Cultura

Sos cluster bomb

Il Governo cancella il fondo ad hoc per la campagna contro gli ordigni a grappolo. A due mesi dalla firma del trattato che li metterà al bando

di Benedetta Verrini

Prima del Laos, prima del Libano e dell’Iraq c’era l’Italia. Eravamo un paese povero, sfregiato dal conflitto mondiale, pullulante di ordigni inesplosi. I bambini che li raccoglievano, credendoli giocattoli, vivevano lo stesso pericolo di morte o di mutilazione che vivono oggi quelli di tanti paesi infestati dalle mine e dalle cluster bombs.
A raccontare quella vecchia storia, così attuale, c’è un pezzo di cinema neorealista: un documentario inedito di Zavattini e De Sica, finanziato dalla Fondazione Toscanini nel 1952 per raccontare il lavoro della Fondazione Don Gnocchi a fianco dei bambini italiani mutilati dalle bombe inesplose. Lo ha presentato ufficialmente (in collaborazione con l’ente guidato da Mons. Bazzari che lo aveva nei suoi archivi e recentemente restaurato), la Campagna italiana Contro le Mine. «È un documento di straordinaria forza emotiva, di incredibile attualità, che abbiamo affiancato a filmati e testimonianze delle vittime attuali di mine e cluster in tanti paesi del mondo», commenta Giuseppe Schiavello, il direttore della Campagna.

L’associazione, che sta ora studiando una modalità per divulgare il documento al grande pubblico, guarda con estrema preoccupazione alla posizione dell’Italia riguardo alla messa al bando delle cluster bombs. L’Italia rischia di arrivare impreparata all’appuntamento del 3 dicembre a Oslo per la firma del trattato internazionale sulla messa al bando delle munizioni a grappolo. «L’Italia, che ha il merito di essere tra i 46 Paesi che a febbraio 2007 ha dato avvio al ‘Processo di Oslo’»’, ha sottolineato Schiavello «deve fare seguire al suo grande sforzo diplomatico un impegno concreto e impedire che la Finanziaria 2009 azzeri il fondo ad hoc istituito a seguito della Convenzione di Ottawa».

Si tratta di una voce di spesa piuttosto relativa per i conti dello Stato (appena 3 milioni di euro) e destinata a tutte le attività umanitarie necessarie alle vittime delle mine. «Giungere in un contesto internazionale, con tante parole e tanti impegni presi, senza questo contributo minimo, significa davvero mostrare completo disinteresse per la politica estera di cooperazione», conclude il direttore della Campagna.

Alla presentazione del documentario era presente anche Enzo Scotti, Sottosegretario MAE e Presidente Comitato Nazionale per l’Azione Umanitaria contro le Mine e membro della delegazione che rappresenterà  l’Italia a Oslo, che aveva presentato un emendamento per finanziare il Fondo 58 attraverso una tassa sul tabacco. La modifica è stata però bocciata. Scotti ha fatto appello «alla forza e alla tenacia della società civile, affinché mobiliti l’opinione pubblica per sensibilizzare maggiormente la politica su questi temi. In questi tempi di grandi difficolta’ finanziarie e di bilancio serve un’iniziativa popolare che dia un chiaro segnale alla politica di come e in che misura debba intervenire su tematiche cruciali come il disarmo e il sostegno alle popolazioni civili colpite».

Nella foto, una campagna della Croce Rossa a Bergen in Norvegia, con centinaia di scarpe singole sparse per la città. Il testo dice: «Migliaia di vittime delle cluster bomb usano una scarpa sola»

 

www.campagnamine.org

PER SAPERNE DI PIU’

Il 2-3 dicembre si sono dati appuntamento a Oslo per firmare il Trattato per la messa al bando delle cluster bomb i 107 Paesi che a maggio ne hanno approvato per acclamazione il testo. Tra coloro che terranno i propri arsenali e che non hanno partecipato al processo, ci sono Stati Uniti, Israele, Cina, Russia, India e Pakistan.  Secondo la ‘Cluster Munition Coalition’ (Cmc), gli Stati Uniti da soli possiedono tra i 700 e gli 800 milioni di bombe a grappolo: ogni ordigno puo’ contenere fino a 650 sub-munizioni che si disseminano per un raggio di diverse centinaia di metri.  Tra il 25 e il 40 per cento di queste restano però inesplose e pronte a detonare sul terreno anche molti anni dopo la fine del conflitto, quando le popolazioni tornano nei villaggi e nelle citta’. Secondo l’Onu, il 60 per cento delle vittime delle cluster bomb sono bambini. La prima volta furono usate negli anni Settanta in Vietnam per minare le fitte foreste, nascondigli dei Vietcong, piu’ difficilmente raggiungibili dai soldati statunitensi: nel Nord del Paese ne furono sganciate oltre 350 milioni. L’uso più massiccio di bombe a grappolo degli ultimi anni è stato fatto in Libano, teatro del conflitto tra Israele e la guerriglia Hezbollah. L’Onu ha stimato che sul territorio libanese siano rimasti inesplosi circa 100.000 ordigni, la maggior parte dei quali sganciata nelle ultime 72 ore della guerra.

 

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