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Terrore in India, perché?

Angoscia planetaria dopo l'assalto terroristico a Mumbai

di Franco Bomprezzi

Il mondo si è svegliato con l’incubo del terrorismo, l’epicentro stavolta è in India, Mumbai. I giornali di oggi cercano non solo di raccontare la cronaca, che è in continua evoluzione, ma anche di fornire qualche elemento di analisi che ci aiuti a capire perché.

 

Il titolo d’apertura di Repubblica è dedicato al “Terrorismo, massacro in India”. Molto spazio alla cronaca dei fatti di Mumbai. Gli assalti, la selezione degli ostaggi, la stima dei morti (80, fra cui il capo dell’antiterrorismo) e dei feriti (circa 900). Riferisce Raimondo Buldrini che è a Mumbai; il primo attacco sul lungomare di Colaba al Leopold, poi alla stazione Victoria mentre un altro commando prendeva appunto l’Oberoi, il Taj e il Trident. Terroristi sono però penetrati anche in altri alberghi; impossibile stabilire con certezza quanti prigionieri abbiano.

In appoggio alla cronaca, intervista a Suketu Mehta: “Era la speranza dell’India ora la mia città sembra Bagdad”: «ogni anno ci sono attentati a Mumbai, di solito a esser presi di mira sono i poveri e i normali cittadini, quelli che viaggiano sui mezzi pubblici. Stavolta sono mirati contro gli alberghi di lusso: prendono ostaggi, cercano stranieri. Non si è mai visto prima»; «Molti in India pensano che i pachistani siano coinvolti. Il Pakistan è un paese molto diviso, con forze che si combattono fra loro… alcune di loro, come i servizi segreti, hanno più volte appoggiato chi voleva provocare una guerra fra India e Pakistan»; alla domanda perché colpire Mumbai, l’autore di “Maximum city” risponde «Perché questa è la speranza dell’India, il simbolo di un paese nuovo, del suo successo».
Alberto Mattone si occupa delle testimonianze: “Vivi per miracolo, intorno a noi l’inferno”. A parlare 15 italiani barricati negli alberghi. Nella notte il console Fabio Rugge ha detto «stanno bene»; un romano si è salvato perché ha deciso di cenare in un altro albergo: «le guardie della sicurezza al ristorante ci hanno spiegato cos astava accadendo, che lì fuori stavano dando la caccia agli stranieri…». Il commento è di Renzo Guolo, “La spada dell’integralismo”: «La galassia radicale è assai popolata e mescola spesso sigle di comodo… Naturalmente dietro questa forma di guerra asimmetrica mascherata dall’ideologia, vi è il gioco delle potenze dell’area. Il Pakistan mal tollera che l’India sia divenuta un gigante economico e politico mondiale… Non bisogna dimenticare gli indiani del Kashmir musulmano e dello Jammu induista…». Di contro, a pagina 5, il quotidiano diretto da Ezio Mauro riferisce l’allarme dei servizi segreti americani: “New York, AL Qaeda vuole colpire  a Natale”. Informazioni credibili, «ma prive di riscontri concreti» avvertono i federali. Obama ovviamente subito messo alla prova: ha promesso che gli Usa lavoreranno per rafforzare i legami con l’India e «sradicare e distruggere le reti terroristiche».

