Mondo
Terrore in India, avvertimento a Obama
E' il momento delle prime analisi, per spiegare il massacro a Mumbai
Un avvertimento a Obama, un segnale della rabbia crescente in un Paese, come l’India, dalle fortissime diseguaglianze economiche e di appartenenza religiosa: oggi i giornali cercano commenti autorevoli, in Italia e all’estero, per spiegare la tremenda fiammata del terrorismo internazionale.
- E inoltre la rassegna stampa di oggi si occupa di:
- Obama
- Immigrati
- Crisi
- Scuola
- Israele-Vaticano
- Celentano
- Disabili
“La battaglia di Mumbai”: drammatica l’apertura di Repubblica, che del resto riflette la situazione. Sono almeno 125 i morti, 300 i feriti. Molta cronaca e tanti commenti (fra cui quello di Bernardo Valli, un titolo che dice tutto: “Quelle accuse al Pakistan”). La situazione è di attesa, con gli uomini e le donne catturati negli alberghi. Raimondo Buldrini, in “Incubo senza fine negli hotel di Mumbai”, descrive l’angoscia, i cartelli con scritto “save us”, salvateci, le testimonianze (molte convergono sulla giovane età dei terroristi). La cronaca è in parte superata dalla notte: gli italiani sono stati liberati. Meglio concentrarsi sullo scenario, con Carlo Bonini: “Tutti i sospetti sul Pakistan «Qualcuno non vuole la pace». Il cronista riferisce le posizioni dei diversi paesi. La rivendicazione dell’attentato è di uno sconosciuto gruppo: Mujaheddin del Deccan.
Secondo i servizi segreti inglesi responsabile sarebbe il gruppo Lashkar-e-Toiba, ovvero l’Esercito dei puri (che avrebbe una sponda logistica nella rete politico militare del radicalismo pakistano). L’ipotesi inglese è accreditata da Mosca. Secondo gli americani, invece, si deve guardare a un’altra organizzazione del firmamento radicale islamico: gli Indian Mujaheddin. Indiani, inglesi, americani e russi concordano sull’esclusione di un coinvolgimento diretto di Al Qaeda. In appoggio intervista a Peter Berger, ritenuti fra i massimi esperti Usa di terrorismo: “In stile Al Qaeda, cercano una guerra di religione”. La posizione dell’esperto è che la sigla della rivendicazione sia fasulla, mentre la matrice islamica è confermata. «Penso che a Mumbai come già in passato si siano mosse organizzazioni che praticano forme di terrorismo in outsourcing. Che di Al Qaeda richiamano il brand, condividono l’orizzonte ideale, ma non ne implicano il coinvolgimento diretto».
Fra i commenti Guido Rampoldi, “I mujahiddin ragazzini”: «La mistica dell’eroismo ha una sua presa, a quell’età. Ma perché dia luogo a una disponibilità ad ammazzare e a immolarsi, di solito occorre il sapente lavorio di un fabbricante di kamikaze. Nel genere i migliori operano nella terra di nessuno al confine tra Pakistan e Afghanistan». Preparare ragazzini kamikaze è faticoso ma ne vale la pena: è un invidiabile attestato di carisma e di potere, conclude.
In una doppia che offre un quadro della città di Mumbai, metropoli al centro di affari, cinema, vita sociale e vip, due interviste. La prima al direttore d’orchestra Zubin Metha (“Poverà città mia colpita al cuore”: l’hanno scelta «perché lì c’è tutto. C’è Bollywood, la capitale del cinema. E poi Mumbai è la capitale economica del Paese, paragonabile a New York con 18 milioni di abitanti») e allo scrittore Pankaj Mishra: “Mumbai saprà reagire purtroppo è abituata a essere nel mirino”: «Parliamo di un luogo straordinario, dove la resistenza e la forza morale vincono su tutto. Mi auguro che sarà così anche questa volta, come è successo in passato. Mumbai è già stata colpita e si è sempre rialzata». Dei problemi del paese dice: «Siamo un paese più ricco ma più ingiusto…. La comunità musulmana si sente discriminata nel suo stesso paese: dal potere giudiziario, da quello del governo, dalla polizia. E non è solo un problema di musulmani. C’è molta rabbia fra tutti quelli che sono esclusi dalla crescita».
