Volontariato

1.500 ragazzi in grembiuleballa mensa di colle oppio

Volontariato A Roma la Caritas sperimenta con successo un coinvolgimento dei giovani

di Redazione

L’idea è stata di Paola Sperati. Che nel 2001 ha pensato
al Progetto scuola. E poi lo ha infaticabilmente sostenuto.
E oggi il tam tam sta facendo il resto I nutile girarci intorno. Da anni, le statistiche confermano che il mondo del volontariato sta invecchiando. E che il ricambio generazionale è complesso: si fa fatica ad attrarre i giovani, a parlare il loro linguaggio, a rapportarsi con questi cittadini privi di voto e di parola, oggetto spesso di affreschi corrivi e superficiali. Eppure alcune realtà a loro guardano con attenzione e non da ieri. La Caritas romana, ad esempio.

Una iniziativa strutturata
Nella capitale, la Caritas gestisce moltissime attività. Fra queste, la mensa di Colle Oppio. Dove lavora Paola Sperati . È lei che, nel 2001, ha pensato il Progetto scuola . La filosofia è semplice: se la montagna non va a Maometto… Con quel che ne segue. Chissà se l’idea le è venuta riflettendo sulla sua esperienza di infermiera. Su quando, in sella a una 650, attraversava Roma e provincia per fare i prelievi ai pazienti e portare le provette al laboratorio. In fondo è quello che fa anche oggi: va nelle scuole superiori, parla della mensa, del valore della solidarietà, mostra un video (realizzato da un giovane volontario) e contatta studenti e professori. Perché vengano a Colle Oppio. Non a vedere. Ma a svolgere quel servizio che ogni giorno è garantito da molti volontari (anziani). «Che io sappia la nostra è un’iniziativa isolata», spiega, «richiede molto lavoro, anche perché le scuole rispondono bene». Il risultato? Circa 1,500 studenti (a gruppi di 15) ogni anno si alternano fra grembiuli, vassoi, porzioni e ospiti. In sette anni sono oltre 10mila ragazzi.

Arriva il gran giorno
E per tutti inizia alle 10. Con una riunione già operativa: si distribuiscono le mansioni, si affiancano ai giovani i volontari anziani. Perché i primi apprendano dai secondi quel che devono fare. E poi perché si parlino. Loro, i ragazzi un po’ sono tesi. Quelli di oggi, ad esempio – una quarta dello scientifico Benedetto Croce – paiono compresi nel loro ruolo. Ascoltano seduti a quegli stessi tavoli dove fra un’oretta serviranno il pranzo. Al loro fianco, la professoressa Maria Pia Onofri . Da anni frequenta Colle Oppio. E arrivata alla Benedetto Croce a settembre, subito ha proposto agli allievi questa esperienza. «Dev’essere una scelta libera. Se vogliono, partecipano. Anche perché è una giornata in qualche modo di rinuncia. Non possono fumare. Gli chiedo di spegnere i telefonini». Avete letto bene. Questi ragazzi sono in una mensa per poveri e hanno spento i cellulari. Nemmeno il ministro dell’Istruzione ci era riuscito.

Opportunità vere
Ai giovani non si danno ordini. Li si cattura con vere opportunità. Prendendo sul serio il loro libero arbitrio. «In fondo anche un problema di cuore a 16 anni è importante», conclude Alice , dopo aver raccontato del suo impegno in Aism, del perché si sia avvicinata a questa associazione (una persona a lei molto cara è ammalata di sclerosi multipla), del perché faccia bene confrontarsi coi disagi altrui, ridimensionando i propri. Di quanto la disturbi non poter donare il sangue perché è minorenne. Altro che reality. Siamo anni luce dagli Amici e dalla De Filippi. Dalla rappresentazione di una gioventù che «anche i tg strumentalizzano, perché riportano troppo “sentito dire”», scandisce, con un tono di voce sempre dolcissimo. Ma il suo non è un caso isolato.

E molta reciprocità
Non è una classe di santi. Federica, ad esempio, lo dice chiaro: «Qui la religione non c’entra. Semmai la solidarietà, il voler aiutare». «Quando vengono», confida un volontario “anziano”, «sono contenti di questa esperienza, dicono che vogliono continuare. Poi però non li rivediamo più». Intanto una scintilla forse è scattata. Stefano e Valerio, per esempio. Uno lava, l’altro asciuga i vassoi. «È un tuffo in un’altra dimensione», afferma il primo. «Quel che colpisce è l’organizzazione», fa eco il secondo.
Accanto a loro due, che sono, possiamo dire, i “tiepidi” (ma si scaldano oggi servendo una zuppa), gli appassionati. Nel gruppo, Alessandro e Gabriele sono i “veterani”. Da tre anni, ogni domenica, si alzano presto per andare in una residenza per anziani della Comunità di Sant’Egidio. I vecchietti li chiamano con affetto «le luci dei nostri occhi» e loro ricambiano. Stanno girando un video.

Il richiamo
Dopo il vaccino, è un classico. Lo fanno anche alla Caritas. Ed è indolore. Si tratta di un campus (di lavoro soprattutto, presso diversi tipi di servizi). Si svolge a fine giugno e coinvolge un gruppo ristretto di 30 persone (molte hanno partecipato a giornate simili a quella che abbiamo raccontato). Le organizzano via mail (colle.oppio@caritasroma.it). Nel prossimo agosto arriveranno a Colle Oppio, fra gli altri, due gruppi di giovani di Pordenone. La voce, via internet, si è sparsa…


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