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volontariato Il 50esimo congresso delle Pubbliche assistenze. Parla il presidente Casini

di Redazione

«Proporre una lettura coerente della realtà che ci circonda non permette a chi ti sta di fronte di fregarti». Come insegnano le vicende del servizio civile, del trasporto sanitario e
del Libro verde del welfare. «In cui il terzo settore viene escluso dalla programmazione, alla faccia di quanto prevede la 328». Ma anche il non profit deve fare un passo avanti e smetterla «di guardare solo al passato» È un associazionismo d’attacco quello che Fausto Casini porta al vaglio del 50esimo congresso nazionale delle Pubbliche assistenze (Roma, 28/30 novembre). Un associazionismo che senza timori reverenziali mette sul tappeto del dibattito politico non solo un’analisi convincente delle dinamiche sociali che attraversano il nostro Paese, ma anche un carnet di proposte per uscire dal guado. Idee nate dal “basso”, ma che non hanno paura di confrontarsi con i temi cruciali del nostro tempo. Dalla crisi alla sicurezza, dal federalismo al rapporto fra cittadino e politica passando per la questione “giovani” e il ruolo del volontariato. Anpas significa un network di 835 associate più 187 sezioni presenti in 16 regioni italiane (Toscana, Liguria, Emilia Romagna le più rappresentate, seguite da Lombardia, Piemonte, Campania, Sardegna e Marche) per un totale di 800mila fra volontari, soci e sostenitori impegnati in diversi campi, dalla protezione civile al trasporto sanitario. Una galassia che Casini guida dal novembre 2004 e che, da unico candidato alla presidenza, si propone di condurre fino al 2011.
Vita: La sua relazione congressuale è decisamente “politica”. Da dove nasce l’esigenza di puntare su un intervento di scenario piuttosto che dedicarsi alle questioni più vicine alla vita dell’Anpas?
Fausto Casini: I punti all’ordine del giorno sono tre: il distacco tra responsabilità politica e la realtà non può essere combattuto con azioni sporadiche, ma solo con il continuo lavoro nella collettività. La spettacolarizzazione favorisce la violenza e allontana il pensiero critico. La logica di presidiare a danno avvenuto senza investire in processi di cittadinanza attiva è assolutamente inefficiente. Detto questo, vengo alla sua domanda: proporre una lettura coerente delle cose non permette a chi ti sta di fronte di fregarti.
Vita: In che senso?
Casini: Per esempio devono piantarla di dire che i 400 milioni per il servizio civile non ci sono. Perché per altri obiettivi si destinano cifre ben più importanti. Poi, non deve passare il messaggio che per colpa dell’Europa non si può fare l’accordo per il trasporto sanitario in convenzione quando attraverso la legge Obiettivo i cantieri dell’Alta velocità vengono gestiti in affidamento diretto.
Vita: In questo contesto qual è il ruolo del volontariato?
Casini: Si parla tanto dei giovani, ma poi cosa si fa in concreto per non farli cadere verso un individualismo arrogante che ci fa perdere pezzi di storia per esempio sul tema dei diritti umani? La valenza educativa del volontariato è decisiva. È il solo anticorpo contro certe degenerazioni. Per questo dico: portiamo il volontariato nelle scuole, ma facciamolo con i testimonial veri, che sono gli stessi volontari. E ancora: il servizio civile non può diventare un’espressione elitaria, ma deve crescere in dimensione e qualità.
Vita: Qual è la sua valutazione del Libro verde del welfare di Sacconi?
Casini: Quel testo ha una grossa lacuna: non considera il volontariato e la rappresentanza del terzo settore come parte sociale per la programmazione. Dov’è finita la 328 del 2000? Altri nei: si parla di povertà assoluta, dimenticando le altre forme di povertà relativa che stanno aumentando in modo esponenziale. Vengono considerati i cittadini solo in quanto lavoratori e consumatori. Tutti gli altri, studenti in testa, sono parassiti? Si parla poi di crisi dei valori quando lo Stato per primo non tutela chi opera nel territorio costruendo capitale sociale. I valori li peschi da chi li costruisce.
Vita: La rappresentazione pubblica del volontariato e dell’associazionismo in genere però non è molto positiva: personale sempre più vecchio, polverizzazione del settore e incapacità propositiva?
Casini: È come se le nostre leadership avessero toccato il loro massimo entusiasmo in altre epoche e ora vivessero nella nostalgia dei tempi andati. Uno stallo che si supera costruendo dinamiche che favoriscano la partecipazione a partire dalle nostre associazioni. Dobbiamo essere più ottimisti nei confronti del nuovo.
Vita: Nel Libro verde si accenna anche al federalismo. Che cosa ne pensa?
Casini: Credo che sia una rivoluzione culturale positiva. In quel progetto però manca una strategia unitaria. La ripartizione delle risorse deve seguire la ripartizione delle funzioni, non viceversa. L’obiettivo finale è rendere percepibile lo scambio fra tasse pagate e quantità e qualità dei servizi pubblici ricevuti.
Vita: Veniamo al nodo della rappresentanza del mondo del non profit. L’11 dicembre ci sarà il rinnovo delle cariche del Forum: che cosa ci dobbiamo aspettare?
Casini: Stiamo lavorando al superamento delle divisioni laici-cattolici. La guida bifronte del Forum verrà archiviata. Ci sarà un portavoce unico, affiancato da un nuovo organismo di coordinamento, al quale noi dell’Anpas abbiamo dato la disponibilità a partecipare. Abbiamo poi inserito l’incompatibilità dei doppi incarichi. Non solo nei partiti, ma anche nei sindacati e negli organismi ecclesiali.
Vita: Lei oggi ha 45 anni, dove si immagina nel 2011 al termine del suo eventuale nuovo mandato?
Casini: A quel tempo ci sarà da pensare alla famiglia e alla vecchiaia. Può darsi che tornerò a fare il geometra del Comune di Modena.
Vita: Niente politica, dunque?
Casini: All’inizio della mia presidenza ci pensavo. Per assicurare un vero ricambio però occorre che una generazioni salti il turno. E la mia è la migliore candidata a farlo. Sinceramente, poi, entrare in politica per avere un ruolo di secondo piano senza avere la possibilità di incidere non credo si addica a un profilo come il mio.


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