Sostenibilità

Antibiotici, gli italianibgiocanobtroppo al dottore

farmaci

di Redazione

Sempre più spesso si ricorre a terapie «fai da te», tralasciando
il canale più importante di informazione, cioè il medico curante. Creando danni e facendo spendere di più il sistema sanitario di Rossella Miracapillo*
P erché è importante parlare ai cittadini di farmaci, e in particolare, di antibiotici? Perché da alcuni anni è cambiato il loro atteggiamento nei confronti del farmaco e della prescrizione. Per la diagnosi e la cura delle malattie si è passati da una posizione di delega totale al dottore a una sorta di presunzione del sapere medico da parte del paziente, spesso basata su falsi fondamenti.
Indipendentemente dal livello di istruzione, diverse ricerche hanno dimostrato che il cittadino tende ad appropriarsi del maggior numero di informazioni possibili sulla salute e sui farmaci e di utilizzarle per la propria cura.
Ma mentre l’informazione al medico è diretta (industria, ministero della Salute, Aifa), quella che arriva al cittadino passa attraverso i media che dedicano sempre più spazio alla salute. Il problema è che in questo modo vengono veicolate informazioni non sempre valide dal punto di vista scientifico.
Un sondaggio del Censis di qualche anno fa evidenziava che il 60% degli intervistati apprendeva le informazioni sui farmaci e sulla salute dal medico, il restante 40% dichiarava di apprenderle da trasmissioni televisive, giornali, Internet, amici e parenti e dal farmacista.

Armadietti pieni
Da una serie di sondaggi effettuati dal Movimento Consumatori è emerso che il rapporto degli italiani con i farmaci è davvero molto disinvolto perché ritengono di saperne abbastanza, spesso in virtù di informazioni televisive; non conoscono in realtà la differenza tra farmaci con obbligo o non di ricetta medica; accedono a farmaci che richiederebbero la ricetta medica, anche senza, spesso con la complicità di farmacisti compiacenti; non conoscono la necessità dell’adesione alla posologia e alla durata della terapia, tant’è che dichiarano di modificare la terapia prescritta. Ciò spiegherebbe perché avanzano troppi farmaci negli armadietti. Spesso si pensa che dipenda dal sovradimensionamento delle confezioni rispetto alle terapie. Questo può essere vero per gli antifiammatori, non per gli antibiotici: nel caso di terapie orali il numero di compresse è sempre adeguato alla durata della terapia. Mentre nella terapia iniettabile, il medico prescrive un numero di fiale singole, adattando il numero di farmaci prescritti monodose alla durata in termini di giorni della terapia. Quando avanzano compresse o fiale, dipende da una sospensione della terapia al primo segno di miglioramento, per l’errata convinzione che meno farmaci si assumono, meglio è. I dati presentati in occasione della campagna sull’uso corretto degli antibiotici da parte dell’Aifa, dell’Istituto superiore di sanità e del Welfare fanno riflettere specialmente per ciò che riguarda le aree geografiche coinvolte (al Sud si fa una vera e propria incetta di antibiotici) e le fasce di età che sbagliano maggiormente nell’assunzione: quella pediatrica e quella degli anziani.
È emerso inoltre che una certa facilità di prescrizione da parte dei medici può dipendere da un desiderio di difendere maggiormente il paziente, ma anche da una sorta di condizionamento psicologico da parte degli assistiti.
Ecco perché è necessario responsabilizzare sempre più medici e farmacisti, ma anche strutturare una comunicazione più costante e diretta ai cittadini sul corretto utilizzo dei farmaci, sull’automedicazione responsabile, su una corretta compliance, sui rischi di uso improprio di alcuni medicinali, tra cui gli antibiotici, e sull’adozione di stili di vita finalizzati alla prevenzione, ma anche all’assecondamento della malattia come evento talvolta inevitabile della vita.
Un’informazione corretta fa bene alla collettività sia in termini di guadagno di salute, sia in termini di razionalizzazione della spesa sanitaria. Ben vengano quindi le campagne come «Antibiotici sì, ma con cautela» che prevedono una comunicazione diretta con un linguaggio semplice e chiaro. L’invito alla realizzazione di iniziative simili lo estendiamo a tutte le istituzioni sperando che vengano programmate con continuità e che non restino degli spot saltuari.


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