Volontariato

Il popolo prigioniero del fango

Il fango ha inghiottito migliaia di poveri. Ma c'é il rischio carestia, così, mentre la tragedia riesuma vecchi rancori,i volontari di 900 associazioni si rimboccano le maniche

di Sergio Ramirez

F orse Mitch non lo sa, ma al suo passaggio non ha solo devastato cento municipi, fra villaggi e città. No, Mitch, lo spietato uragano che il 27 ottobre è entrato in Nicaragua senza chiedere permesso, ha annientato mezzo secolo di storia. Forse Mitch non lo saprà mai, perché dopo la sua esplosione di collera si è dissolto nel nulla in Florida, ma dove è passato, oltre a ingoiare cinquemila uomini (e la cifra esatta non si saprà mai) su quattro milioni di abitanti, ha dissotterrato migliaia di mine e di spettri mai assopiti. Il Paese delle maschere La storia del Paese dei vulcani, com?è chiamato il Nicaragua negli opuscoli turistici, è sempre andata a braccetto con eventi apocalittici, guerre civili, colpi di stato, dittature feroci, insurrezioni, disastri naturali, tanto da meritarsi numerosi saggi di riflessione sulla mistica nicaraguense della morte e del sangue. Un Paese abitato dalle sempiterne divisioni e dalle inaspettate riconciliazioni, tanto da meritarsi anche l?appellativo di ?Paese delle maschere?, perché è difficile da capire, da svelare. Un Paese che ha stupito il mondo, nel 1979, durante la rivoluzione sandinista, quando bande di bambini precedevano i soldati della rivoluzione, per cercare di liberarsi, da soli, dal dittatore Anastasio Somoza. Non perché volessero andare a vivere a Cuba, o pensassero che il comunismo era una valida ipotesi di società migliore. No, i loro pensieri erano più semplici: volevano liberarsi dal tiranno che uccideva i ragazzi sotto i 12 anni perché potenzialmente pericolosi. Poi la retorica rivoluzionaria li ha venduti come martiri, ma loro erano soprattutto la metafora di una popolazione giovane, spontanea e ribelle; schegge impazzite nella storia e nella vita. I bambini-martiri, come sono stati chiamati poi, hanno acceso la miccia della ribellione a Matagalpa, nel nord del Paese, città oggi piegata da Mitch. Proprio lì dove i fiumi sono straripati, i ponti e le case sono crollate, la melma ha inghiottito famiglie e devastato le piantagioni di caffè, è racchiusa la storia di questo dannato Paese. In questa zona agli inizi degli anni ?80 iniziò la guerra che divise e dissanguò il Nicaragua. Da una parte c?erano i sostenitori dell?hombre nuevo, l?uomo nuovo, una sorta di eresia politica in cui c?era posto per tutti: cattolici, comunisti, socialisti, anti imperialisti, idealisti, ribelli senza causa e avventurieri; dall?altra c?erano i piccoli e grandi coltivatori gabbati dalle confische agrarie i quali, finanziati dagli Stati Uniti e supervisionati dalla Cia, avevano messo in piedi l?esercito dei ?Contra?. Una guerra fratricida in cui i nicaraguensi, per dieci anni, hanno continuato a uccidersi e a pregare Dio, perché tutto finisse. Lì dove Mitch ha isolato decine di villaggi costringendo la gente a vivere per giorni appollaiata su tetti; dove ora gli animali si nutrono di cadaveri umani e gli uomini si nutrono di cadaveri animali, agli inizi degli anni ?90 era arrivata la pace. I nemici avevano deposto le armi, i sandinisti erano stati sconfitti, arrivarono i liberali, e la guerra diventò battaglia politica. Ma questo era prima di Mitch. Sì, perché Mitch non ha solo distrutto un terzo del paese, minato la base produttiva del nord ovest, provocato danni per milioni di dollari. Mitch ha riportato in vita rancori mai assopiti, facendo riaffiorare guerre mai finite. Nella Pompei del Nicaragua Da Estelì, nodo importante del commercio del caffè, sono stati lanciati messaggi disperati perché non c?è cibo, la gente muore di fame e non arrivano soccorsi. Eppure abbiamo visto in tv gli ex rivoluzionari sandinisti tirare fuori le vecchie mimetiche per abbracciare bambini scalzi, nei luoghi del disastro, riportando in vita l?uso disonesto della demagogia, e abbiamo anche visto il presidente del Nicaragua, esponente della destra radicale e nemico acerrimo dei sandinisti, utilizzare questa disgrazia per togliere potere ai municipi in mano agli avversari politici e darlo ai vescovi delle città. Li abbiamo visti parlare a sproposito mentre il paese affonda, mentre la popolazione, ancora una volta terrorizzata, affamata, esausta, indignata da questo balletto macabro, è assistita solo dalla società civile: 900 fra associazioni, ong locali e internazionali, di cui 12 italiane, che lavorano giorno e notte, senza sosta. Sono quasi tutte concentrate a León, la capitale della tragedia, il capoluogo della regione più colpita, nell?ovest. Una bellissima cittadina che guarda sul mare, orgogliosa delle chiese spagnole, delle case di pietra che al tramonto diventano rosa, degli indigeni Subtiava. Circondata da campi dorati, piantagioni di cotone, sorgo, mais, banane, che oggi non ci sono più. E chissà quando ci saranno ancora. A poca distanza c?