“Battaglia per salvare gli ostaggi”- alla strage di Mumbai (almeno 125 vittime, un italiano morto e una bimba di 6 mesi fra gli ostaggi) il Corriere della Sera riserva gran parte della prima pagina e i servizi interni fino a pag 9. Franco Venturini firma l’editoriale (“Avvertimento al presidente”). Venturini lega insieme l’azione di guerra in India, l’autobomba nei pressi dell’ambasciata Usa di Kabul e le minacce di attentato contro la metropolitana di New York. «Episodi diversi. Ma un filo comune esiste, e si chiama Barack Obama..Obama ha promesso con grande enfasi, e ripetutamente, di catturare e uccidere quel Osama Bin Laden cui ormai pochi pensano. E soprattutto Obama rappresenta per qaedisti e affini un serio pericolo di perdita d’influenza in quel mondo arabo islamico le cui lotte interne tanta parte hanno nel terrorismo islamista». Alessandra Muglia intervista il Nobel Amartya Sen, che risponde da Boston: «Non credo alla rivendicazione di piccoli gruppi terroristici, non si può credere a un attentato concepito “in casa”…sono stati presi di mira americani, inglesi e la comunità ebraica: questo rivela una matrice globale, internazionale dell’attacco…il 17 dicembre tornerò in India…non credo nel rischio di nuovi attentati, perché saranno aumentati a dismisura i livelli di sicurezza, a scapito della libertà di movimento. Ecco quello che temo di più è che il mio paese diventi uno stato blindato». A pag 9 parla anche Andrea Riccardi della comunità di Sant’Egidio che riferito al grande risalto dato a questo attentato spiega: «I morti purtroppo non sono tutti uguali, ci identifichiamo di più con il connazionale a rischio perché proprio la globalizzazione ha scatenato nuovi giochi di identità. E poi ci angosciamo di più a vedere assediato quell’albergo dove magari siamo stati o dove volevamo andare a Natale, e ora ci tocca pure cambiare le vacanze, e scegliere la più sicura Sicilia».
«Dopo che la polvere si sarà posata e raccoglieremo tutti i corpi senza vita potremo cominciare a contare le cicatrici finanziarie e psicologiche. Che rimarranno per molto tempo», scrive Anidndita Segupta da Mumbai, in un pezzo di Guardian News che La Stampa di oggi pubblica in prima pagina. “Ora il pericolo è la vendetta indu” afferma la giornalista indiana, che sottolinea anche l’irresponsabilità dei media indiani nella copertura degli attentati: «L’aver mandato in onda senza la minima riflessione ogni possibile dettaglio del massacro ha probabilmente aiutato i terroristi più di ogni altra cosa». C’è poi il giallo del braccialetto indu, fotografato al polso di uno dei terroristi: sarebbe tipico fra i militanti estremisti hindu e sposterebbe l’attenzione degli investigatori dagli Jihadisti verso gruppi terroristici di matrice hindu. Ma sono tutte solo ipotesi. La polvere, come scrive Segupta è ancora troppo alta per capire. Il Pakistan intanto ha condannato gli attentati.
