Non profit

OBESITÀ. Londra: fast food si impegnano a ridurre i grassi

Stretto un accordo con l'Agenzia alimentare del paese

di Gabriella Meroni

I fast food si mettono a stecchetto per contrastare l’epidemia di chili di troppo e taglie XXL. Accade in Gran Bretagna, dove le sei maggiori catene di cibo veloce, gettonatissime dagli amanti di hamburger e patatine fritte, hanno siglato un accordo storico con la britannica Food Standards Agency (Fsa).

Burger King, Kfc, McDonald’s, Nando’s, Subway e Wimpy si impegneranno, grazie all’intesa, a servire più insalate e ad abbattere il contenuto di grassi e sale nei loro menù. Le catene Burger King e Wimpy, in particolare, promettono di provare oli da frittura con un contenuto di grassi più basso. Burger King, inoltre, ha introdotto un nuovo dessert alle mele che potrebbe essere un’alternativa allettante al gelato, per esaltare il palato risparmiando qualche caloria. Subway, dal canto suo, si è addirittura impegnata a rivedere il menù da cima a fondo, per tagliare il contenuto di sale del 15% entro il prossimo giugno. Mentre lo staff, arruolato nella battaglia ai chili di troppo, sarà invitato a rifiutare il sale in aggiunta alle richieste dei clienti a cui il taglio di calorie non va giù. Anche Nando e Kfc provvederanno a un restyling dei piatti più gettonati, con l’obiettivo di dare una sostanziosa sforbiciata a grassi e sale nei piatti.

Il gigante McDonald’s, infine, offrirà ai clienti la possibilità di ordinare l’amatissimo ‘Big Mac’ senza salse, nonché patatine prive della consueta spazzolata di sale. Succhi di frutta in alternativa alle bevande con le bollicine, e più promozione per frutta e verdura abbinate alle immagini dei cartoon amati dai piccoli. Scelte in controtendenza con la dilagante epidemia di chili di troppo che sta attraversando anche il Regno Unito, finito nella morsa dell’obesità insieme agli altri Paesi occidentali. Si stima che gli inglesi ingurgitino ogni giorno il 20% di grassi saturi in più rispetto a quelli che dovrebbero. Una cattiva abitudine che, oltre a far schizzare l’ago della bilancia, contribuisce senza dubbio a quei 200 mila morti l’anno causati da patologie cardiovascolari.


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