Cultura

Caracciolo, editore vero e maestro

È morto ieri a 83 anni. Vita, l'ultimo suo interesse editoriale: era entrato nella compagine azionaria del nostro giornale nel 2007

di Riccardo Bonacina

Carlo Caracciolo, è morto ieri a 83 anni nella sua casa a Trastevere a Roma. Caracciolo  era nato a Firenze il 23 ottobre 1925. Appartenente alla nobile famiglia dei Principi di Castagneto e Duchi di Melito, Caracciolo è stato l’ultimo editore “puro” di questo Paese. Presidente del Gruppo L’Espresso, con Eugenio Scalfari nel 1976 fondò La Repubblica.

La sua fu una vicenda che iniziò con un atto di generosità di Adriano Olivetti conquistato da quel giovane nobile che vendeva pubblicità per un settimanale nato da poco, L’Espresso: era il 1956 quando Adriano Olivetti gli cedette a titolo gratuito le azioni dell’Espresso all’appena trentenne Caracciolo, fino a quel momento coinvolto solo nella gestione pubblicitaria della rivista. Il principe divenne così azionista di maggioranza della società e più di vent’anni dopo, insieme all’amico Eugenio Scalfari, diede forma e sostanza al progetto di un nuovo quotidiano: La Repubblica.

Il nostro rapporto con Carlo Caracciolo data dalla fine del 2006. Editore vero, intelligente, coraggioso, e innovativo, rimase colpito dalla nostra esperienza di piccoli editori indipendenti che riuscivano a vivere di solo “mercato”, senza contributi pubblici e senza padroni. «Significa che la vostra esperienza informativa è credibile e che c’è un pubblico che la vuole, oltre che degli inserzionisti che capiscono l’utilità di apparire sulle vostre pagine e sui vostri mezzi», ci disse. Soprattutto Caracciolo era colpito dalla vastità e dalla capacità di generare fatti nuovi ed essenziali alla vita del Paese del mondo che raccontavamo. Nelle cene nella sua casa davanti all’isola tiberina, voleva sapere di più, ci faceva domande, si stupiva come un giovane.  Già, perchè il cuore e la testa di Carlo Caracciolo erano quelle di un giovane, accanto alla sua poltrona una montagna di prodotti editoriali, tutte le novità, le poche italiane e quelle dall’estero. Lettore curioso e attento, oggi possiamo dirlo, voleva che il Gruppo Espresso entrasse in Società editoriale Vita e in tal senso si mosse organizzando incontri e analisi di fattibilità. La nostra esperienza gli era parsa un obiettivo fatto di novità in un panorama editoriale che cominciava ad arrancare e il cui business model stava entrando in crisi profonda. Ma la sua storia come presidente del Gruppo stava arrivando alla fine e non riuscì a convincere tutti. Il Gruppo Espresso era interessato solo ad una partecipazione di maggioranza, noi eravamo contrari sapendo che l’indipendenza è un valore fondante la nostra vicenda editoriale. Così nell’aprile 2007, Caracciolo, si risolse ad una scelta personale, decise di entrare come persona nel nostro azionariato che del resto è fatto di persone e organizzazioni non profit.

Giovedì 19 Aprile 2007 le agenzie di stampa battevano la notizia di quella che rimarrà come la sua ultima iniziativa editoriale. “Carlo Caracciolo, fondatore de L’Espresso nel 1956 e poi di La Repubblica nel 1976, fa ancora shopping nell’editoria dopo l’acquisto di una quota del 30% del quotdiano francese Libération a gennaio; questa volta il Principe è interessato al non profit, per il presidente onorario dell’Editoriale L’Espresso è  entrato con il 6 per cento nella Società editoriale Vita che da 12 anni pubblica il settimanale del non profit Vita. “Credo – recita un comunicato di Carlo Caracciolo – che la progressiva globalizzazione e la crescente esasperazione dei conflitti mondiali richieda una maggior presenza attiva delle organizzazioni non profit della società civile, in Italia e altrove. Questo è il senso che vorrei dare alla mia partecipazione a Vita“.

Il 21 aprile scrissi questo editoriale che oggi, in un momento per noi di grande tristezza, voglio riproporvi: 

«Questa settimana vogliamo dar conto di una bella notizia non solo per Vita, ma per tutto il non profit italiano. Lassemblea degli azionisti di Vita, la public company della società civile e del non profit italiano (una spa senza scopo di lucro è controllata per il 54,83% da organizzazioni non profit, tra cui Fondazione Vita, il Consorzio di cooperative sociali Cgm, Arci, Acli, Focsiv, Cesvi, Telefono Azzurro, Lega del Filo doro, e altri) ha, infatti, deliberato un aumento di capitale interamente riservato a Carlo Caracciolo, presidente onorario del Gruppo Editoriale LEspresso, che così diventa socio con la sottoscrizione di una quota del 6% delle azioni della nostra società editoriale. 82 anni, ma con lo spirito di iniziativa e di indipendenza di un ventenne, Carlo Caracciolo è luomo che ha attraversato cinquantanni di editoria cercando di tenere sempre viva la vocazione prima di ogni vero editore: quella di essere al servizio dei lettori e della società civile. La faccia da Samuel Beckett e una vita da film: cresciuto tra lambasciata italiana ad Istanbul e e la casa di Careggi, partigiano nella Val dOssola, condannato a morte, è insieme fiorentino, americano e napoletano. Grande animatore di idee, di incontri e di uomini, ha una straordinaria capacità di fare impresa editoriale. La sua lunga e fortunata avventura (Un editore fortunato, si intitola così sua autobiografia) dentro leditoria comincia il 2 ottobre 1955 quando nasce LEspresso. Così Caracciolo ha raccontato i suoi inizi: «Nellestate del 1955, non avevo ancora trentanni, il mitico Adriano Olivetti decise di fondare un settimanale. Cesare Musatti (che ad Ivrea fondò il primo centro di psicologia del lavoro) mi propose di collaborare alliniziativa. Gli obiettai: Ma io non ho una lira. Replica rassicurante: I soldi li mette lingegner Adriano Olivetti. Per la tua quota, ti farò un prestito. Così partimmo. Dopo poco più di un anno, Olivetti mi convoca per comunicarmi la sua determinazione di disfarsi del settimanale e mi regalò le azioni perché continuassi io».

La scelta delluomo che ha inventato LEspresso, La Repubblica e che ha poi vivificato la rete di giornali locali (riconoscendo con grande intelligenza la vitalità e l’importanza dei territori), di diventare nostro compagno di cammino è una scelta che ovviamente ci onora. Non solo perché Caracciolo incarna, anche biograficamente, unavventura editoriale pura, coerente e di successo, ma anche perché la sua scelta sviluppa una volta di più quel fil rouge che dal momento della nascita de LEspresso ad oggi, ha tenuto sempre vivo: la necessità, cioè, che il fare industria e politica non sia mai disgiunto dal fare società. Da questo punto di vista è ancora grande e viva la lezione di Adriano Olivetti con cui Caracciolo ha avuto modo di lavorare e collaborare (non a caso abbiamo voluto chiamare il nostro mensile Communitas, provando a far risuonare nei nostri anni quella sacrosanta insistenza sul termine comunità di Olivetti). Perciò la scelta di Caracciolo è oggi anche un segnale culturale e politico di attenzione e di fiducia verso quella parte di Paese che non se ne sta nei talk show a litigare ma che prova a dare risposte ai bisogni sociali innovando servizi e welfare, affinché cresca in forza ed efficacia. A partire da chi ha il compito di darle voce!».

 

 

 

 


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