è Posoltega, la Pompei nicaraguense di quest?autunno ?98 ribattezzata cimitero nazionale, dove interi municipi sono stati seppelliti dalla frana del vulcano Casitas, spaccatosi in due come un sacchetto di plastica vomitando fango. Qui i volontari lavorano come pazzi per portare alimenti e medicine. Camminano su assi traballanti sopra laghi di melma pieni di cadaveri, e allo stesso tempo già programmano la ricostruzione, perché sanno che se non ci sarà una nuova semina, dopo Mitch,l?appuntamento sarà con la carestia. Volontari che conoscono questo paese da cima a fondo e puntano il dito contro un governo che ci ha messo tre giorni per dichiarare lo stato di emergenza solo perché aveva paura di far scappare gli investitori internazionali. Volontari italiani in prima linea Volontari come Pierangelo Rocchi dell?ong veronese Mlal, che ci dice via satellite: «L?esercito nicaraguense era preparato ad affrontare l?uragano, il mese scorso sono state fatte due simulazioni nella capitale, ma quando Mitch è arrivato il presidente non ha voluto allertarlo. Molti dei corpi che oggi stiamo bruciando per impedire che il colera dilaghi, potrebbero essere vivi. Per fortuna a León da anni lavora una rete di associazioni e organizzazioni locali che conta su migliaia di volontari. Così, istituito il comitato di emergenza, è stato facile organizzarci. Mi ha colpito la solidarietà dei nicaraguensi, persone che hanno perso tutto si fanno in quattro per aiutare chi è rimasto isolato. È qualcosa che punta dritto al cuore. Come il sindaco di Posoltega, Felicita Zeledon, che ha visto il fango portarle via figli e marito e un?ora dopo stava già cercando delle funi per raggiungere le persone appollaiate sul tetto. Da giorni cammina con il fango nella bocca, senza sosta. Nessuna guerra ha fatti i danni di Mitch. Ci sono comunità, come quelle indigene sull?Atlantico, non ancora raggiunte a due settimane dal disastro. Dagli elicotteri (ma sapete che la dotazione del Paese è di soli 5 elicotteri?) si vedono laghi dove una volta c?erano villaggi, ma nessuno sa dove siano finiti gli abitanti». La costa atlantica, periferia della periferia, ha combattuto contro gli spagnoli e i suoi discendenti di qualsiasi colore, sandinisti, somozisti o liberali. Ora qui sono appollaiati sugli alberi, scrutando il cielo. Un?altra zona di Nicaragua irriconoscibile. Enrico Garbellini, dell?ong toscana Cospe, spiega: «Non bisogna perdere la calma, o è la fine. Stiamo tracciando una mappa dei danni, individuando dove c?erano piantagioni, microimprese, ccoperative agricole. E mentre altri bruciano i cadaveri noi dobbiamo avanzare con la ricostruzione. Se non seminiamo verrà la carestia. Prima di Mitch c?era un 60% di disoccupati a causa delle riforme imposte per soddisfare il Fondo monetario. Cosa succederà dopo Mitch, se non ci diamo da fare? Il paese potrebbe sprofondare del tutto. Bisogna seminare fra i cadaveri, non abbiamo scelta».

L’ Italia in campo con aiuti e tv

L?Italia si muove per venire in soccorso delle popolazioni colpite da Mitch. Oltre alle associazioni e alle ong (di cui trovate un elenco completo a pagina 25, con indirizzi e telefoni), anche il ministero della Solidarietà ha organizzato un tavolo per il sostegno a distanza delle migliaia di bambini vittime dell?uragano. «È un modo per reagire al silenzio calato su una tragedia immane», ha dichiarato la ministra Turco. Per l?iniziativa sono già stati stanziati 15 miliardi. Le associazioni che volessero dare il loro contributo di partecipazione al tavolo ministeriale possono chiamare lo 06/481611. Sempre a Mitch e ai mutamenti del clima sarà dedicata poi la prima puntata di ?Racconti di vita?, la trasmissione di Giovanni Anversa che riprende anche quest?anno per raccontare la società italiana, i suoi protagonisti e i problemi. L?appuntamento è per sabato 14 novembre alle 16.30 su Rai Due.


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