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Aiuti non gabbie per i volontari
I Centri per il volontariato sono oggetto sia di feroci critiche sia di sperticate lodi.Abbiamo voluto capire chi ha ragione con uninchiesta senza pregiudizi
I più vecchi hanno appena un anno di vita eppure sono già stati analizzati, smontati, passati al setaccio. Sul loro funzionamento si contano tre rapporti, un sondaggio e innumerevoli documenti interni di valutazione. Forse perché li si è attesi per tanto tempo (la legge li prevedeva già nel 1991!), ma i Centri di Servizio per il volontariato sicuramente un primato già ce l?hanno: quello di essere la struttura del Terzo settore più sottoposta a verifiche d?Italia. Una mole notevole di lavoro finora circolato quasi esclusivamente nei circuiti semiclandestini che l?hanno prodotto: commissioni ministeriali, seminari e convegni sul volontariato, uffici di presidenti di associazioni, coordinamenti regionali e provinciali. E così va a finire che qua e là ancora ci si domandi a che punto sia l?applicazione della legge quadro sul volontariato, la ?madre? di tutti i Centri.
Per rispondere a questa domanda anche noi abbiamo voluto provare a fare il ?tagliando? ai Centri di servizio italiani, quelle strutture che in base all?articolo 15 della citata legge 266 del 1991 hanno il preciso compito di «sostenere e sviluppare le organizzazioni di volontariato». Un ruolo importantissimo anche dal punto di vista culturale, dato che rappresenta il riconoscimento da parte della legge della necessità che l?intervento sociale delle associazioni sia il più utile e qualificato possibile per il benessere di tutti i cittadini.
Ma chi lo svolge? Le associazioni stesse, ovviamente, che infatti gestiscono i 44 Centri di servizio attivi in 12 regioni d?Italia. Non sono certo nati settimini, i Centri: solo nel 1997 non ne era operativo neppure uno, 6 anni dopo l?approvazione della legge. Un ritardo davvero epocale dovuto a una resistenza tutta di carattere economico che, come vedremo, li ostacola ancora oggi. La nascita dei Centri doveva infatti essere preceduta dall?insediamento, in ogni regione, di un Comitato di gestione incaricato di erogare i fondi. A scucirli dovevano essere le Fondazioni bancarie, che però fin dall?inizio si sono fieramente opposte, e in polemica con la 266 si sono appellate per ben tre volte alla Corte Costituzionale contestando il principio per cui dovesse essere una legge a stabilire come dovessero spendere i loro quattrini. Soltanto dopo i pronunciamenti della Corte – tutti a favore del volontariato – i Comitati si sono finalmente costituiti e le Fondazioni hanno cominciato a erogare le somme di loro competenza, pari a un quindicesimo del capitale. Ma la diffidenza delle Fondazioni, o per lo meno di alcune di esse, continua ancora oggi. Ed è anche per questo che in alcune regioni i Centri non ci sono ancora: è il caso di Abruzzo, Puglia, Sicilia, Valle d?Aosta e delle provincie di Trento e Bolzano; in Friuli e Campania manca il Comitato di gestione; in Abruzzo e Puglia il Comitato è rimasto in carica due anni, ma senza istituire i Centri. E pensare che per favorire la loro partenza e attività sono stati stanziati dal 1992 quasi 110 miliardi.
Dove i Centri esistono, comunque, non si fanno mancare nulla: né problemi, né buone iniziative. Partendo dai problemi, ha suscitato molte polemiche un sondaggio realizzato dalle Misericordie in Toscana sull?operato del Cesvot, il Centro regionale del volontariato. Secondo le quasi 300 associazioni che hanno risposto ai quesiti delle Misericordie, il Cesvot sarebbe una struttura lontana (vi si è rivolto solo il 37% del campione), con cui i rapporti sono inesistenti, pessimi o scarsi (55%). Un giudizio decisamente negativo che non combacia però con un?altra indagine, sicuramente meno di tendenza, quella prodotta dal Cesiav (il Centro studi sul volontariato costituito da Anpas, Arci e Auser) alla fine del 1998. Il Cesiav sottolinea infatti come i Centri stiano già fornendo un?ampia gamma di offerte formative (il 79% di loro ha varato un ?piano formazione?) e di consulenze (il 59% si avvale di consulenti esterni retribuiti); siano aperti al pubblico per un numero di ore pari o superiore agli uffici statali (58%), siano dotati di sufficienti supporti informatici per lavorare in rete tra loro e comunicare con le associazioni (72%) e si ritengano abbastanza soddisfatti delle risorse economiche a loro disposizione (il 47% è soddisfatto, il 38% no). In effetti, alcuni Centri di servizio sono diventati un vero e proprio punto di riferimento per il contesto sociale in cui sono inseriti.
È il caso del Centro di Belluno, una provincia tra le più ?associate? d?Italia, in cui esiste un gruppo volontario ogni 600 abitanti e 1 cittadino su 30 vi è impegnato. Qui il Csv ha realizzato in un anno 8 corsi di formazione, 161 consulenze, uno sportello informativo sul volontariato a Feltre, due guide per disabili, un gemellaggio con la Sicilia, un giornalino, una Banca del volontariato, un sito Internet e perfino un?agenzia stampa locale che diffonde i comunicati delle associazioni. Sicuramente un buon esempio. «Ci sentiamo utili, anche se siamo consapevoli di non fare abbastanza», ammette il coordinatore del Centro di Belluno, Angelo Paganin. «Abbiamo scelto di privilegiare l?ascolto delle associazioni, anche di quelle piccolissime che sono poi la maggioranza sul nostro territorio. E abbiamo stretto rapporti con il Provveditorato agli studi, gli enti locali, le Asl, con cui dialoghiamo alla pari. Nessun complesso di inferiorità, nessuna presunzione. Ma di certo non aspettiamo che siano gli altri soggetti a muoversi per primi».
