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Scuola, il 68 dietro l’angolo?

Si moltiplicano le manifestazioni di protesta contro la Gelmini. E in molti ormai evocano la grande contestazione

di Franco Bomprezzi

Scontri a Milano e manifestazioni in tutta Italia. Sempre più caldo il fronte anti-Gelmini. Ecco come i quotidiani di oggi scelgono di trattare la questione scuola

 

Una fotonotizia degli scontri di Milano fra studenti e polizia campeggia sulla prima pagina del Corriere di oggi. Università: crescono in tutta Italia le proteste contro i tagli. A Milano scontri con la polizia in centro: 6 studenti feriti, riassume il catenaccio. Il pro e contro è affidato a due interviste. La prima all’architetto Fuksas: «Non è un altro 68 perché ogni epoca ha una propria connotazione. Ma il dato in comune con queste proteste è che tutto comincia dai giovani, dotati di una naturale chiarezza nel comprendere i problemi e nell’intuire l’evoluzione della società. Altro che ragazzi alcolizzati, intontiti dallo sballo. Qui c’è vitalità, capacità di reazione critica». L’altra del filosofo Veca: «Di queste proteste mi colpisce la componente ritualistica. Abbiamo visto molte pallide repliche delle proteste studentesche dal 68 ad oggi. Se le proteste si trasformano in qualcosa di fine a se stesso si rischia di rendere impraticabile un confronto tra soluzioni alternativi dei problemi».
Nel dietro le quinte a firma di Fabrizio Caccia la posizione del presidente Napolitano emerso dall’incontro con gli studenti della Sapienza: «Io sto dalla parte dell’università…Quando si prendono misure di finanza pubblica bisogna sempre stabilire delle priorità»

Repubblica apre con l’allarme recessione del governatore Draghi ma dedica la fotonotizia alla protesta: “Scontri a Milano tra studenti e polizia ancora cortei contro la Gelmini”. La cronaca alle pagine 6 e 7. Roberto Bianchin dà il quadro d’insieme: “Scuola, cortei e assemblee in tutta Italia scontri a Milano, occupazioni a Roma”. La parola d’ordine di questo movimento è bloccare le iniziative Gelmini, che dal canto suo sembra meno granitica rispetto alle dichiarazioni dei giorni scorsi. «So fare autocritica. Mi va bene il confronto anche quando è aspro. Sono una donna determinata, non una panzer ottusa». Quanto agli scontri di Milano, mentre i ragazzi spiegano di aver reagito alle provocazioni («abbiamo filmato  un carabiniere che ha colito un ragazzo caduto a terra con un calcio e una manganellata»), il vicesindaco De Corato parla di «unica regia», «lunga mano dei centri sociali e di una certa sinistra radicale ed estrema». Vien da dire: coerente…
Alla Sapienza, fa sapere un box, gli studenti hanno consegnato una lettera a Napolitano: “Presidente, scelga con chi stare”. Lui ha fatto sapere che risponderà nelle «forme più opportune».
Una sorta di fenomenologia della protesta l’abbozza Franco Vanni: “I ragazzi del 2008 archiviano la kefiah «Basta politica, saremo imprevedibili». I poliziotti dicono: i contestatori sono sempre i soliti. Sarà, spiega il cronista, ma moltissimi sono all’esordio della contestazione; altri invece, ricercatori 30enni e lavoratori precari sono più “esperti”. Quanto al look, è «sparito quello terzomondista da corteo anni Novanta: poncho, Clarck’s cosumate e abiti a brandelli. Finita anche l’era del No Logo a tutti i costi, tornano i jeans firmati e le felpe streetstyle»; gli studenti in protesta si riconoscono più in Saviano che nel Che, hanno in tasca il libretto, non credono nei partiti.
In appoggio, si fa per dire, Carmelo Papa riferisce dove studiano i figli dei potenti: “La ministra: «I miei figli a scuola pubblica» ma i suoi colleghi preferiscono il privato”. La Gelmini gioca d’anticipo (non ha figli), Rotondi invece preferisce la privata perché «nella pubblica sua figlia di 5 anni difficilmente riceverebbe l’educazione cattolica che io e mia moglie abbiamo ricevuto». Stessa scelta per Giovanardi i cui 3 figli, più grandi, hanno fatto la stessa scuola cattolica e poi liceo privato. Anche la bimba della  Melandri va alla privata, per lo più steineriana (quella preferita dai Berlusconi)…

Mentre piazze e università si infiammano, il Sole dà spazio a Gustavo Piga, ordinario in Economia Politica a Tor Vergata, che in un articolo sull’università dice che «siamo vicini a una rivoluzione nel vero senso della parola» e invita il ministro Gelmini a ispirarsi a modelli di università che premino davvero la meritocrazia. Quali? Stati Uniti: gli atenei competono tra loro basandosi sulla reputazione. Quindi pochi atenei d’eccellenza, in cu entrare è difficilissimo, e tanti altri dove si fa ottima didattica, proiettata nel mondo del lavoro. Gran Bretagna: competizione regolata dallo Stato che premia con fondi in base alla qualità della ricerca valutata da parametri oggettivi; Francia e Germania: selezione e valutazione statale delle università migliori, che vengono quindi finanziate, secondo il parere di commissioni di esperti. Tutti questi modelli creano un doppio livello di università, l’eccellenza e il resto, dove la selezione meritocratica – a giudizio di chi scrive – sarà automatica: per non perdere i finanziamenti l’ateneo di serie A dovrà per forza attrarre i migliori.

