Welfare

Semilibertà per Pietro Maso

Dopo 17 anni finisce la "detenzione piena" del ragazzo veneto che a 19 anni massacrò a bastonate entrambi i genitori

di Franco Bomprezzi

La concessione del regime di semilibertà a Pietro Maso irrompe nelle prime pagine dei giornali di oggi. Diciassette anni fa Maso massacrò a bastonate i genitori per ottenerne l’eredità. Il tribunale di sorveglianza oggi però a ritenuto il detenuto del carcere di Opera meritevole della concessione della semilibertà. Maso fra tre giorni uscirà quindi dal penitenziario milanese. Ma molti dei parenti del suo paese d’origine, Montecchia di Crosara, non vogliono perdonarlo.


“Maso in libertà, nel 91 uccise i genitori” titola il Corriere sparando in prima la foto dei due genitori massacrati a bastonate 17 anni fa per prendersi l’eredità. A pag 22 il servizio. Scrive il Corriere: Quei colpi di padella sul cranio della madre che non voleva morire e quelle bastonate date al padre con un tubo di ferro dicono siano sepolti nella sua vecchia coscienza d’assassino che con l’aiuto di don Mario Todoschini, ora, è solo l’anima di un «uomo pentito che vuole aiutare i ragazzi di oggi a non sbagliare». Quando ieri mattina al carcere di Opera è arrivata la comunicazione della concessione della semilibertà, Maso si è messo a piangere e ha detto: Non ci credevo più nemmeno io». Ora potrà lasciare il carcere per andare a lavorare. Come domicilio ha indicato quello delle fidanzata Stefania che ha un anno più di lui e chiede di essere «lasciata in pace, proprio come lo merita Pietro…che adesso è un uomo dal cuore grande così». Dopo la semilibertà arriverà l’affidamento ai servizi sociali, quindi sarà la scarcerazione completa, con uno sconto complessivo di galera pari a poco meno della metà della pena inflitta.
Nell’intervista d’appoggio parla Gianfranca Bettin, autore del primo libro sulla strage. Secondo lui il tribunale di sorveglianza di Milano ha preso la decisione giusta: «In 17 anni di carcere ha sempre tenuto un comportamento riservato, concentrato sul suo recupero. Nonnha mai giocato a fare il personaggio quando avrebbe potuto farlo.
Nel giorno di Pietro Maso il Corriere dedica il Focus all’uscita giudiziaria dei terroristi protagonisti degli anni di piombo. Dei 6mila terroristi entrati in carcere ne restano detenuti 71 più altri ventisei che sono sottoposti al regime di semilibertà. L’inchiesta è firmata da Giovanni Bianconi.

Scelta diversa per Repubblica che non mette Maso in prima pagina, ma riserva la 22 e la 23, a “Maso, semilibero dopo 17 anni massacrò i genitori per l’eredità”. Oriana Liso racconta che l’attuale 37enne farà il magazziniere a Milano (si è diplomato in carcere quest’anno; vorrebbe fare l’università; in carcere fa l’istruttore della palestra, scrive poesie); la sua giornata potrà prevedere pause e incontri con la fidanzata. Adesso il direttore del carcere di Opera deve scrivere il “piano di trattamento provvisorio”: orari, indirizzi, permessi, restrizioni… Tra due anni al massimo potrà chiedere l’affidamento in prova all’esterno. A fianco le reazioni di Montecchia di Crosara, il paese dei Maso. L’inviato Roberto Bianchin riferisce di un clima pesante: “Tra i parenti che non lo perdonano «Non si azzardi a venire qui». La zia Rosina dice: «non voglio vederlo»; il sindaco, Giuseppe Cavazza: «resto del parere che la condanna dovrebbe essere scontata fino in fondo. E penso che parecchi miei compaesani non siano tanto d’accordo su questo beneficio». Flavio Tosi, primo cittadino di Verona, non resiste a dire la sua: «Decisione sconcertante». Insomma, la collettività ha deciso che Pietro Maso non può essere cambiato… Convinto del contrario don Guido Todeschini, della comunità veronese Il Cenacolo: «In questi anni ha fatto un serio cammino di fede e di conversione, e mi auguro continui a portarlo avanti». Il procuratore del processo, Guido Papalia, si augura che «la selta sia positiva, contribuisca a recuperarlo, e lo possa aiutare a tornare una persona normale».


