Economia

Non profit, impara a stare al tavolo

Primi effetti della legge quadro sull’assistenza: enti locali e Terzo settore concertano gli interventi sociali.

di Francesco Agresti

Individuare con gli enti locali i bisogni dei cittadini e definire le migliori politiche sociali per soddisfarli. La legge 328 del 2000, facendo leva sul principio della sussidiarietà, ha dettato norme che impongono alle amministrazioni di concertare, insieme alle organizzazioni del privato sociale, i Piani di zona, programmi di intervento sul territorio per definire un sistema integrato di interventi sociali. Progettazione sociale La progettazione dei servizi è stata una prova d?esame per il non profit dagli esiti diversi che in molti casi ha scontato da un lato, l?inadeguatezza culturale delle amministrazioni locali, dall?altro, l?impreparazione delle stesse organizzazioni. «Al tavolo di coordinamento non si va per prendere ma per dare», dice Johnny Dotti, presidente di Cgm, nell?intervista che segue. Eppure, nonostante le raccomandazioni delle centrali cooperative e delle principali organizzazioni di riferimento del Terzo settore, non sono mancati casi in cui la presenza ai tavoli è stata intesa come opportunità per ?spartirsi la torta? e non per rappresentare i bisogni della collettività. «In alcune zone, soprattutto del Meridione, è mancata un?azione comune del Terzo settore», racconta Michele Finizio, di Federsolidarietà Basilicata e vicepresidente di Cgm, autore del saggio sul tema (vedi box) pubblicato dall?Anci. «Le organizzazioni si sono scoperte impreparate ad affrontare concertazioni su temi di interesse generale. In certe realtà del Mezzogiorno c?è una forte propensione all?autoreferenzialità, partecipare a un tavolo di concertazione dei servizi sociali di un territorio non significa collezionare attività e servizi ma creare connessioni tra servizi, territorio e attori. È indispensabile che anche nei comuni più piccoli le organizzazioni del privato sociale abbiano come orientamento di fondo delle loro azioni l?interesse generale, indispensabile per promuovere la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica. La carenza nello sviluppo sia economico sia sociale di alcune realtà», prosegue Finizio, «è dovuta anche all?incapacità dell?opinione pubblica di affrontare con spirito critico e attivo le questioni delle proprie comunità». Secondo Finizio, «i servizi sociali devono essere intesi non come finalità ma come leva strategica per contribuire a costruire spazi concreti di partecipazione attiva dei cittadini soprattutto di quelli più svantaggiati». Senza voler riproporre il vecchio dualismo Nord-Sud, che in questo caso sarebbe del tutto fuori luogo, continua Finizio. «Anche nel Mezzogiorno, infatti, ci sono esperienze di assoluto rilievo, e in alcune regioni si è riusciti ad arginare il pericolo di veder scarsamente rappresentati bisogni della società civile e sono stati progettati e attuati Piani di zona cogliendo a pieno lo spirito della legge». «In Veneto», racconta Ugo Campanaro, presidente del consorzio Veneto Insieme di Padova, aderente a Federsolidarietà, «prima della 328 c?era già una legge regionale che prevedeva la progettazione di Piani di zona. Ci siamo attivati anche con le altre centrali e con il Forum del Terzo settore non solo per partecipare ma anche per veder riconosciuto il ruolo centrale del non profit. Per quel che ne so, in Veneto non si sono verificati eccessi di autoreferenzialità e comunque, qualora ci fossero stati, sarebbe stato commesso un grave errore. Ai tavoli di coordinamento si va per rappresentare i bisogni della collettività, non è certo quello il posto per portare a casa il lavoro». I limiti della legge Se proprio tutto non è andato per il meglio lo si deve in parte anche alla portata innovativa della legge che ha chiamato il pubblico e il privato sociale a svolgere un?attività in cui raramente erano stati impegnati prima. «Il processo innescato dalla legge 328», ricorda Giovanni Teneggi, responsabile dell?Unione provinciale di Reggio Emilia di Federsolidarietà, «è di una tale innovatività che ha permesso di constatare il livello di maturità raggiunto. Probabilmente ci siamo scoperti tutti, sia il pubblico che il privato sociale, impreparati sui modelli di Welfare municipali dove si è chiamati a coprogettare e dove è richiesto, in diverse forme e misure, il coinvolgimento degli utenti». «Su un punto però siamo stati chiari», prosegue Teneggi, «i tavoli di coordinamento non sono i luoghi dove si distribuiscono le risorse o si scelgono i soggetti gestori. Si va perché prima che essere impresa si è parte importante di una comunità». Il voucher rivoluziona l?assistenza sociale Una delle innovazioni desiderate dalla legge 328/2000 è che l?offerta dei servizi sociali risponda sempre più ai bisogni concreti dei cittadini. Tra gli strumenti che garantiscono una maggiore vicinanza tra l?erogatore e colui che manifesta il bisogno, c?è il voucher. Consente di passare da una logica di erogazione diretta a una logica di libertà di scelta attraverso l?individuazione del miglior fornitore, garantendo qualità e trasparenza. Il Ticket Service, realizzato da Gemeaz Cusin – Gruppo Accor, è un voucher che viene distribuito dall?ente erogatore di sussidi, nel quadro dei programmi di assistenza, alle persone che si trovano in situazione di disagio sanitario e sociale. Con i voucher, che coprono beni e servizi di prima necessità (cibo, trasporti, farmaci, vestiario), gli assistiti possono accedere a una rete di punti di servizio preventivamente selezionati e accreditati dall?ente stesso. Il libro Vademecum per l?amministratore locale che voglia capire la 328/00. Michele Finizio, sociologo e cooperante, lo ha raccolto in un libro pubblicato dall?Anci lucana: Servizio sociale e Welfare per lo sviluppo della Basilicata. Info: tel. 0971.37475 torna su


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA