L a progressione è impressionante. E dice di una crisi sempre più diffusa. Pensate: a gennaio 2008 gli utenti delle mense Caritas della capitale erano nel 67% dei casi stranieri, nel 33% italiani. A giugno i non residenti sono scesi al 63% mentre i residenti si sono attestati a quota 37%. A settembre gli stranieri si sono ulteriormente ridotti (al 53%) e gli italiani sono saliti al 47%. Si allunga la fila dei connazionali che non ce la fanno. Persone specialmente anziane che per mangiare si affidano al volontariato. Non hanno alternativa. Non hanno altre reti. Nonostante lavorino o abbiano lavorato. “Godano”, si fa per dire, di una pensione. Persone che non t’aspetteresti di incontrare?
Via Marsala, esterno notte
Arrivano alla spicciolata. Popolo silenzioso e un po’ circospetto. Come in un film. Tranne che sullo schermo la fame non si vede. Qui sì. Si percepisce. È il rumore sottile del tesserino: va esibito per entrare. È la fretta con cui si salgono i tre gradini che portano al refettorio. Sono le seggiole tirate sotto la tavola, quando finalmente riescono ad arrivarci, vassoio in mano. Sono quasi tutti uomini. Poche le donne che di sera si spingono in via Marsala, accanto alla Stazione Termini. Preferiscono altre soluzioni. Oppure fanno a meno. Gli uomini, non hanno problemi: dalle 17 in poi è tutto un fluire continuo. Europei, neri, sudamericani, e tanti tanti italiani. Accostano il cancello. Da portafogli improbabili estraggono il passaporto per la cena – la tessera Caritas – e una volta avuto il permesso entrano. Usciranno di lì a poco. Il ciclo è continuo. E imprevedibile.
Volti nel buio
C’è Nicolò, artista di strada. C’è il manovale Dorel, dalla Romania. C’è il giovane di colore che, prima di cena, si taglia i capelli da un barbiere di strada lì accanto. E poi c’è Luigi , ragazzotto pugliese. Ha la terza media, è divorziato e vive in un centro di accoglienza: «Lavoravo come operaio nei circhi, poi nelle giostre. Adesso faccio la raccolta delle olive, ogni tanto vengo qui». Ma c’è anche Raimondo , liceo classico, laurea in legge, un po’ di praticantato presso un avvocato. «Ho provato molte volte a fare l’esame ma non sono riuscito», racconta. È a Roma dal 2000. «Wojtyla, il Giubileo. La città mi è piaciuta. Sono restato». Parla di sé, del suo «scarso» senso pratico, della famiglia che sta a Palermo, dei suoi libri, sparsi tra Cinisello Balsamo e Fiumicino. Vive da amici, dice, un po’ qui un po’ là. Per lui il tracollo
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