Welfare

Quanti volontari dietro le sbarre

Dai dati della VI Rilevazione sul volontariato emerge una crescita del 6,7% rispetto all'ultima Rilevazione pubblicata nel 2006

di Antonietta Nembri

È un fenomeno in crescita quello del volontariato penitenziario. È quanto emerge dalla VI Rilevazione sul volontariato Penitenziario, promossa dalla Conferenza nazionale volontariato giustizia ed elaborata da Feo-Fivol in collaborazione con il Dap del ministero della Giustizia. La ricerca quest’anno, per la prima volta, comprende anche i volontari che operano nell’area penale esterna per le misure alternative alla detenzione.
Analizzando i risultati emerge come la paura e l’insicurezza diffuse da tv e giornali non spaventano i volontari che in numero crescente si recano negli istituti di pena per dare sostegno materiale e morali agli attuali 57mila detenuti. Ed è il ritratto di volontari grintosi e vivaci che portano avanti progetti dentro e fuori dal carcere quello che emerge dal Rapporto. Persone che lottano per mantenere e rafforzare leggi come la Gozzini, che ha rappresentato un svolta nell’ordinamento penitenziario consentendo, attraverso le misure alternative alla detenzione di abbassare la recidiva al di sotto del 20%, rispetto al 70 – 80 per cento di chi sconta interamente la pena in carcere.

Nel pianeta carcere il pendolo vira oggi verso politiche restrittive se non repressive rispetto alle potenzialità dell’impegno costituzionale della rieducazione dei detenuti. Il rischio è che in tal modo si vada a perdere anche il lavoro di sperimentazione e di progettualità ormai consolidata che il volontariato porta avanti da tempo. Le precedenti rilevazioni segnalano l’azione di un volontariato organizzato, sperimentatore di novità e capace di integrarsi con cooperative sociali e associazioni di promozione sociale per mettere a regime attività strutturate e continuative. Indicano inoltre che la presenza del Terzo Settore nelle carceri è sempre più segnata dalla cultura del progetto, sia individuale che collettivo, finalizzato all’inclusione sociale e alla rieducazione attiva e non solo alla pura testimonianza e solidarietà umana.

Venendo alla ricerca emerge un incremento del 6,7% della presenza dei volontari, rispetto ai dati rilevati nella V Rilevazione realizzata nel 2006, cosa che si sottolinea «conferma la capacità delle forze della società civile di elevare l’offerta trattamentale delle istituzioni del circuito penitenziario e della giustizia in generale. 7 su 10 di essi sono volontari che alla spontanea scelta di operare nel settore uniscono l’assoluta gratuità delle loro prestazioni. Gratuità che veicola valori di senso e che rappresenta una testimonianza di solidarietà di valore aggiunto al loro intervento concreto di aiuto e di promozione dei detenuti».

Una fotografia che però rivela una certa disomogeneità tra nord e sud: non si riduce lo storico svantaggio della circoscrizione meridionale rispetto al Centro – Nord. A fronte del 45,2% degli istituti il Sud aggrega il 21% degli operatori non istituzionali – erano il 30% nella rilevazione precedente – mentre al 21,8% delle strutture penitenziarie del Centro corrisponde il 30% di tali risorse umane. Al Nord gli operatori della società civile incidono in misura superiore a quello delle strutture. A essi vanno aggiunti 137 volontari che operano in collaborazione con gli Uepe di cui l’86,1% con l’articolo 78. Di essi il 39,4% operano anche in carcere. Nel complesso pertanto i volontari attivi con l’art. 17 e 78 nei 187 istituti e nei 44 Uepe ammontano a 6.277 unità, pari al 70,5% di tutti gli operatori non istituzionali ivi riscontrati (8.903).

Tra le regioni spiccano in positivo Lombardia, Lazio e Toscana per il numero assoluto di operatori non istituzionali, queste tre regioni, infatti, costituiscono il 47,4% del totale. Nel rapporto inoltre si conferma lo stato di abbandono in cui versano dal punto di vista dell’umanizzazione dell’internamento 4 dei 6 Ospedali psichiatrici giudiziari. Se gli operatori volontari sono piuttosto attivi nelle strutture di Barcellona (ME) e di Reggio Emilia (1 ogni quattro internati), lo sono molto meno nei restanti quattro Opg (1 volontario per 24 internati) aggravando la condizione di totale esclusione dei detenuti psichiatrici.
Cercando di vedere chi sono i volontari, emerge che le persone tra i 46 e i 65 anni sono il 44%, un’altra caratteristica da notare è che la maggioranza degli assistenti volontari opera da oltre 5 anni in almeno sei strutture su dieci, meno del 20 per cento è attiva da un anno o sono alla loro prima esperienza.


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