Formazione

Ha tutti bcontro,bEppure tiene

Il punto di vista di Marco Imarisio

di Redazione

L’inviato del «Corriere» ha scritto un libro raccontando la scuola dal “basso”. «Se ne parla male a prescindere. Ma è molto meglio di quel che si racconta» « A forza di continuare a ripeterlo, che la scuola generi ignoranza è diventato un luogo comune. Se si parla male a prescindere, senza ragionarci, alla fine la percezione diviene automatica». Marco Imarisio, inviato del Corriere della Sera , autore di un libro di grande successo ( Mal di scuola , Bur). non si sottrae dalle responsabilità della categoria. «È una responsabilità nostra, anche; dico di noi giornalisti. È una semplificazione. Un diffuso gettar discredito. Sicuramente la scuola fabbricherà qualche ignorante, ma in un Paese dove sono poche le cose che tengono…».
Leggendo le dodici storie dell’inchiesta di Imarisio, vien da pensare che sia stata l’unica a sostenere l’urto di quel caos implacabile che ha travolto molte altre istituzioni. «Ha tenuto, su questo non c’è dubbio, ha retto l’assalto», spiega il giornalista, «è un’istituzione che continua a reggere. La scuola italiana nel suo complesso c’è. Si può migliorare, ma nel complesso è migliore di quel che si racconta…».
Vita: Secondo il ministro Gelmini «quando un motore è guasto non si mette benzina. Prima lo si ripara». Dà per scontato che la scuola sia in avaria…
Marco Imarisio: Evidentemente sì. Dal mio “viaggio” ho tratto la conferma che la scuola italiana non sta bene. È innegabile. Lo affermano decine e decine di ricerche. Se ragioniamo in termini di motori, però, che la prima sezione su cui intervenire fosse quella più propulsiva, la meglio funzionante, ovvero le elementari, è cosa che dà adito per lo meno a qualche perplessità. Qualunque esperto sottolinea che il principale buco nero della scuola sono le medie, seguite dalle superiori. La Gelmini non fa nulla di diverso da quello che si sta facendo in altri campi.
Vita: Cioè?
Imarisio: Si fanno i tagli, poi si scrive una riforma a supporto. Non ho un’opinione specifica sul maestro unico. Prendo però atto che prima è stato deciso il suo ritorno e poi ci si è occupati di scrivere la didattica che ne spiega le ragioni. È così sempre: qualunque sia il governo. Di centrosinistra. Di centrodestra. I padri e le mamme della crisi scolastica sono parecchi.
Vita: Un esempio?
Imarisio: Quello più illuminante è l’abolizione degli esami di riparazione. Siamo nel 1994. Il primo governo Berlusconi è in affanno, costretto dal ribaltone di Bossi e Buttiglione all’ordinaria amministrazione. Nell’aria le elezioni anticipate. In questa fase il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe D’Onofrio, abolisce gli esami. Un colpo di genio elettorale, inutile dato che poi non si andò al voto ma pensato per lisciare il pelo a un bacino enorme di elettori, cioè i genitori. Per un cambiamento così importante, sarebbe stata necessaria una riflessione, no? Tanto più che per due anni, abolito il rinvio a settembre, non ci fu nemmeno il sistema dei crediti e dei debiti. A ricordarlo oggi, non ci si crede. La scuola anticipa quello che saremo e per questo è materia da maneggiare con cura, sapienza e coscienza. Mi sembra però che nel dibattito manchi, e non da oggi, una cosa fondamentale.
Vita: A che si riferisce?
Imarisio: Di cosa parliamo quando parliamo di scuola? Anche la frase del ministro che ha citato, non dice nulla del futuro. Sono anni ormai che la scuola è vista, da destra come da sinistra, come un albero dal quale tagliare rami secchi. Ora, è giusto ottimizzare le risorse, ridurre gli sprechi e le inefficienze. È addirittura superfluo parlarne. Quello che manca è una riflessione sul ruolo che la scuola deve avere nella società moderna. In Francia hanno saputo farla…
Vita: Quando?
Imarisio: Dopo la rivolta della banlieue parigina, superato il problema d’ordine pubblico, il governo di centrodestra nel quale Sarkozy era ministro dell’Interno (e definì quella gioventù “racaille”, canaglia), adottò un provvedimento fondamentale: creò un fondo a disposizione della Pubblica istruzione. Quei soldi servirono per incentivare i professori: se fossero andati a lavorare per almeno tre anni in 80 scuole a rischio della banlieue, avrebbero avuto un quasi raddoppio dello stipendio. Il governo pensò alla scuola come parte in causa, come agente di cambiamento e miglioramento sociale.
Vita: Dalla sua inchiesta, chi esce male sono i genitori. Come quella madre che dice: «i nostri figli non si processano»… Cita Aldo Moro e non si rende conto di quanto ciò sia ridicolo…
Imarisio: È l’effetto di un vero e proprio cortocirtuito. I genitori per varie ragioni – perché la vita è troppo stressante, perché sono oberati d’impegni, perché non sono all’altezza – abiurano al loro ruolo, firmano senza saperlo una delega.


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