“Terrore in India, stranieri attaccati – A Mumbai 80 vittime – angoscia per dodici italiani ostaggi in 2 hotel” titola oggi in apertura il Corriere della sera, che pubblica una foto molto grande la stazione di Mumbai dopo l’attacco contro gli occidentali (si vede un poliziotto che tiene per mano un’anziana in mezzo a un mare di valigie abbandonate e diverse chiazze di sangue). I servizi vanno da pagina 2 a pag 6. Dieci azioni rivendicate dalla sconosciuta sigla Mujaheddin Deccan: secondo la polizia almeno 80 morti e oltre 900 feriti. Il Corriere intervista l’intellettuale pachistano Ahmed Rashid: «È’ Al Qaeda. Non ci sono dubbi. Utilizza nomi di gruppi sconosciuti per rivendicare gli attentati. Ma l’identità degli attentatori va ricondotta all’estremismo islamico e alle sue diramazioni in Oriente…Minano l’industria delle vacanze. Ma è anche un segnale a Obama». Raccappriccianti le testimonianze dei sopravvissuti. Racconta un uomo al telefono con la Bbc: «Ero nella lobby quando sono entrati degli uomini armati. Ho cominciato a scappare. Eravamo in 25/30. Ci siamo divisi, di fianco a me ho visto un ragazzo che sparava a raffica. Sono riuscito a buttarmi da una parte e mi sono ritrovato nelle cucine. Da lì siamo sgattaiolati in un ristorante al piano sotterraneo. Ci siamo barricati dentro, siamo ancora qui. Siamo un centinaio.  Al buio. È dura. Abbiamo spostato tutto davanti alle porte, le luci sono spente».

“India. Attacchi terroristici a Mumbai, 80 vittime” è il piccolo richiamo in prima del manifesto per un articolo che è poco più di un lancio di agenzia dedicato agli attacchi a catena a Mumbay completato da un breve ricostruzione storica degli attacchi terroristici del 2006 e il collegamento allora trovato con i servizi segreti pakistani.

Apertura, invece, e ampi servizi alle pagine 4 e 5 de il Giornale. Fausto Biloslavo traccia un retroscena dal titolo “I mujaheddin che vogliono aprire un altro fronte della jihad” e scrive «che la tattica degli attentati multipli è il marchio di fabbrica della terza generazione dei terroristi che si ispira a Al Qaeda» poi continua e ripercorre la storia del terrorismo nel Paese« l’India è il terzo fronte del terrorismo islamico dopo Irak e Afghanistan e l’antiterrorismo americano aveva fatto notare in un rapporto che dal 2004 al 2007 in India erano state 3.647 vittime, molte più che in Afghanistan».

La Stampa pubblica la testimonianza di un fotoreporter italiano, Davide Scagliola, che si trovava al Leopold Café di Mumbai quando il locale è stato colpito da granate e assalito da un commando di terroristi. La giornalista di Repubblica che era con lui, Marilena Malinverni, è fuggita rifugiandosi nel suo albergo, il Taj Mahal, per ritrovarsi poi intrappolata dall’assedio durato  ore dei terroristi. «Il terrorismo islamico è da subito l’imputato ma è una definizione che spiega molto poco perché è soltanto una cornice generale» scrive Claudio Galli nel pezzo di analisi che accompagna la cronaca. «Certo, ad alcune televisioni indiane è arrivata via e-mail la rivendicazione del gruppo di fuoco “Guru-Al Hindi”, che farebbe parte dei “mujaheddin del Deccan”, un gruppo sconosciuto che non dice nulla. Anche la motivazione dell’attacco, la volontà di vendicare i soprusi della polizia indiana sui musulmani di Mumbai, sembra inconsistente di fronte all’ampiezza e alla dimensione militare dell’attacco». A distanza di poche ore dall’attentato «spunta immancabilmente il nome di Lashkar-i-Toibo, l'”Esercito dei puri”, l’organizzazione terroristica islamica nata in Afghanistan nel 91 che si è fatta un nume nella guerra sporca per il Kashmir», «il gruppo ha firmato i principali attentati degli scorsi anni in India, dall’attacco al parlamento di Dehli nel 2001 agli attentati di Mumbai due anni fa». Il gruppo considera hindu ed ebrei nemici da distruggere. Ma le ipotesi e gli intrecci possibili sono diversi… di mezzo ci può essere la rete criminale di Dawood Ibrahim, un gagster che controlla tutta la costa occidentale dell’India, il Pakistan e natralmnete Al Qaeda «che potrebbe aver prestato la sua regia globale a un conflitto tradizionalmente regionale».