Sull’India il Sole 24 Ore punta decisamente all’approfondimento, e lo fa con due pagine interessanti. Si parte con un identikit di Mumbai, definita «cuore dell’odio religioso» per il fatto di essere tradizionalmente il bersaglio dei gruppi islamisti e la sede delle formazioni più integraliste hindu. C’è un tragico precedente: tra 1992 e 1993 estremisti hindu diedero alle fiamme una moschea (tra l’altro lontana 1200 km), scatenando la reazione dei musulmani e di lì una faida che fece 900 vittime. Non è da sottovalutare poi il fatto che si tratti della capitale economica del paese, in cui ricchezze sfacciate si mescolano ai problemi endemici di povertà e possono anche scatenare invidie e risentimenti soprattutto nel Pakistan economicamente allo stremo. Sul fronte rapporti col Pakistan, poi, un articolo titola non a caso «La pace con Islamabad si allontana di nuovo», dopo i passi in avanti fatti dal 2004 a oggi. Dalla prima, un editoriale di Ugo Tramballi punta il dito contro i servizi segreti e di sicurezza indiani: come è stato possibile non accorgersi prima di un’azione così complessa e clamorosa? E poi dà subito l’attenuante: il panorama socio-etnico-religioso dell’India è così complesso, la società così intrecciata e caotica che l’instabilità politica è una piaga difficile da estirprare. E la recente ricchezza non è sufficiente a dare una sensazione di forza.
Il Giornale dedica agli attentati indiani le prime 8 pagine. I commenti sono affidati a Paolo Guzzanti dalla prima e Fiamma Nirenstein all’interno. La tesi è la stessa: l’Occidente è troppo debole nella lotta al terrorismo. Guzzanti dice che “l’Occidente è di sua natura tollerante, polimorfo, multietnico, afflitto da sensi di colpa, pieno zeppo di moschee e cantieri di moschee, tenero con chi vuole applicare la sharia islamica anche in Europa, soddisfatto quando sente che Olanda, Danimarca, Svezia sono paesi che si stanno islamizzando». E invece dall’altra parte sono proprio gli occidentali a essere presi di mira: «ieri i turisti sono stati selezionati come pecore al macello». Quella che è in corso, secondo la Nirenstein «è una vera guerra del terrorismo contro tutto quello che viene ritenuto parte dell’egemonia occidentale, tutto ciò che appare un ostacolo sulla strada della vittoria della Jihad mondiale. (…) Siamo tutti nel loro mirino ed è vero oggi ciò che Bin Laden proclamò già nel 1998: una grande guerra contro i Coriciati e gli Ebrei. Da allora, siamo ancora sordi e ciechi».
“Fronte orientale” è questo il titolo del manifesto in prima pagina con un foto di morti e un richiamo ai servizi nelle pagine interne che sottolinea: “È una carneficina il bilancio dell’attacco terroristico a Mumbai: 125 morti, centinaia di feriti. Dopo 24 ore di guerra le forze speciali annientano gran parte del commando degli assalitori. Nella notte la battaglia finale. Incerta la natura del gruppo: i media e il governo indiano accusano il Pakistan e gli islamisti”. In prima pagina Tariq Ali scrive, nell’artico intitolato “Terrore globale” «Perché dovrebbe costituire una sorpresa l’eventualità che gli attentatori siano musulmani di nazionalità indiana? Non è un segreto che gli strati più poveri della comunità musulmana cova la rabbia contro la discriminazione sistematica e gli atti di violenza portati avanti nei loro confronti dei quali i pogrom anti-musulmano del 2002 a Gujarat è solo l’episodio più eclatante e più noto (…) Nulla può giustificare il terrorismo, ma questo stato di cose dovrebbe almeno spingere chi governa l’India a gettare lo sguardo sul proprio paese e sulle sue condizioni. Le disparità economiche si approfondiscono, l’idea che la crisi del capitalismo globale avrebbe spinto lo sviluppo indiano si dimostra una foglia di fico che nascondeva un nuovo sfruttamento. E ripiomba sull’India a colpi di mitra».
A pagina 3 l’inviata Marina Forti intervista lo scrittore Gerson Da Cunha che non parla mai di Mumbai, ma Bombay, il perché: «Il Shiv Sena ha cambiato nome alla città, nel 1996 per motivi puramente politici: era il modo più a buon mercato per catalizzare un po’ di “orgoglio mahrati”. Bombay rappresenta tutto ciò che di positivo è questa città, e Mombai tutto ciò che detesto».
