C ‘ è una certa diffidenza tra jazz e musica colta, come se la comunicatività dell’uno e la grande profondità dell’altro fossero in fondo inconciliabili. Naturalmente non è così, e non mancano gli esempi di incontri riusciti, dall’Igor Stravinskij di Ebony Concerto alle sperimentazioni di Uri Caine. Massimo Colombo aggiunge un nuovo bel capitolo alla contaminazione fruttuosa fra classica e jazz con il suo nuovo album, Il gioco delle forme . Il disco, che vede impegnato il jazzista milanese con Yuri Goloubev ed Asaf Sirkis, è un insieme di suite costruite su architetture esili e di grande eleganza, spazi vuoti, forme armoniche in continua evoluzione. Colpisce la precisione del piano di Colombo, e il timbro aereo dell’album, che fa pensare a certi lavori di Fausto Melotti, lo scultore che scriveva dello «stupido amore della materia» di tanta arte contemporanea…
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