rappresentanza più che di nuove e improbabili scorciatoie partitiche.
Un popolo di centrosinistra che applaude ogni volta che si cita il Social forum europeo di Firenze perché esempio di rapporto corretto e leale tra movimenti e istituzioni. E che gradisce le testimonianze di chi sta sperimentando nuovi stili di vita più sobri e accoglienti, con il consumo critico, l?agricoltura biologica, i gruppi di acquisto, il commercio equo, il microcredito e la finanza etica.
Non sono mancate neppure le indicazioni più concrete. è stata applaudita la forma organizzativa dell?Ulivo toscano, il cui coordinamento prevede associazioni e movimenti accanto ai segretari di partito. E Cofferati ha parlato di una riforma ambiziosa, “quella di una nuova rappresentanza anche per gli organismi che dovrebbero tutelare l?ordine mondiale”.
Nell?intervento di Rosy Bindi, applauditissima, è però anche emerso il rischio possibile di questo percorso: quello di voler curare il cortocircuito che ha prodotto la frattura tra partiti e movimenti, con un cortocircuito dagli esiti, se possibile, anche peggiori, quello di una politica che si concepisca come progetto etico sulla società. “Dobbiamo portare la radicalità dei nostri valori in politica”, ha detto l?ex ministro. Mammamia, attenzione alle tentazioni islamiche! Neppure il no alla guerra o, di più, il sì a ogni tentativo di pace, può essere proposto come imperativo etico pena un radicalismo che può essere fuoriero di nuova violenza. La pratica di una cultura di pace, l?unica grande bandiera del raduno fiorentino, è solo la risposta più ragionevole, perciò anche più politica, per risolvere i conflitti.
“La politica non basta a cambiare il mondo se non si cambiano i comportamenti; ma cambiare i comportamenti non basta, se non cambia la politica”, ha detto Paolo Beni dell?Arci nel suo intervento. è vero, ma ci vuole pazienza, bisogna lasciare che i comportamenti facciano lievitare un nuovo tessuto sociale e che da questo nascano nuovi possibili leader. La pazienza, e fors?anche la compiacenza, con cui Prodi, giurano i bene informati da Bruxelles, segue il nascere di questa nuova Cosa, o Casa della sinistra italiana, o Ulivo in salsa fiorentina.
Una cosa è certa: le rispettive e speculari lamentele di Bertinotti (“Così Cofferati spacca il movimento”), e di D?Alema (“Così Cofferati spacca il partito”), sembrano dette da chi è rimasto irrimediabilmente indietro.
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