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Anche dio è immigratobBentornato in europa

Monoteismi in dialogo Ahmad Gianpiero Vincenzo, musulmano convertito e tollerante

di Redazione

«Lo ha detto il cardinal Tauran: grazie ai nuovi arrivati il fattore religioso è tornato ad essere un fattore socialmente decisivo». Parla uno dei “saggi” musulmani che ha partecipato al summit voluto da Benedetto XVI in Vaticano. «Il 2009 sarà l’anno della svolta nel dialogo interreligioso»
D ella sua vita personale, Ahmad Gianpiero Vincenzo non parla volentieri. Se gli chiedi del suo percorso, menziona un viaggio compiuto a 18 anni. Un giro del Mediterraneo. Un «vero choc», lo definisce oggi: «Vedere che ci sono altri popoli, altri modi di pregare, che ci sono chiese a Istanbul, sinagoghe a Gerusalemme, che i musulmani pregano venerdì a mezzogiorno, che il venerdì sera gli ebrei fanno lo sabbat, che il giorno dopo i cristiani si preparano alla domenica. Se non ci fosse lo spirito di Dio queste cose non avrebbero senso e non si sarebbero potute perpetrare nei secoli». Lui, che è nato a Napoli, in quel viaggio ha scoperto quanto la religiosità popolare dei Quartieri spagnoli somigli a quella delle piccole moschee del Cairo, e ha maturato la riservatezza attuale: «Nella vita ciascuno acquista vari strati, come una cipolla e che alla fine sia rossa o bianca non ha molto senso: quel che veramente conta è il vuoto al centro, che è lo spirito di Dio». Una sintesi coerente con il suo impegno per il dialogo interreligioso (ha partecipato al Forum cattolico-islamico svoltosi a Roma nel novembre scorso). «Come ha detto il cardinale Jean-Louis Tauran, nel dialogo ci sono rischi ma anche benefici. E la grazia che c’è nel dialogo supera le difficoltà».

