N el 2004, Giovanni Gaglio, preside dell’istituto milanese Gaetana Agnesi, era stato al centro di un’accesa polemica per la proposta di avviare all’interno del suo stesso liceo una classe “protetta” per i ragazzi musulmani. Ironia della sorte, a sabotare il progetto furono proprio coloro che oggi propongono le classi d’inserimento.
Vita: Qual era il vostro obiettivo?
Giovanni Gaglio: Tirare fuori dal ghetto e dall’illegalità i ragazzi islamici della scuola di via Quaranta a Milano.
Vita: Quale era la vostra proposta?
Gaglio: Abbiamo suggerito di avviare una classe “protetta” per 20 studenti musulmani che per due anni avrebbero studiato separatamente, e dal terzo sarebbero stati integrati nelle classi italiane. A differenza di quanto riportato su molti giornali, sia i docenti sia i programmi didattici sarebbero stati rigorosamente italiani. Ma alla fine non se ne fece nulla.
Vita: Perché?
Gaglio: Alcuni esponenti della Lega non compresero la possibilità di una reale integrazione culturale, oltre che linguistica.
Vita: Però oggi proprio loro propongono le classi di inserimento?
Gaglio: Non mi sento di condannare le intenzioni. Certo è che la mozione arriva in un clima di intolleranza verso il diverso.
Vita: Ma il contenuto è in linea con la sua proposta del 2004?
Gaglio: Allora si trattava di salvare dal ghetto e dall’abbandono scolastico alcuni minori. Oggi si tratta di costringere tutti gli stranieri a un’integrazione linguistica – che non è necessariamente culturale – per la quale, fra l’altro, esistono già strumenti idonei. La direttiva Moratti-Moioli, infatti, prevede se necessario il ricorso a programmi d’insegnamento personalizzati per l’apprendimento della lingua italiana. Ribadendo, però, la necessità di un percorso d’integrazione condiviso all’interno delle classi ordinarie.
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