«Università: la protesta degenera» è il titolo di Avvenire (pag. 10).
L’articolo, per altro non lunghissimo, è sostanzialmente cronaca, ma non è difficile intuire quale sia la posizione dell’autore nel sottolineare che: «Gli universitari (di Milano) sostengono di essere stati manganellati senza ragione da polizia e carabinieri, ma in un video girato dagli stessi manifestanti si vede uno di loro assestare un robusto calcio a un agente mentre da dietro un gruppo di giovani ha letteralmente spinto contro le forze dell’ordine i ragazzi che stavano in prima fila con le mani alzate». C’è poi un riepilogo delle manifestazioni che a macchia di leopardo hanno interessato le altre città e chiude con D’Alema «Una protesta giusta» e Berlusconi «inaccettabile strumentalizzazione anche dei bambini» e «mezzi di informazione che dicono cose che sono il contrario della realtà».
Non manca in un boxino affianco la voce del Coordinamento delle liste per il diritto allo studio, la lista studentesca di area cattolica e di maggioranza relativa all’interno del Consiglio nazionale degli studenti universitari: «Parlare di atenei occupati o di studenti universitari in piazza non rende giustizia a quanto sta avvenendo nelle università italiane». In sintesi: la realtà più consistente nelle università rimane quella delle proposte di discussione e riflessione costruttive che non prevedono la sospensione della didattica.

“Classaction”: è questo il titolo in prima del manifesto dedicato alle manifestazioni contro la Gelmini con la foto di una lezione per strada e gli studenti seduti sui gradini di una scalinata. Due pagine (la 6 e la 7) raccontano le diverse manifestazioni. Il titolo principale è dedicato a “Milano, la Statale occupa la città” con la cronaca degli scontri di ieri davanti alla stazione Cadorna. Nella stessa pagina viene data notizia del blog attivato dal manifesto per “poter raccontare in presa diretta le proteste, le manifestazioni, le iniziative di ogni tipo che sono levate contro  la riforma Gelmini sulla scuola e sull’università”. Nelle stesse pagine anche lo sgombero del centro sociale Horus di Roma, dal titolo “Sgomberato l’Horus Alemanno provoca” sarebbero state trovate delle molotov, al fatto viene dedicato anche un richiamo con foto in prima pagina “Alemanno: è guerra ai centri sociali. E «scopre» le molotov”.

Il Giornale apre  con il titolo ” I Prof. «Scioperate o vi bocciamo» per fare la cronaca di ieri e per sottolineare che i docenti stanno soffiando sul fuoco della protesta. Il servizio a pag. 3 racconta del caso  di Trieste, al liceo classico Alighieri,  dove alcuni genitori hanno denunciato che alcuni docenti  tra sfottò e minacce additavano chi lo sciopero non lo voleva fare.  Il fondo di Vittorio Macioce dal titolo Una generazione ostaggio del passato dice  che si sta vedendo un remake  del ’68 che come tutte le copie è però più triste dell’originale.  Ci sono gli stessi slogan e bandiere con il Che. Qualcuno ha rubato la fantasia.


E inoltre sulla rassegna stampa di oggi:

Crisi
Il Sole– «La crisi ora colpirà il Pil», è il titolo di apertura del Sole, che cita Draghi e la sua relazione al Senato. Interessante il fondo politico su «l’inarrestabile ritorno dei leader»: con la crisi la politica è ritornata in auge e si assiste alla “resurrezione” di presidenti dati per spacciati, come l’inglese Brown, o pasticcioni, come Sarkozy, mentre Berlusconi arriva al 60% di consensi. Cosa non va? Che nelle misure prese per tamponare i crac e aiutare le banche c’è stata una «assenza di confronto democratico», niente dibattiti, niente Parlamenti, solo «retorica millenarista». Ma – si chiede il Sole – possiamo davvero permetterci di rinunciare a discutere quello che sta avvenendo? No, per tre motivi: 1) il principio delle decisioni d’autorità rischia di evolversi da metodo a sostanza della politica; 2) la leadership raccoglie consensi quando le cose vanno bene, cioè è efficace, ma quando sbaglia che succede? 3) la globalizzazione ha introdotto processi scarsamente governabili a livello nazionale: la retorica autocratica rischia di di allontanarci dalla soluzione di tanti problemi.

