Welfare
Social card, svolta vera
Il ministro spiega la filosofia che sta alla base della carta
di Redazione
Per la prima volta la politica individua un’area di povertà assoluta e lo fa con un approccio pragmatico. Può darsi che debbano essere affinate molte cose. Per questo chiedo l’aiuto delle associazioni L asciatemi fare alcune considerazioni sulla Social card, che a mio avviso introduce due elementi importanti: per la prima volta la politica pubblica in Italia si ingegna a individuare un’area della povertà assoluta e lo fa con un approccio pragmatico, sapendo bene quante sono le opacità nella nostra struttura dei redditi. Ci siamo focalizzati su minori e anziani in contesti familiari disagiati: un criterio opinabile, ma comunque un punto di partenza, che ha permesso di individuare oltre un milione di persone. Si comincia a individuare una platea e a lavorarci, poi man mano la si affina. Già per questa fase occorrono tanti intermediari e il mio appello si rivolge, per esempio, a chi gestisce le mense, un sensore straordinario di cosa sia la povertà assoluta nel Paese. Cercheremo di usare uno strumento che tuteli la dignità della persona. La carta è uno strumento molto neutrale, una carta di credito. Molti dei destinatari non la sanno usare perché non ne hanno mai avuta una, è vero, e anche in questo caso è importante il ruolo degli intermediari, ma rispetto allo strumento cartaceo è sicuramente molto meno identificabile.
La Social card è poi l’inizio di un’infrastruttura che rimane. Definita almeno inizialmente una platea, si crea un’infrastruttura che cominci a dialogare con questo bacino d’utenza: all’inizio il contenitore veicolerà 40 euro al mese, alcuni sconti, le tariffe sociali che diventano più agevoli da usare (l’Enel e tra poco anche il gas), e man mano si potrà utilizzare il contenitore per stabilire un contatto duraturo che supporti altri interventi. Magari si potranno creare condizioni tali per cui il fondo stabilito per coprire la Social card non sia finanziato esclusivamente da grandi donatori, ma inneschi una diffusa capacità di dono. È una strumentazione in partenza, che può essere definita infrastruttura perché è multiscopo ed è scalabile.
Può darsi che debbano essere affinate e corrette molte cose, d’altra parte è la prima misura sulla povertà, che non nasce per la crisi finanziaria di questo mese: la povertà c’era anche prima. Abbiamo bisogno di molti mediatori anche particolari, comunità, Caritas, San Vincenzo, Opera San Francesco, Sant’Egidio, Banco Alimentare. Questo è il senso del mio appello in questa sede. Poi si vedrà se occorrerà fare delle convenzioni esplicite, per ora vi chiedo di considerare con serietà uno strumento che dà ai poveri 480 euro l’anno cash e una serie di agevolazioni. Noi iniziamo il lavoro con molta umiltà, convinti che molte cose andranno perfezionate in corso d’opera, ma convinti che se riusciamo ad affinare bene il lavoro, si potranno moltiplicare le risorse che ci sono ora.
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