Formazione

Moratti, ripensaci

Grazie agli enti locali, 3mila operatori sociali tengono i servizi scolastici. Ma ora rischiano di uscirne

di Francesco Agresti

Un?esperienza unica in Italia per la quantità e la qualità dei servizi offerti, che rischia di naufragare a causa di problemi burocratici. Quella avviata a Torino nel 95 è stata la prima iniziativa a prevedere l?affidamento dei servizi scolastici alle cooperative sociali di tipo B. In 6 anni, 164 in tutta la provincia, per un migliaio di addetti di cui 370 appartenenti a categorie svantaggiate e 691 donne. A livello nazionale, il settore dei servizi esternalizzati delle strutture scolastiche coinvolge circa 30mila lavoratori, di cui circa 3mila sono soci di coop sociali. Un progetto pilota «Riuscire a raggiungere questi risultati non è stato affatto facile», spiega Anna Di Mascio, responsabile regionale del Piemonte della cooperazione sociale della Legacoop, «abbiamo iniziato con 75 scuole della provincia di Torino». Uno dei primi ostacoli da superare è stata la diffidenza dell?opinione pubblica, in particolare quella di alcuni genitori allarmati dalla presenza nelle scuole di persone che avevano avuto problemi di tossicodipendenza o con la giustizia. «Abbiamo fatto assemblee in ogni scuola per rassicurare i genitori, il resto è stato fatto dai soci delle cooperative: la qualità del servizio ha permesso di superare le diffidenze». I problemi sono iniziati con l?emanazione della legge 124 del 99, provvedimento che ha decretato il trasferimento del personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole da Province e Comuni al ministero dell?Istruzione. I provveditorati, a differenza degli enti locali, non ricoprono funzioni di tipo socio-assistenziale e non rientra nei loro compiti la promozione di percorsi di inclusione sociale. «Con questa legge», sottolinea Di Mascio, «si sono creati dei vuoti normativi che stanno mettendo a repentaglio la vita di numerose coop. Le nostre stanno ancora lavorando sulla base degli accordi economici concordati nel 99, senza alcun adeguamento rispetto all?inflazione; i soci sono ancora in attesa di ricevere i pagamenti del 2002 e di quanto loro spetta per il lavoro degli anni passati hanno ricevuto circa il 90%. Molte imprese rischiano la chiusura». La legge e il caos Nel passaggio di competenze la continuità del servizio è stata garantita da un susseguirsi di proroghe e alcuni dirigenti scolastici, in assenza di indicazioni normative precise, preferiscono far ricorso a imprese o all?assunzione di bidelli. «La 124 aveva previsto l?inserimento nelle scuole di circa 55mila persone, ne sono stati invece assunti oltre 80mila, da qui la carenza di fondi per far fronte alle spese di gestione». Il numero delle coop è iniziato a diminuire di anno in anno, sollevando manifestazioni di protesta da parte dei genitori, gli stessi che, qualche anno prima, avevano inizialmente contestato la loro presenza. «Molte persone si sono mostrate attente ai nostri problemi, organizzando manifestazioni di solidarietà e sottoscrivendo appelli inviati ai giornali, dimostrando così di aver apprezzato e compreso il senso della nostra attività». «Per uscire da questa impasse», conclude , «oltre a garantire certezze dal punto di vista finanziario, è necessario riportare l?organizzazione dei servizi a livello locale: pensiamo a un consorzio di autonomie scolastiche all?interno delle quali le scuole possano confrontarsi e scegliere le migliori soluzioni e valutare l?operato delle imprese affidatarie dei servizi. L?orientamento del ministero dell?Istruzione è invece quello di stabilire delle regole generali a livello nazionale. Nessuna valutazione del valore, in termini di occupazione di soggetti deboli, della cooperazione sociale. Un valore aggiunto che la Moratti vuole ignorare».


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