Vita: Il dialogo deve essere concreto?
Ahmad Gianpiero Vincenzo: Il fatto che in Europa e in Italia la presenza islamica non sia più secondaria fa sì che non sia più una questione solamente teorica, ma ha riflessi effettivi sulla vita delle due comunità. Prima si poteva immaginare l’Europa cristiana da una parte e l’Oriente musulmano dall’altra. In realtà non è mai stato così. Adesso si sta ricomponendo un orizzonte più normale.
Vita: In che senso?
Vincenzo: Oggi la percezione è che si stia alterando un mondo e l’arrivo degli immigrati cambi la struttura sociale che non è più quella che le persone immaginavano fosse. Si sta venendo a sanare un vizio della storia: il nostro non è mai stato un mondo monolitico. Quando dopo il 1492 gli ebrei furono espulsi dalla Spagna, si è lanciata l’idea del nazionalismo etnico, associato all’idea della «limpieza de sangre», ed è nata questa finzione di una società omogenea. Dico finzione perché nemmeno per gli spagnoli valeva la «limpieza de sangre». Nei secoli il nazionalismo ha cercato di portare fino alle estreme conseguenze questo concetto di purezza etnico-razziale-religiosa. Il ghetto per gli ebrei era un modo per render invisibili alcuni uomini: una società poteva fittiziamente reputarsi omogenea proprio perché c’erano i ghetti.
Vita: Si torna alla normalità?
Vincenzo: Cioè all’idea di una società composita, multiconfessionale: ebrei, cristiani e musulmani sono sempre esistiti insieme. Penso a Gerusalemme, che è il simbolo della nostra civiltà e punto di riferimento se parliamo di dialogo interreligioso. Noi crediamo che un ebreo, un musulmano, un cristiano possa compiere solitariamente, nell’ambito della sua comunità, il suo percorso. Invece se veramente capissimo Gerusalemme comprenderemmo che siamo veramente ebrei, cristiani e musulmani se siamo con gli altri.
Vita: Luogo simbolico ma quanto sofferto?
Vincenzo: Molti in Europa si rifiutano di credere che esista questo multiconfessionalismo. Ma Gerusalemme è stata una città pacifica fino all’inizio del XX secolo. Solo dopo è entrata in crisi ma politicamente, non religiosamente: le tre religioni e le decine di confessioni ad esse collegate hanno sempre vissuto in pace, con grande rispetto. Per questo ora parlo di tornare alla normalità.
Vita: E dunque al dialogo.
Vincenzo: Gli incontri fra ebrei, cristiani e musulmani non sono di oggi e neanche di ieri. Oggi però il dialogo è ancor più necessario per superare pregiudizi enormi. Purtroppo l’idea che la società debba essere tutta cristiana o tutta islamica porta anche a uno sbilanciamento teologico. Minoritaria e popolare, c’è sempre stata l’idea che una religione sia meglio dell’altra. In realtà a livello teologico ci si è sempre confrontati sul fatto che sono tre grandi tradizioni legate da una spiritualità forte. Che Dio sia meglio di tutti è l’unica cosa veramente certa. Dio trascende talmente l’umana misura che è inutile che noi si stia a pensare quanto un cristiano sia meglio di un musulmano o un ebreo sia meglio di un cattolico.
Vita: Tale sbilanciamento trova una chiave politica?
Vincenzo: Il dialogo interreligioso è chiamato, appunto, a ripulire la società da quei pregiudizi che sono ostacolo alla normale vita civile. Il fatto di credere che tutte le moschee siano covi di terroristi vuol dire non pensare che la religione sia un percorso che porta gli uomini ad avvicinarsi a Dio.
Vita: La politica strumentalizza la religione?
Vincenzo: Questa è la radice del fondamentalismo, che è il problema delle società contemporanee, accanto al secolarismo. Il fondamentalismo tenta di recuperare una tradizione religiosa attraverso la politica, arrivando a una teologia in forma di supremazia di un gruppo o di una religione. I fondamentalisti islamisti predicano che l’Islam non ha più cinque pilastri ma sei aggiungendo jihad intesa come guerra (anche se vuol dire «sforzo spirituale»). È paradossale e contraddittorio: Islam significa «pacificare», musulmano è «l’uomo pacificato». Di una pace, per usare le parole di Gesù, che «non è di questo mondo».
Vita: Molti ecclesiastici affermano che si deve insegnare la religione islamica ai bambini che lo chiedono.
Vincenzo: Il nostro sistema scolastico purtroppo ha espunto lo studio della religione. E quando c’è, l’insegnamento di storia delle religioni, a livello universitario, è fatto in maniera laicista. Serve un approccio più approfondito, magari con il contributo di persone delle diverse confessioni. Certo occorre affidarsi a realtà conosciute, come la Moschea di Roma, il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, la comunità ebraica. Non possiamo certo affidarci ai fondamentalisti. Penso anche a corsi di aggiornamento dei docenti di religione: sarebbero felici di un arricchimento culturale che consentirebbe poi un approccio diverso alla società multiconfessionale.
