Formazione

E ora basta ideologismi

Cronaca di una settimana di passione. Le tante bugie. Il valzer dei numeri. Il punto fermo di Napolitano

di Giuseppe Frangi

È stata la settimana di passione per la scuola italiana. Mercoledì 29 il senato ha approvato il Decreto Gelmini che prevede tra le altre cose il ritorno al maestro prevalente e assegna maggior peso disciplinare al voto di condotta. Il giorno successivo la scuola italiana è scesa in sciopero con adesioni massicce del personale insegnante e partecipazione di migliaia di studenti alle manifestazioni (ma i numeri riportati dai giornali sembrano un po’ enfatizzati: piazza del Popolo contiene al massimo 50mila persone, e non c’era molta gente fuori dalla piazza).

Il decreto. Il punto più contestato riguarda l’abolizione del modulo introdotto nelle elementari oltre 20 anni fa. La ragione del provvedimento è di origine economica (come ha ammesso Tremonti: «non possiamo permetterci una scuola così»), anche se è stato ammantato con i toni della vera e propria riforma. Ovviamente nel valzer delle cifre usate un po’ come corpo contundente, si è fatta molta confusione. Oggi il modulo prevede tre insegnanti su due classi, quindi il peso reale è di 1,5 insegnante per classe. Il risparmio evidentemente c’è.
Si è anche letto che l’avvento del maestro unico al posto del modulo 3×2 costituisce un “colpo al tempo pieno”, ma in realtà ad essere colpito è appunto il modulo, che funziona con uno o due rientri pomeridiani, e non il “tempo pieno”, che funziona tutti i pomeriggi e prevede normalmente l’impiego di due maestri (e non tre) su un orario complessivo di 40 ore.

Le voci di spesa. Nel valzer delle cifre è entrato anche il capitolo delle spese del ministero, ridotto a stipendificio come hanno ribadito tutti gli esponenti del governo in ogni sede. La cifra che viene invece taciuta è un’altra. Come ha ricordato Tuttoscuola «l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa pubblica totale è scesa dal 10,3% del 1990 all’8,8% del 2007, denotando come la scuola e la formazione abbiano perso inesorabilmente posizioni nella scala di priorità del paese (con governi di centrodestra e di centrosinistra). E non è un fatto di risparmi, ma di scelte e appunto di priorità: l’incidenza percentuale potrebbe aumentare anche diminuendo la spesa complessiva».

L’uscita di Napolitano
In occasione dell’inaugurazione ufficiale del nuovo anno scolastico al Quirinale, di fronte a 2.600 ragazzi presenti alla cerimonia, il presidente Napolitano aveva espresso un concetto chiaro: «Per avere un’Italia migliore abbiamo bisogno di una scuola migliore, le condizioni del nostro sistema scolastico richiedono scelte coraggiose di rinnovamento: non sono sostenibili posizioni di pura difesa dell’esistente».

La sinistra invece…
Per voce di Veltroni ha lanciato l’idea di un referndum contro il decreto Gelmini. Ipotesi subito bocciata dal realismo di Massimo D’Alema: «Penso che il referendum è uno strumento monco e improprio, perché i tagli alla scuola approvati in Finanziaria non sono materia da referendum, e le norme della Gelmini, se e quando il referendum si facesse, cioè all’incirca nel 2010, avranno già prodotto i loro effetti».
Infatti si fa confusione tra le misure previste nel decreto e quelle contenute nella finanziaria. È in questa sede che entra la questione della riduzione degli istituti. Ma i termini stanno in modo differenti da come frettolosamente sono stati recepiti. Si fa infatti confusione tra revoca dell’autonomia e della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche sottodimensionate (sotto i 500 alunni, salvo deroghe) e soppressione delle scuole in quanto luoghi fisici adibiti alla funzione educativa (punti di erogazione del servizio). Nel primo caso, che è quello cui si fa riferimento abitualmente, gli allievi restano dove sono, solo nel secondo, che riguarda le microscuole di pochi alunni (perfino 4), questi ultimi dovrebbero spostarsi in altre sedi, sempre che non si tratti di scuole di montagna o situate in piccole isole.


In tv. Tra le tante voci apparse in queste serata ha colpito quella di Simonetta Salocene, preside della scuola Iqbal Masih di Roma, che a Otto e mezzo su La 7 ha difeso con grande passione l’esperienza sua e dei suoi colleghi. «Ci sentiamo offesi per come si parla di noi. Smettiamola di guardare alle classifiche. Guardiamo alla realtà, all’esperienza della collegialità che non è un patrimonio, alla realtà di una scuola che ha unito il sapere al sapere fare, e che in questi anni ha prodotto integrazione».


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