Avvenire apre sull’ “India nella morsa del terrore”. A pag. 3 “Strage e ostaggi, Mumbai sott’attacco”. Gli attentai di Mumbai dimostrano quanto sia fragile la Federazione indiana: «Considerato come la più grande democrazia del Pianeta, Il Paese in realtà non è mai riuscito a concretizzare la il sogno di convivenza presentato dal Mahatma Gandhi ed è significativo che ben tre leader politici di prima grandezza, a partire dall’indipendenza, siano morti per mani assassine». È il commento di Piergiorgio Pescali che analizza la precarietà di una società in cui tensioni politiche, sociali e religiose si sommano  fino a sfociare  in autentici massacri. «Troppi sono i focolai ereditati dal colonialismo britannico e rimasti insoluti dalla partzione del 1947 con il Pakistan. A cominciare dai numerosi movimenti indipendentisti a sfondo maoista e naxalista presenti nelle regioni orientali dell’Assam, Manipur e nell’Orissa». Nelle regioni occidentali, invece, sono le organizzazioni islamiche a organizzare la maggioranza degli attentati: Indian Mujahidin, al-Nasireen, Jamiat ul-Mujahedeen e soprattutto Lashkar-i-Taiba: «tutti gruppi che si coalizzano nella questione kashmira e che vedono nello scontro politico la loro principale fonte di combustibile. La paura dell’Hindutva, la supremazia assoluta della cultura indù acclamata dal Bharatiya Janata Party, gioca un ruolo fondamentale tra i 160 milioni di mussulmani indiani, che sentendosi minacciati reagiscono giustificando la violenza dei “mujahedin”». Secondo l’India i gruppi mussulmani sarebbero foraggiati in armi e denaro dall’Isi, i servizi segreti pachistani (quelli che negli anni 90 avevano sostenuto i talebani), mentre Parvina Ahanger, presidente dell’Associazione delle persone scomparse, accusa i militari indiani di fomentare l’Hindutva. Insomma,  questa grande democrazia farà bene a non sottovalutare  «le spinte centrifughe di intolleranza che potrebbero catalizzare violenze sempre più imprevedibili» e a sorvegliare «ciò che si agita nel proprio grande ventre».

E inoltre sui quotidiani di oggi:

Piano anticrisi e welfare

Il Sole 24 Ore – Welfare, pronti 3,5 miliardi (ma non erano 7?). Focus a pagina 5 sulla social card, con l’aiuto di interessanti esperienze estere. Si sottolinea innanzitutto che le maglie per entrare nel plafond dei cittadini aventi diritto (circa 1,3 milioni) sono più strette per gli anziani che per le famiglie con figli, poi si passa a elencare le altre social card del mondo: ce ne sono di simili negli Stati Uniti (30 milioni i beneficiari, si chiama Snap e ne usufruiscono soprattutto immigrati, anziani e disabili), Olanda, Inghilterra (solo per i teenager e solo per attività culturali o sportive) e Polonia.

Italia Oggi – Pag. 5: “Tredicesime ancora più povere”. Il governo rinuncia alla detassazione prevista nel programma. Detassare le tredicesime per stimolare i consumi. L’analisi di Italia Oggi non è ottimista. Alla fine non se ne farà niente, troppo alti, infatti, sarebbero i costi da sostenere. Quindi sembra proprio che i lavoratori dipendenti italiani a dicembre percepiranno la stessa tredicesima degli altri anni. Anzi, saranno inferiori a quelle del 2006. Secondo l’ufficio studi studi della Cgia ( associazione artigiani e piccole imprese) di Mestre, alla voce tredicesima, si registreranno riduzioni dai 15 ai 74 euro per i dipendenti italiani. Secondo lo studio, chi percepisce un reddito di 20 mila euro all’anno, senza familiari a carico, si troverà in busta paga una tredicesima pari a 1.169,28 euro al posto dei 1.184,63 del 2006 con una perdita di 15,2 euro. Per chi percepisce 23 mila euro e con un figlio a carico la riduzione della tredicesima è‘ di 25 euro. Chi ha un reddito di 30 mila euro con moglie e figlio a carico ha un decremento della tredicesima pari a 33,7euro. Con un reddito di 50 mila euro e con moglie figlio a carico la perdita è di 46,5 euro che diventano 75 euro se si dichiara un reddito di 80 mila euro con moglie e due figli a carico. Queste perdite delle tredicesime però sono compensate dagli affetti fiscali della Finanziaria 2007 sui redditi netti. La Manovra del 2007 ha aumentato le detrazioni e gli assegni familiari soprattutto per i redditi più bassi compensando la perdita delle tredicesime di quest’anno. Rispetto a quelle percepite nel 2006. Secondo Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del consiglio, detassare la tredicesima comporterebbe costi molto elevati, tra i 5 e i 7,5 miliardi di euro,  una cifra insostenibile da sostenere per le casse dello Stato. Categorico Bunetta. Non faremo interventi generalizzati su salari e tredicesime: le risorse non ci sono.

