Economia

Lo sportello mutualisticobapproda sotto il Vesuvio

di Redazione

3mila soci, 5 milioni di capitale. E l’ambizione di diventare un motore della società civile partenopea N apoli ha la sua banca. O meglio i napoletani sono diventati banchieri. Così è per quei 3mila cittadini che si sono uniti, sborsando una quota di circa 500 euro a testa, per dare vita alla prima esperienza di banca di credito cooperativo nella città più grande del Meridione. Il progetto di Banca del Sud per ora, coi chiari di luna che agitano le Borse e gli istituti di credito, resta nei cassetti del ministero del Tesoro, già fin troppo impegnato a lanciare ciambelle di salvataggio ai big del credito. E allora lo sportello autoctono, al 100% Made in Napoli, verrà aperto dalla società civile, quel mondo giudicato spesso incapace di dare risposte ai problemi della città.
Il 17 ottobre si è tenuto il primo consiglio ufficiale dei soci, mentre a gennaio 2009, in pieno centro, a due passi da Banca D’Italia, in via Cervantes, ci sarà il taglio del nastro della nuova banca. Si parte con 5 milioni di euro di capitale, un presidente – Claudio Tia – che si è fatto le ossa in Intesa Sanpaolo, e due vicepresidenti espressione dei soci cooperativi, Amedeo Manzo, commercialista, e Ferdinando Flagiello, numero uno di Confcooperative Napoli. «La città chiede da tempo una banca diversa, che sappia cogliere le esigenze delle persone», spiega Silvio Petrone , presidente di Federcasse Campania e della Bcc di Battipaglia. «Crediamo che la cooperazione possa portare speranza e progettualità in un territorio non facile, che vive continuamente l’emergenza. I nostri soci sono soprattutto famiglie, professionisti, piccole imprese. Il classico indotto delle banche di credito cooperativo, fino ad oggi colonne portanti delle province e che in futuro lo saranno anche dei territorio urbani».
In Campania non è l’unico esempio di Bcc cittadina: ci sono gli istituti di Salerno e la Banca d’Irpina. «In una città complicata e grande come Napoli la sfida è doppia», continua Petrone. «Nel nostro piano industriale puntiamo al break even entro tre anni. Faremo banca tradizionale, operazioni ordinarie: filo diretto con i soci clienti, tutto quello che forse manca ai napoletani. Saremo la banca dei pendolari, di quelli che vivono nell’hinterland napoletano e vedono il centro per lavorare e depositare i risparmi».
Lo statuto parla chiaro: «La società si ispira ai principi cooperativi della mutualità senza fini di speculazione privata. E si distingue per il proprio orientamento sociale e per la scelta di costruire il bene comune». Il 70% dell’utile sarà distribuito alla formazione o all’incremento della riserva legale, altre quote andranno al fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, ed eventuali utili residui saranno destinati in beneficenza.
La costituenda Bcc di Napoli nasce con il sostegno dei cugini del Nord, quelli della banca gemellata del Garda, che assicureranno un accompagnamento per i primi passi della nuova realtà del Mezzogiorno. «Nel Sud la cooperazione fa fatica a crescere», conclude Petrone, «siamo certi che una nuova piccola banca di credito cooperativo sarà di riferimento a tutto il terzo settore e all’associazionismo napoletano».


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