Vita: Poi ci sono i luoghi di culto…
Vincenzo: L’ideale sarebbe avere una moschea principale in ogni regione, significativa dal punto di vista dell’istruzione, dell’educazione religiosa, dei consigli ai fedeli; e poi una serie di moschee minori, dove si potrebbe cominciare semplicemente con la preghiera, che è anche l’atto fondamentale. Senza avere la pretesa di fare anche le altre cose, come ad esempio celebrare i matrimoni.
Vita: Servono nuove leggi?
Vincenzo: Abbiamo un’ottima Costituzione. L’articolo 8 prevede che le confessioni religiose possono sottoscrivere un’intesa con lo Stato. Un elemento di grandissima civiltà.
Vita: Sarebbe un passaggio importante?
Vincenzo: Un’intesa con lo Stato permetterebbe alla comunità islamica una organizzazione anche territoriale. Non ci sono mezzi per avere una struttura. Fino a oggi la comunità islamica è stata aiutata dall’esterno. Benvenuti i benefattori, ma sarebbe meglio avere un rapporto coerente con il nostro governo.
Vita: Nella moschea di quartiere c’è il tema della normalità?
Vincenzo: Oggi c’è la paura che le moschee siano centri di attività sovversiva. È ovvio che questo non è vero nella maggior parte dei casi. Se ci fosse un minimo di organizzazione, attraverso un accordo con lo Stato, ci sarebbero garanzie maggiori. Maroni dice: «La comunità islamica deve fare di più». Noi siamo disposti a fare di più. Ma con che mezzi? La grande moschea di Roma non ha soldi per pagare il riscaldamento. Preghiamo al freddo.
Vita: Non avete sovvenzioni?
Vincenzo: Di nessun tipo. Per di più le persone che raccomandano un maggior apporto islamico sono le stesse che non vogliono dare un euro. Noi come associazione di intellettuali musulmani siamo pronti ad aprire un centro di formazione di imam in Italia. Anche l’università ha bisogno di soldi, però…
Vita: Si arriverebbe così alla predica in italiano?
Vincenzo: Secondo la dottrina islamica, a parte la preghiera, che va fatta nella lingua sacra, la predica può tranquillamente essere fatta nell’idioma compreso dalla maggior parte delle persone. Tanto è vero che in Turchia si fa in turco. È ovvio che fintanto che la moschea di Roma ha un imam mandato dall’Egitto, che non parla italiano, la predica si farà in arabo. Grazie a Dio che abbiamo un imam e che ce lo pagano loro…
Vita: Senza luoghi di culto si prega dove capita?
Vincenzo: Come italiano sono mortificato. Non vado in viale Jenner perché non condivido la conduzione. Ma mi capita di andare in Piazza Mercato per una preghiera costretta in una situazione di assoluta mancanza di dignità.
Vita: Un altro passaggio anche simbolico?
Vincenzo: Il fatto che nessuna istituzione italiana si scandalizzi di vedere le persone costrette a pregare – e pregano Dio! – in condizioni così inappropriate, è un segno di mancanza di sensibilità. Ma potremmo fare lo stesso discorso per i cimiteri. E sì che basterebbe si dotassero di un piccolo spazio dove le tombe siano orientate verso la Mecca.
Vita: Tauran ha detto che grazie agli islamici si è restituita a Dio la sua centralità…
Vincenzo: Noi stessi non ce ne eravamo accorti. Grazie alle sue parole, abbiamo compreso che la semplicità di una fede ha riportato in Europa la centralità del sentimento religioso.
Vita: Quale il contributo della società?
Vincenzo: Manca la voce dei moderati. La società civile che senz’altro è più sensibile a temi autenticamente religiosi – non a un Gesù che somiglia a un dio Po – non si esprime. La politica purtroppo si muove cercando di intercettare gli umori ma in questo momento non è in grado di essere all’avanguardia. È evidente che il dialogo interreligioso sta scuotendo il cattolicesimo italiano. È importante che si sia trovato nel cardinale Tauran un punto di riferimento evidente – i suoi ultimi discorsi sono quanto di più illuminato in questo ambito – ma alla fine siamo noi italiani che determiniamo la natura della nostra nazione.
Vita: Che anno sarà il 2009?
Vincenzo: Sarà l’anno della svolta per quanto riguarda il dialogo interreligioso. La crisi, che prima che economica è soprattutto morale, sarà l’occasione per riproporre le tematiche fondanti della società umana. Che troppo spesso vengono dimenticate. Benvenuto il Vangelo. Benvenuto l’Islam autentico della solidarietà, della misericordia. Per un musulmano togliere un sasso che può creare un ostacolo a qualsiasi uomo sulla terra è un atto benemerito agli occhi di Dio. Se uno non si ricorda di questo, non è musulmano.

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