Nel suo commento che inizia in prima pagina e prosegue a pagina 4 “È nostra la notte indiana”, Tommaso Di Francesco «Siamo di fronte alla prima azione terroristica internazionale dopo l’elezione di Barack Obama alla Casa Bianca (…). Ma è anche il primo attentato terroristico di valenza internazionale mentre fallisce il sistema finanziario neoliberista. Mumbai è uno dei cuori economici dell’Asia, snodo di interessi strategici di India e Cina (…)»
Al tema Avvenire dedica l’editoriale di Riccardo Redaelli “Feroce e simbolico messaggio dello jihadismo”, che – come intuibile dal titolo – spinge per la pista jihadista, più 5 pagine, richiamate in prima con: “Ecatombe a Mumbai”. Redaelli smentisce l’analisi pubblicata ieri che attribuiva la responsabilità degli attentati al delicato e precario equilibrio esistente fra i diversi gruppi religiosi: «Alta spettacolarità, notevole organizzazione, consueta ferocia nell’esecuzione. Tutto fa pensare che si tratti di un’operazione di matrice jihadista, non legata dunque alle tensioni locali fra le comunità etno-religiose indiane che in questi mesi hanno scosso tragicamente il paese”. Si è parlato di al-Qaeda quale mandante e ispiratrice. L’India è un bersaglio perfetto: è vicina e nemica storica del Pakistan; sostiene il governo antitalebano di Karzai in Afghanistan; è considerata una delle potenze che opprime i musulmani, soprattutto nel Kashmir; e, ciliegina sulla torta, ha recentemente firmato un accordo nucleare con gli Usa. Redaelli conclude dicendo: è necessario che la «comunità internazionale torni a prestare attenzione alle vicende dell’Asia centro-meridionale: servono meno enfasi sulla “guerra al terrore” e maggiori impegni concreti a difesa delle forze moderate e delle minoranze minacciate».
A pag. 3 “Minaccia globale. Un’azione senza precedenti per durata e impatto emotivo”. Secondo Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali, il terrorismo fa un salto di qualità: «Non è la prima volta che si colpiscono obiettivi di grandi dimensioni,…, ma è la prima volta che ci troviamo di fronte a un’azione condotta con una tale, straordinaria organizzazione militare. Impossibile prevenire un attentato di questo tipo». E l’analista di LiMes Francesca Marino, sottolineando che i terroristi hanno già raggiunto un record, cioè, la più lunga azione suicida mai condotta, osserva che gli ostaggi sono solo serviti ad amplificare l’impatto mediatico: nessuna richiesta di riscatto è infatti pervenuta. È comunque cauta nell’attribuire responsabilità: «L’individuazione della matrice è ancora ipotetica, anche se la pista del radicalismo musulmano è la più probabile». Si parla, in particolare, di un gruppo fantasma, creato probabilmente da Lashhkar-e-Toiba, una formazione nata negli anni 90 in Afghanistan e poi operativa sia in Pakistan sia in India, anche con l’aiuto dei Servizi segreti di Islamabad. Il magistrato Dambruoso, responsabile dell’ufficio per le attività internazionali del ministero di Giustizia avverte che l’allerta risalirà in tutti i paesi, Italia compresa. «È stata certamente un’azione di stile “qaedista”, ma che dietro vi sia Bin Laden è tutto da verificare».
E inoltre sui giornali di oggi:
Obama
Il Sole 24 Ore – In prima: «Gli errori dimenticati del team di Obama», prime bordate contro il presidente eletto. La squadra che Obama si è scelto è «esperta», ma con alcune zone d’ombra o addirittura, per la presenza certi personaggi, poco credibile. Il personaggio più controverso è il clintoniano Rubin, ex ministro del Tesoro e consigliere di Citigroup, salvata dal denaro pubblico. Non solo: ha idee superliberiste ed è accusato (dai detrattori, ovvio) di essere uno degli ideologi che ha creato la crisi attuale. E oggi è chiamato a risolverla. Ultima bordata: era grande amico di Greenspan e nel 1998 affossò un’iniziativa che avrebbe potuto far luce sui derivati. Altri due consiglieri di Obama molto discussi sono Lawrence Summers, che aprovò una misura che favorì la deregulation delle banche d’affari, e Timothy Geithner, fresco ex presidente della Fed di New York, e quindi teoricamente guardiano di Lehman Brothers. Che invece gli è crollata sotto il naso.