Corriere della Sera – L’Europa vara il piano anti-crisi da 200 miliardi. Barroso (presidente commissione ue): una risposta senza precedenti. Amnunia (commissario degli affari economici): il patto è in vigore, sforamenti per un anno. Queste le misure previste da Bruxelles: 200 miliardi di euro come stimolo alle politiche di bilancio. L’1,5% del prodotto interno loro della Ue. Fondi, che verranno impegnati soprattutto nei settori automobilistico e edilizio. Commenta l’ex presidente Ciampi: «Un po’ di ossigeno serve. Superare la logica di Maastricht».

Il manifesto – L’apertura del manifesto è dedicata alla “Brunetta card”: Dal ministro anti-fannulloni 600 euro mensili di aumento per la casta dei suoi dirigenti e consulenze milionarie per l’Authority del merito. A tutti gli altri dipendenti pubblici solo 70 euro. Un “lusso” rispetto ai 40 della social card che il governo elargisce ai poveri. Ai “quarta poveri euro” è dedicato anche il commento di Galapagos che osserva: «In Italia una delle primarie cause che ostacolano la crescita demografica e la partecipazione al lavoro delle donne è l’assenza di servizi e politiche sociali. Mancano migliaia di asili nido. La loro costruzione e la successiva gestione potrebbero creare decine di migliaia di posti di lavoro. Meglio gli asili nido o un bonus-bebé una-tantum e un aumento ridicolo degli assegni familiari? Detta in altra forma: meglio un maggiore welfare o un modello che monetizza (neanche tanto) la schiavitù domestica? (…) Il modello di Tremonti è quello spettacolare della social-card; 40 euro al mese possono far comodo a chi vive nella miseria, ma non ne cambiano la condizione miserabile di vita». Amara la conclusione «Obama punta a milioni di nuovi posti; Berlusconi non punta a niente: solo alle grandi opere. Ma Brunetta fa di peggio: dopo la campagna antifannulloni, fa ricchi 3000 dipendenti politicamente scelti. E la sinistra tace: solo parlare di allargare gli spazi del welfare appare un’eresia. Meglio brindare a Luxuria».

Il Giornale – pag. 6 e 7: le infografiche illustrano come funziona la social card e come ottenerla e quali sono le altre misure dalle infrastrutture, ai mutui garantiti, bonus famiglie, ampliamento degli ammortizzatori sociali ai lavoratori atipici.

Avvenire – “Cina, la crisi accende il «disordine» sociale” (pag. 4). Crollano le esportazioni e «la fabbrica del pianeta» adesso si scopre più vulnerabile. È a rischio il «patto» che ha governato il Paese per anni: sviluppo in cambio di stabilità. Violenze nel sud dopo l’ondata di licenziamenti. La locomotiva rallenta. Come se non bastasse, torna il gelo diplomatico fra Cina e Unione Europea. Pechino infatti ha annullato il vertice con la Ue previsto lunedì prossimo a Lione sul “partenariato strategico” sino-europeo. Centra l’agenda delle prossime settimane del Dalai Lama, che fra le varie tappe annovera anche, il 6 dicembre a Gdansk, Polonia, un incontro col presidente francese Nicolas Sarkozy.

