Cultura

Ramadan in Vaticano

Si è chiuso con un discorso di grande importanza di Bendetto XVI, lo storico Forum in Vaticano tra i saggi musulmani e esponenti cattolici

di Redazione

C’era anche Tariq Ramadan (nella foto) ad ascoltare il Papa, nella sla Clementina in Vaticano, al termine dello storico Forum tra i saggi muslmani ed esponenti cattolici. Il papa ha tenuto un discorso molto importante. Ecco alcuni passaggi. «Cari amici uniamo i nostri sforzi, animati da buona volontà, per superare tutti gli equivoci e i disaccordi. Decidiamoci a superare i pregiudizi passati e a correggere immagini spesso distorte dell’altro che anche oggi possono creare difficoltà nelle nostre relazioni. Lavoriamo l’un con l’altro per educare tutte le persone, soprattuto i giovani, a costruire un futuro comune». Sono alcune delle parole del Papa pronunciate in chiusura dello storico Forum, riunito in Vaticano da martedì , frutto di un’iniziativa, ‘Una parola comune’, partita da 138 intellettuali musulmani che, proprio sulla scia della lezione di Ratisbona (2006) per promuovere insieme la pace nel mondo. «Prego», ha detto il Papa, «che il Forum, che sta muovendo i primi passi, possa diventare ancor più uno spazio di dialogo e sia un battistrada per affrontare insieme una sempre più piena conoscenza della Verità».
Ad ascoltare Benedetto XVI nella sala Clementina, c’erano, tra gli altri, oltre a Tariq Ramadan, l’imam italiano Yahya Pallavicini, un ayatollah iraniano, un principe giordano, il gran muftì di Bosnia. Sulla condizione dei cattolici in paesi islamici il Papa ha voluto fare un appello di carattere generale, senza fare esplicito riferimento a situazioni specifiche. «La mia speranza», ha detto Benedetto XVI, è che i «diritti umani fondamentali siano protetti ovunque per tutte le persone. I leader politici e religiosi hanno il dovere di garantire il libero esercizio di questi diritti nel pieno rispetto della libertà di coscienza e della libertà di religione di ogni individuo. La discriminazione e la violenza che anche oggi patiscono le persone religiose in vari luoghi del mondo, e le frequenti persecuzioni violente di cui sono oggetto, rappresentano azioni inaccettabili ed ingiustificabili, ancor più gravi ed esecrabili quando sono compiute nel nome di Dio. Il nome di Dio può essere solo un nome di pace e fraternità, giustizia e amore. La sfida che abbiamo di fronte è dimostrare, con le nostre parole e soprattuto con i nostri atti, che il messaggio delle nostre religioni è sempre un messaggio di armonia e comprensione reciproca. E’ essenziale che lo facciamo, a meno di indebolire la credibilità e l’efficacia non solo del dialogo, ma anche delle nostre stesse religioni».
«So che cristiani e musulmani hanno approcci diversi su Dio. Tuttavia possiamo e dobbiamo essere fedeli dell’unico Dio che ci ha creati e si cura di ogni persona in ogni angolo del mondo. Insieme dobbiamo mostrare, con il rispetto e la solidarietà reciproca, che ci consideriamo membri di una stessa famiglia: la famiglia che Dio ha amato e raccolto dalla creazione del mondo alla fine della storia umana», ha detto il Papa. «Dovremmo lavorare insieme nella promozione di un genuino rispetto per la dignità della persona umana e i diritti umani fondamentali, anche se le nostre visioni antropologiche e le nostre teologie lo giustificano in modi diversi. C’è un campo grande e ampio nel quale possiamo agire insieme nel difendere e promuovere i valori morali parte di un’eredità comune». Per il Papa, «per i cristiani l’amore di Dio è inseparabilmente legato all’amore per i nostri fratelli e sorelle, per ogni uomo e donna, senza distinzione di razza e cultura» e «anche la tradizione musulmana è piuttosto chiara nell’incoraggiare l’impegno pratico nel servire i più bisognosi».

Il testo completo del discorso del Papa (pronunciato in inglese)

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