I problemi più frequentemente segnalati nel rapporto tra Centri e associazioni è comunque quello della comunicazione. Spesso infatti le iniziative dei Centri non vengono adeguatamente pubblicizzate e non raggiungono tutte le realtà che vi potrebbero accedere. Esemplare è il caso della Lombardia, in cui pure sono attivi 9 centri. Alla data dell?ultimo rilevamento, ottobre 1998, gli interventi sono stati 2483 a favore di 1571 associazioni su un totale di circa 5000. Il che significa che due terzi delle organizzazioni lombarde non hanno ancora avuto contatti con i Centri di servizio.
«Un bilancio moderatamente positivo considerando che siamo partiti da pochi mesi», dice Maurizio Ampollini, supervisore del Centro di Varese. «Dà soddisfazione sapere di essere utili alle associazioni piccole, quelle che magari per stendere lo statuto si rivolgerebbero a professionisti dalle parcelle altissime, ma forse non qualificati quanto noi».
Il Cesiav evidenzia poi altre questioni da risolvere, quali la necessità di un coordinamento a livello regionale e nazionale, la sperequazione delle risorse tra Nord e Sud (dove le Fondazioni sono pressoché inesistenti e di conseguenza i fondi molto più magri), le difficoltà di rinnovamento dei Comitati di gestione e le lungaggini burocratiche. Per poi concludere che «Centri di servizio che costituiscano un modello di riferimento particolarmente significativo, un modello esemplare, sono di difficile individuazione». Forse perché, insinua qualcuno, è complicato voler controllare in tutti i suoi aspetti una realtà come quella del volontariato che per sua natura sfugge a gabbie burocratiche troppo rigide. Insomma, ci si è messi in cammino ma resta ancora molta strada da fare.
I centri in cifre
La sede
Centri con sede definitiva 48%
Centri con sede provvisoria 13%
Condividono la sede 19%
Cercano altra sede 20%
Le attrezzature informatiche
Hanno attrezzature di base 72%/b>
Non hanno attrezzature 28%
L?apertura settimanale
Meno di 18 ore 26%
Dalle 18 alle 28 ore 34%
Più di 28 ore 24%
Le risorse economiche
Sono soddisfatti delle risorse 47%
Non sono soddisfatti 38%
(fonte: Cesiav 1999)
Un indirizzo per regione
? PIEMONTE / Ssp – Centro Sviluppo e Solidarietà in Piemonte
Torino, via Giolitti 37 – Tel. 011/8124796, fax 011/8124748. Presidente: E. Carità
? EMILIA ROMAGNA / Cesevobo – Centro Servizi Volontariato
Bolognese
Via delle Lame 29, 40134 Bologna – Tel. 051/273331, fax 051/6562501,
e-mail: cesevobo@iperbole.bologna.it. Presidente: Enrico Morganti
? VENETO / Centro di Servizio per il Volontariato di Venezia
Mestre , via della Rinascita 506 – Tel. 041/931720, fax 041/5387770. Presidente: Nicola Funari
? LIGURIA / Cespim – Centro Servizi Provincia Imperia
Imperia, viale Matteotti, 18100 – Tel. 0184/505256, fax 0184/505300
e-mail cespim@mbox.lol.it. Presidente: Antonietta Semeria
? LOMBARDIA / Ciessevi
Milano, via Pusiano 22 – Tel. 02/27200453, fax 02/27200709
e-mail: csvmi@tin.it. Presidente: Marco Granelli
? LAZIO / Cesv
Via dei Mille 6, 00185 Roma – Tel. 06/491340, fax 06/44700229,
e-mail: info@cesv.org. Presidente: Giulio Ernesto Russo
? TOSCANA / Cesvot
Firenze, via De Martelli 8 – Tel. 055/2654582, fax 055/214720
e-mail: infocesvot@cesvot.toscana.it. Presidente: Luciano Franchi
? UMBRIA / Cesvol
Perugia, Strada Santa Lucia 8 – Tel. 075/5848625, fax 075/5848617
e-mail cesvolpg@cline.it. Presidente: Giuliano Ciani
? MARCHE / Centro Servizi Volontariato Ancona
Ancona, c/o Auser, corso Mazzini 100 – Tel./fax 071/2070600. Presidente: A. Astolfi
? MOLISE / Acesvo – Centro Servizi Volontariato
Campobasso, c/o Admo-Avis, via Duca D?Aosta 30/i – Tel. 0874/97440, fax 0874/415000 – e-mail: acesvo@aliseo.it. Presidente: Eugenio Astore
? SARDEGNA / Cesvos – Centro di Servizio per il Volontariato Sardegna Solidale
Cagliari, via E. Pessagno. Tel. 070/345069, numero verde 167150440, fax 070/345032. E-mail: sardegnasolidale@interbusiness.it. Presidente: G. Farru
? BASILICATA / Cesvit
Potenza, Via Volontari del Sangue 1 – Tel. 0971/469037.
Presidente: Mario Sarli
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