Industria bellica

Italia Oggi – Pag. 6: “L’industria bellica non conosce la crisi”. L’industria bellica viaggia su altri binari rispetto a quelli della crisi economica mondiale. La situazione rosea per Finmeccanica & Co. è fotografata nella relazione sullo stato dell’industria aeronautica che il ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola, ha appena consegnato al Cipe ( comitato interministeriale per l’economia). L’industria bellica, legata com’è ai bugdet  della Difesa italiana e degli atri Stati è in una botte di ferro.

Etica

Corriere della Sera – In Spagna in un paese a pochi chilometri da Madrid, Rivas vaciamadrid, apre il primo consultorio per malati terminali, un servizio di consulenza pubblica sanitarie e giuridica. I primi utenti si sono già prenotati per telefono.

Avvenire – “Ci hanno tolto Terri. Eluana non riviva quell’orribile agonia” (pag. 8): intervista a Mary e Robert, genitori di Terri Schiavo, sul caso lecchese. La coppia dice di sentirsi molto vicina a Eluana: «Nei 14 giorni senza cibo né acqua abbiamo assistito allo sgretolarsi delle nostre certezze sulla civiltà del nostro Paese. Di fronte alla vicenda italiana che replica un dramma già vissuto, dicono di provare «un dolore indicibile, e tanta rabbia. Più volte abbiamo chiesto che venissero pubblicate (ndr le immagini di quello che era successo a Terri quando è stata sospesa l’alimentazione), e che negli ultimi giorni della vita di Terri le televisioni, i giornalisti, le persone comuni potessero venire a vederla. Non è andata così. Ci siamo trovati innanzi al paradosso di una notizia che ha fatto il giro del mondo, che è stata sulle prime pagine di tutti i giornali, e in televisione, e questo mentre nessuno vedeva Terri. Nessuno sapeva esattamente quello che le stava accadendo. Eravamo soli. Il suo tutore e e suo marito, Michael Schiavo, impedì che le si facesse visita». Perché credete che fosse così importante vedere Terri? “La verità è che non si consoce niente di Terri, così come ci sembra non si conosca nulla di Eluana… I giudici decisero di mandare a  morte una persona senza nemmeno averla mai vista neanche una volta.. . Decisero tutto su Terri, tranne di sapere chi era». Intanto, nel Pdl, si dibatte sul fine vita per giungere a un testo condiviso “accordo oltre gli steccati, anche col Pd».

Bioetica

Il Sole 24 Ore – Decisione dell’ufficio brevetti di Monaco sulle staminali embrionali. In tutta Europa verrà negato il brevetto a qualunque scoperta scientifica o anche ricerca che comporti la distruzione degli embrioni umani. Secondo i giudici di Monaco non è possibile distinguere tra un uso “buono” degli embrioni (buono inteso come volto a curare malattie) e “cattivo” (ovvero una manipolazione a  fini commerciali – leggi vendita di embrioni). Quindi il brevetto è negato comunque. Non solo: i giudici definiscono chiaramente l’embrione «un inizio di vita umana» e quindi non annientabile. Ovviamente negato il brevetto a qualunque tipo di clonazione. Via libera invece alle staminali adulte o da cordone ombelicale.

Giustizia

Repubblica – Intervista a Luca Palamara, presidente dell’Associazione magistrati, che commenta la condanna per omicidio volontario al pirata della strada che a maggio ha ucciso due giovani in motorino (è la prima volta che viene riconosciuta la volontarietà): “Ha accettato il rischio di uccidere per questo il reato è più grave”. «Non entro nel merito delle singole vicende giudiziarie, tuttavia posso sottolineare che l’elemento discriminatorio tra il colposo e il volontario è appunto la presenza della volontà»; in questo caso «l’autore di un fatto decide di agire a costo di provocare un evento anche drammatico…».

Il Giornale – In copertina Michele Brambilla porta l’attenzione sulla decisione del giudice di Roma che ha inflitto 10 anni di carcere per omicidio volontario a stefano Lucidi che il 22 maggio scorso uccise due ragazzi in un incidente stradale che aveva provocato perchè andava a forte velocità ed era drogato e ubriaco. Si legge: «La buona educazione imporrebbe di non esultare per una condanna ma siccome a volte è meglio essere maleducati che ipocriti, noi ci rallegriamo pubblicamente per i 10 anni, la priva volta in Italia che c’è una condanna del genere».