Immigrati
Corriere della Sera – Il focus di oggi dà i numeri del boom di imprese straniere che continuano a crescere, mentre le aziende italiane sono in grave crisi. Cinesi e marocchini i più intraprendenti. Il record di imprese dall’estero spetta alla Toscana. In Italia fra il 2006 e il 2007 le imprese tricolori sono diminuite di 29.970 unità, mentre quelle immigrate hanno fatot registrare un + 16.654
Repubblica – A pagina 25: “Bonus se te ne vai. 2000 euro agli stranieri dal comune leghista”. Riferisce Carlo Brambilla: l’assessore al Sociale della giunta di Spresiano, provincia di Treviso ha fatto questa pensata, ritenendo meno caro questo bonus che la presa in carica complessiva. Una provocazione la definisce l’assessore «che ho voluto lanciare affinché tutti capiscano la situazione in cui si trovano i comuni come il nostro, costretti a spendere un sacco di soldi per garantire i contributi e l’assistenza alle famiglie in difficoltà». In appoggio intervista a un imprenditore trevigiano: “In Germania con i turchi funzionò ma non può diventare un obbligo”. L’imprenditore è stato sindaco e parlamentare della lega, quindi non ritiene eretica la prosposta dell’assessore. «HO segnali non sporadici di persone che rimpatrierebbero volentieri… perché sono realiste: sono le prime a rendersi conto che la crisi in atto presenterà il conto ai più deboli, cioè a loro. Ed è meglio tornare a casa con un migliaio di euro in tasca che stare qui senza lavoro».
Il Giornale – I conti in tasca alla Regione Lombardia, accusata di spendere 42 milioni ogni anno per le cure sanitarie ai clandestini. Nel mirino del Giornale la legge del Governo Prodi che concede questo diritto senza l’obbligo di segnalazione. L’assessore Luciano Bresciani “si difende”: «Come assessore mi limito ad applicare la legge statale» e per fortuna ricorda che l’Oms «in questi casi prescrive l’assistenza».
Crisi
Avvenire – “Dicembre, la crisi gela i consumi. Ma non c’è il crollo” (pag. 8). L’associazione del commercio e dei servizi non è pessimista sull’andamento delle vendite natalizie. Unioncamere si aspetta, anche in seguito alle promozioni, una discesa del carovita al 3%. Ma gli industriali lanciano l’allarme: novembre produzione in calo del 5,3%.
Scuola
Il manifesto – Due pagine (8 – 9) con un richiamino in prima “Studenti medi in piazza e soldi alle private” sono dedicate al mondo della scuola con il titolo principale dedicato a “Per le private i soldi ci sono” «Mentre il governo taglia i finanziamenti alle scuole pubbliche, in Lombardia Formigoni stanzia sempre più soldi per quelle private e finanzia la costruzione degli istituti vicini a Cl. Anche per questo oggi l’Onda scende in piazza in tutte le città italiane e chiede, tra l’altro, più sicurezza nelle scuole. In ricordo di Vito, il ragazzo morto a Rivoli, e dei 27 «angeli» di San Giuliano di Puglia dove il manifesto torna sei anni dopo la tragedia». Lo spunto all’articolo sulla situazione lombarda un dossier presentato dal gruppo consiliare di Rifondazione al Pirellone nel quale si denuncia: «se si pensa che la Regione destina solo 8,5 milioni di euro al diritto allo studio, l’investimento pro capite per uno studente di scuola privata risulta di 707 euro, contro i nemmeno 8 per uno di una scuola pubblica». Sul fronte dell’edilizia scolastica viene denunciato che «negli ultimi due anni sono stati erogati circa 6 milioni di euro per 10 progetti, di cui uno soltanto per una scuola pubblica. E non finisce qui: nel 2008 tutti gli enti locali e le scuole pubbliche sono stati avvisati dall’assessore regionale all’istruzione che “data la ristrettezza dei fondi non era possibile finanziare progetti che implicassero nuove costruzioni”, ma “solo ristrutturazioni”. Con una eccezione» l’eccezione è un nuovo polo scolastico a Crema gestito «da fondazione Charis, vicina a Comunione e liberazione. Il fatto che l’assessore regionale sia di Cl, e abiti proprio vicino a Crema, è solo un caso ovviamente», conclude ironico Alessandro Braga. Sulle elezioni universitarie si sottolinea invece che La Sapienza di Frati «si sposta più a destra. Affluenza bassa e i collettivi denunciano brogli».
