Non profit

Quella cooperativabnon era roba da matti

storie da cinema/1 Tra i personaggi che hanno ispirato il film con Claudio Bisio

di Redazione

Missione sociale e imprenditorialità: così,
con la forza della passione umana, la 180 divenne realtà alla coop Noncello
di Pordenone. Ed è diventata anche un film, di successo
« R icordo perfettamente l’arrivo dell’ex sindacalista Rodolfo Giorgetti in cooperativa. La scena aveva del comico? Si è presentato con un loden e un cappello con la piuma, da altoatesino. Parlava con forte accento marchigiano e ci dava del lei, proprio come nel film. Quando si è accorto che non avevamo nemmeno il fax, ha capito che serviva uno scatto imprenditoriale», racconta Vallì Bomben , presidente della Coop Service Noncello di Pordenone, alle cui vicende si ispira il film Si può fare .
La Coop Noncello nasce nel 1981 per volontà del dottor Enzo Sarli, discepolo di Basaglia, presso il Centro di salute mentale di Pordenone. Il nome viene dal fiume Noncello, che attraversa il capoluogo friulano. I primi soci sono nove pazienti psichiatrici del Csm, affiancati da otto operatori socio-sanitari. «Il primo appalto è stato per la pulizia della sede della Provincia», spiega Bomben. A metà degli anni 80 ci si accorge che la cooperativa, in crescita, ha bisogno di una struttura manageriale. E arriva Giorgetti, a cui è ispirato il personaggio di Nello nel film. «È soprattutto dall’incontro con il basagliano Angelo Righetti che nasce la magia, perché si uniscono lo spirito imprenditoriale e l’idea della medicina sociale e lavorativa. Cioè, se il paziente sta male, l’unica cura non sono i farmaci, ma anche la socialità, un lavoro, una casa», ricorda la presidente.
Mentre Righetti lavora alla chiusura dei manicomi, ricercando nuove soluzioni abitative come i “gruppi appartamento”, Giorgetti si dedica anima e corpo alla cooperativa. Gira per tutta Italia e da questi viaggi nasce, un po’ per caso, l’idea di fare parquet. «Non era proprio come nel film: si utilizzava una macchina laser per tagliare i pezzi già disegnati. A volte montavamo noi, a volte no. Abbiamo avuto anche una commessa in Russia e quotidiani importanti come il Sole 24 Ore hanno parlato di noi», continua Bomben. «La fantasia è davvero una delle caratteristiche dei nostri soci psichiatrici. Oggi facciamo anche restauro di mobili, oggettistica in legno e ceramica».
Giorgetti è anche tra i fautori della legge 381 del 1991. In quegli anni la Coop Noncello inizia a rivolgersi anche ad altri soggetti svantaggiati, ai tossicodipendenti, gli alcolisti, i disabili fisici, chi deve scontare pene alternative al carcere. «Il nostro principio è shakerare, cioè non formare ghetti, mettere insieme persone di tutti i tipi, disagiati e non. Oggi più del 37% dei soci sono soggetti svantaggiati secondo la 381. Degli altri, molti rientrano nelle categorie di disagio più leggero previste dalla normativa regionale», spiega la presidente. «Cerchiamo di trattare tutti allo stesso modo. Ai capisquadra diamo le informazioni necessarie, ma non scendiamo nei dettagli per evitare di influenzare troppo l’atteggiamento verso il lavoratore. Ogni persona segue un percorso personalizzato e non per tutti si portano a casa risultati. C’è anche chi non ce la fa».
Quando Giorgetti ha lasciato la coop, nel 1996, c’erano 500 soci e si fatturavano 20 miliardi di lire. Oggi i lavoratori sono circa 600, con un fatturato di 12 milioni di euro. Fare il manager in una cooperativa di questo tipo non è come in un’impresa qualsiasi. Capita di mandare un sms al socio per ricordargli di andare a lavorare il giorno dopo. Capita di perdere grosse occasioni perché non si riesce a convincere l’assemblea dei soci. Ma se si sceglie di fare questo lavoro è perché appassiona, e infatti tra i quadri non c’è un elevato turn over. «Questo lavoro ti mette continuamente di fronte ai tuoi limiti. Come donna, certe situazioni mi terrorizzano, ma attorno a me lavorano persone competenti, che sanno riconoscere chi può tornare alla vita sociale, chi no. Sono scommesse importanti», dice Bomben. «Di recente abbiamo attivato due percorsi di reinserimento dai manicomi criminali di ex detenuti che hanno commesso omicidi: la sfida è ricercare il superamento delle barriere del disagio, con l’inclusione di altri soggetti, come le vittime della tratta degli esseri umani».
Secondo Righetti, la Coop Service Noncello è nata dal coraggio, dalla voglia di includere tutti, dall’utopia concreta di restituire i diritti a coloro a cui erano stati sottratti dalla malattia e soprattutto dalla nostra pretesa di costringere dentro la nostra ragione le ragioni altrui. Meglio scegliere la libertà, piuttosto che la paura: questo è lo spirito della cooperativa.

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