Sicurezza

Il manifesto – A pag. 5 un articolo è dedicato al ritiro di Alfano della “messa in prova”: «costruiremo nuove carceri» e al fatto che Maroni manda tre volanti a Varese e una a Crotone. «Quando si parla della sua Varese, il ministro degli interni Roberto Maroni non è disposto a risparmiare. Negli ultimi giorni ha firmato una circolare che aumenta di quindici uomini il personale della Polizia di stato addetto alle volanti della città, così da far passare da due a tre il numero di pattuglie costantemente presenti sul territorio. Non poche se pensate che ce ne sono due a Caserta, città grande quanto Varese (80mila abitanti in entrambi i casi) ma all’apice dell’emergenza sicurezza in Italia. Agrigento ha due volanti, ma ce n’è una sola a Sciacca e una a Licata….» e via elencando.

Senza dimora

Repubblica – R2: Michele Smargiassi, “La vita quotidiana dei senza tetto”. Viaggio a Bologna fra il popolo dei clochard, spesso bersaglio di adulti e ragazzi, che non reagiscono perché «contro i normali hai sempre torto». «Sono un relitto di povertà arcaiche, un esito non previsto della società dei consumi. Le loro storie si assomigliano tutte: normalità precarie distrutte da due o tre crolli ravvicinati». Di spalla intervista ad Aldo Bonomi, direttore di Communitas: “Senza affetti quindi esclusi” è il titolo: «I clochard sono il prodotto di rotture di progetti vita, rotture di affettività. Non  vero che non vogliono tornare nella comunità. Per includerli sarebbe sufficiente usare la parola».

Il manifesto –  Emergenza per le morti dei clochard in Francia. A pagina 10 in un articolo la denuncia di Emmaus France che ha rivelato come dall’inizio dell’anno in Francia sono decedute in strada 265 persone senza casa. Inoltre sembra che il governo francese voglia punire le associazioni che si occupano dei senza tetto. Il Dal (Droit au logement) che interviene da 18 anni, è stato condannato da un tribunale a 12mila euro di multa per «aver ingombrato la strada lasciandovi degli oggetti», in pratica il Dal ha costruito un villaggio di 319 tende dal 3 al 15 ottobre del 2007 per alloggiare delle famiglie senza tetto in rue del la Banque, nel centro di Parigi. La polizia aveva sgomberato le tende promettendo una soluzione. Su 374 famiglie solo 130 hanno trovato una casa decente.

Soru e la Sardegna

La Stampa – Intervista al governatore della Sardegna, che ieri si è dimesso. Titolo: “Io contro i cementificatori della Sardegna”. Renato Soru dice di essere stato costretto a lasciare: «che tipo di Sardegna vogliamo?» chiede, «Vogliamo chiudere due occhi dinanzi a chi vuole solo gettare cemento,  vogliamo produrre sviluppo rispettando la terra bellissima che calpestiamo?». Soru dice che, in queste condizioni, andare avanti per lui significherebbe tradire il patto con gli elettori. Troppe pressioni, e non solo dalla parte politica avversaria. All’accusa del centrodestra che lo dipinge come “nemico dell’impresa” risponde: «Abbiamo avuto ottimi rapporti con tanti imprenditori» e cita Pirelli Real Estate e il Gruppo Marcegaglia, entrato nel progetto del Forte Village. «Certamente un’economia non si regge sul solo turismo, sulla Sardegna dei lustrini» afferma, «Bisogna anche difendere la nostra terra, aiutare – finché ci sono e ci sono – i nostri agricoltori, favorire chi da lavoro, senza distruggere».  Alla domanda sul premier, che delle voci direbbero “meno ostile” alle istanze ambientalistiche della Regione, risponde che non gli risulta: «mi pare che Berlusconi continui ad andare in giro parlando male di me, sari io il nemico dell’economia sarda». La legge prevede 20 giorni di riflessione, e poi che il presidente vada a discutere le sue dimissioni in aula.

 

 

 

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