Avvenire – “Scuole e università verso la stretta finale”. Oggi il voto al senato sulla riforma degli atenei. Mentre al senato il decreto legge è approdato in aula per la discussione e il voto finale, alla Camera la commissione Istruzione ha dato il via libera al piano programmatico per l’attuazione delle norme introdotte dalla legge 133 (la manovra di agosto di Tremonti) e la 169 (la riforma Gelmini). Fra le novità introdotte in fase di discussione al Senato, il fatto che «per la prima volta», dice Gelmini, «le carriere dei docenti non saranno legate a scatti biennali automatici, ma al merito e alla ricerca effettivamente svolta». Sanzioni penalizzeranno gli atenei «spendaccioni» che non controllano la propria spesa e, contro l’insediamento dei baroni, verranno parzialmente modificate le modalità per la formazione delle commissioni d’esame nei concorsi per la cattedra. Oltre alle sanzioni (università col bilancio in rosso non possono procedere all’assunzione di nuovo personale), compaiono premi per gli atenei viortuosi, che potranno ricoprire il 50% dei posti vacanti, con il vincolo di destinare il 60% delle risorse all’assunzione di docenti giovani. Il decreto 180 prevede anche nuovi fondi per le borse di studio (135 milioni) e all’edilizia universitaria (65 milioni). Intanto però molte scuole paritarie sono alla bancarotta e rischiano la chiusura. E l’ipotesi di ristanziare i fondi tagliati come era stato detto? Per il momento, dicono loro, solo promesse.
Israele-Vaticano
La Stampa – Il Papa a maggio sarà in Terra Santa, riferisce oggi La Stampa che dedica ai rapporti fra Israele e Vaticano un’intera pagina. Le polemiche su Pio XII (il relatore della causa di beatificazione, padre Petere Gumpel aveva detto che la visita non ci sarebbe stata se il muse dello Yad Vashem non avesse rimosso la targa con l’accusa a papa Pacelli di indifferenza di fronte all’olocausto) non impediranno la visita del pontefice. L’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Mordechay Lewy dice che la visita non è «un normale incontro bilaterale» ma che «avrà una portata storica». Il pontefice tra l’altro incontrerà il nuovo governo (le elezioni in Israele sono a febbraio).
Celentano
Repubblica – R2 spettacoli: Carlin Petrini sul molleggiato. “Celentano. Io e Adriano guerrieri in musica per il bene del mondo”. Pezzo del fondatore di Slow food con molti virgolettati del cantante. Segnalano una sintonia piuttosto forte, ad esempio sui contadini: «La città mi fa arrabbiare sarebbe meglio tornare a fare i contadini, resta l’unica risorsa» dice Celentano che propone un nuovo cd con due inediti.
Disabili
Avvenire – Nell’inserto «è famiglia» a pag. 33, “Più bimbi down, in Gran Bretagna cresce l’accettazione”. Nel 2006 sono venuti al mondo 749 neonati con la sindrome e una ricerca della Down Syndrome Association mette in evidenza come aumenti il grado di accettazione nella società. I medici però restano scettici: il 92% di chi fa il test abortisce.
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