Ricchi e poveri
Repubblica– Segnalo il pezzo di Maurizio Ricci, “L’Ocse: Italia al top della disuguaglianza «Adio classe media, sempre più povera». Triste posizionamento dello Stivale: siamo sesti nel divario tra i redditi, preceduti da  Messico, Turchia, Usa, Polonia e Portogallo. In sostanza l’Ocse rileva la scomparsa della classe media. Da noi le fasce più alte guadagnano 12 volte più di quelle di basso reddito. «Una società immobile e classista, dove i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sono sempre di più e la speranza del salto sociale è ridotta al lumicino. Con tutto il parlare di caste, in Italia, si rischia di perdere di vista  la fondamentale frattura nelle strutture sociali che dà il conto in banca».

La Stampa– Intervista a Stefano Zamagni, che commenta i dati Ocse che danno all’Italia la maglia nera della disuguglianza: «Sono la conferma di quel che accade a un  Paese dove si continuano a fare politiche di welfare del tutto superate». La ricetta? «meno assistenza e più capabilities. Meno welfare e più learnfare. Meno aiuti, più conoscenza e competenze». Zamagni cita l’esempio francese, dove il governo due anni fa ha varato un piano che permette a giovani e anziani di imparare un mestiere a utilità sociale: assistenza agli anziani, baby sitting, operatore culturale. Chi li impiega paga metà delle tasse sul lavoro. Per chi guadagna 900 euro in n call center è un modo per raggiungere una soglia di reddito dignitosa»
 
Clima
Corriere– Durissima sortita contro l’Italia del presidente francese Sarkozy: irresponsabile bloccare il piano, ma poi apre a un possibile accordo: capisco le preoccupazioni, creeremo le condizioni per un compromesso. Intanto il ministro Prestigiacomo ha siglato un accordo con Eni ed Enel  per la cattura e il sequesto geologico dell’anidride carbonica. Secondo le previsioni il piano potrebbe abbattere del 100% le emissioni di anidride carbonica delle centrali. Malgrado l’annuncio perché il piano divenga operativo occorerrà aspettare ancora un po’. Presso la commissione europea di piani del genere ne sono stati depositati già 34. Ma solo 12 di loro accederanno ai finanziamenti. La Prestigiacomo incrocia le dita.

Manifesto– “Un clima alla Sarkozy” è il titolo del commento di Massimo Serafini che richiama il bambino malato di cancro da diossina a Taranto e come rivolgendosi a Brunetta, Scajola e Prestigiacomo scrive “Le vostre dichiarazioni emanano un fetore insopportabile un tredicenne sta morendo di cancro per le emissioni di diossina, di una quelle aziende che voi difendente. Quella che in questi anni ha ricattato lavoratrici e lavoratori, il sindacato, l’intera popolazione di Taranto obbligandoli a scegliere fra occupazione e risanamento ambientale”. La conclusione è dedicata alla riflessione che anche in Italia ci si deve muovere e non sperare solo nelle bacchettate europee a Berlusconi e alla sua politica per l’ambiente per evitare di “essere costretti solo a tifare Sarkozy”.

Adozioni
Corriere- Con richiamo in prima e servizio a pag18 la Corea del sud annuncia lo stop alle adozioni internazionali entro il 2012. Fino ad oggi son os tati mandati all’estero 200mila piccoli (2 su 3 negli stati uniti). Il governo asiatico ha infatti deciso di incoraggiare le adozioni interne che ormai hanno superato quelle straniere (1388 contro 1264 nel 2007). Protestano le associazioni americane: «La SudCorea ha abbassato gli standard dell’adozione nazionale, sono più interessati all’immagine del Paese che al bene dei bambini». Seul ha però da poco ratificato la convenzione dell’Aja sulle adozioni che, spiega la vioce presidente della Cai Daniela Bacchetta, impone di «favorire le adozioni nazionali».

Giovani
Italia Oggi– In occasione dell’apertura dl diciottesimo salone dello studente “Campus Orienta”il ministro Meloni annuncia le agevolazioni per attività avviate da disoccupati. “Stiamo studiando la fattibilità di un programma di agevolazioni fiscali per le imprese avviate dai giovani non occupati, potenziando, inoltre, l’istituto del prestito d’onore ai fini formativi che in Italia funziona poco e malissimo”. La Meloni, accusata  dai media di essere una persona senza passione, ha detto di essere consapevole delle difficoltà che hanno i giovani per entrare nel mondo del lavoro. “Paragonati ai colleghi europei, i ragazzi italiani risultano assai meno competitivi, soffocati da un mercato globale che non fa sconti a nessuno. Un espediente per  renderli più concorrenziali sarebbe l’abbassamento dell’età d’accesso alla formazione non accademica., nonché l’uso del ticket di lavoro accessori” (previsto dalla legge per far emergere dal sommerso le prestazioni occasionali di disoccupati da oltre un anno, casalinghe, studenti e pensionati, disabili e soggetti in comunità di recupero, extracomunitari regolari disoccupati da almeno sei mesi). «Stiamo anche valutando,  la possibilità che nelle università possano essere realizzati dei centri di consulenza gratuita per chi desidera avviare un impresa».


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