La Stampa, dimostrando che Anselmi è davvero un buon direttore,  dedica l’intera apertura della prima a Pietro Maso. Occhiello: Ha ottenuto la semilibertà dal Tribunale. Titolo: Esce Maso: voleva subitò l’eredità, massacrò i genitori. Sommario: Sconterà solo 17 anni su 30. Insomma tutte le questioni, in sintesi sul tappeto. Accanto ad una foto di Maso diciannovenne in Tribunale nel 1991, parte il commento di Lorenzo Mondo: La giustizia e i conti della serva.
Alla notizia La Stampa dedica il suo Primo Piano con un marca pagina significativo: Giustizia e perdono. Un caso che divide. Ci sono tutti gli elementi un box alto che corre sulle due pagine fatto di foto e di date del caso, dal giorno dell’agguato e del delitto dei due genitori, il 17/04/1991 al primo permesso premio per Pasqua il 7/4/2007. L’apertura è di Fabio Poletti e titola “Maso lascia il carcere «Oggi è un altro uomo»” Frase che cita la motivazione con cui il Tribunale di sorveglianza di Milano ha deciso che il detenuto Maso può accedere alla semilibertà. Il cronista è abbastanza perplesso e racconta: “Di quella vita là, dicono i maligni, a Pietro Maso è rimasto il culto dell’immagine. L’abbronzatura modellata dalle ore d’aria nel cortile del carcere di Opera. I bicipiti pompati da ore e ore in palestra…Lo stesso taglio di capelli di un tempo“. A giurare sul cambiamento è il suo padre spirituale don Guido Todeschini che racconta la confidenza di Maso: “Sono una persona diversa, anni e anni di carcere mi hanno cambiato. Mi era perso ho cercato di ritrovarmi e lo devo alla fede”.
Ferdinado Camon, (che sul caso scrisse articoli e un libro) ricorda chi era Maso e come arrivò al delitto. “Quando fecero il grande massacro, erano in quattro, Pietro Maso li comandava tutti e aveva 19 anni. Era sua l’idea: Femo fora i veci, tiro i schei e compreremo la Bmw 2000, l’ho già prenotata. È nera.”
Un ultimo pezzo raccoglie le voci del Paese di Maso Montecchia di Crosara e il titolo dice tutto “Il paese non perdona. Non vogliamo divi. Dal sindaco al barista tutti d’accordo, doveva scontare l’intera pena”

Avvenire mette in prima la notizia del veronese accostandogliene un’altra: “Maso ottiene la semilibertà Carceri di nuovo stracolme”. La cronaca è a pagina 13: “Semilibertà a Pietro Maso Uccise i genitori per i soldi”. Riferisce Nello Scavo, rievocando il delitto di 17 anni fa , riportando la difesa di don Todeschini. In un box la ricostruzione del delitto: “Dopo l’agguato andò in discoteva Tre giorni d’interrogatori per farlo crollare”. Insomma il giornale della Cei non lo dice apertamente ma non dà credito al cambiamento di Maso.
A pagina due l’editoriale di Antonio Maria Mira, “Il lavoro che non c’è la recidiva dei carcerati”: le carceri tornano a scoppiare; i mali del sistema carcerario in questi due anni non sono stati affrontati. Secondo il ministro della Giustizia «gli effetti dell’indulto sono stati del tutto provvisori», ha parlato anche di «un frenetico turn over dei detenuti», 170 mila l’anno in entrata e uscita… «la terapia migliore per aprire un nuovo futuro è il lavoro», ma siamo molto lontani. «Appena il 27,4% dei detenuti svolge un lavoro in carcere», ma solo 1.600 hanno una vera occupazione (da cooperativa o da impresa fuori del carcere). A pagina 3 la terza tappa dell’inchiesta su carcere. Nicoletta Martinelli, “Andare in scena per non rimanere «prigionieri»”. Ovvero le esperienze di teatro all’interno delle prigioni. Sono molto diffuse, utili alla riabilitazione, con una alta percentuale di partecipazione di attori professionisti e di volontari.

Anche il Giornale apre con la domanda “Ricordate Maso? Trucidò i genitori. Ed è già libero”. La Foto di copertina  è quella di Maso, una paparazzata  per strada con la fidanzata.  Alle pagine 12 e 13  le foto continuano con scatti alla maniera di Novella 2000:  Maso mentre fuma, Maso che bacia la sua tipa.
Il servizio di Luca Fazzo spiega che grazie a  “Un prete e una fidanzata si sono aperte le porte della prigione”. Il prete è Mario Todeschini, quello di Telepace, che ha una comunità e che in questi anni anni si è occupato di Pietro Maso, la fidanzata è descritta come ” una smilza, capelli scuri, di buona famiglia milanese”. Sarà la donna con cui Maso convivrà, mentre la sera  dovrà rientrare in carcere. Inevitabile  Fazzo si domanda “Quale padre e madre sono in grado di accettare  serenamente che la propria figlia intrecci la sua vita con quella di un uomo dal passato simile?” Anche alla fidanzata di Maso ( ormai questa diverrà famosa  – e ovviamente  candidata ad una prossimo reality- con questa espressione)  glielo hanno chiesto in tanti anche il giudice che ha concesso la semilibertà e lei  risponde, dice Fazzo con convinzione, «Pietro è una persona di buon cuore».
Una delle sorelle  dice «Non voglio rilasciare dichiarazioni. é sempre stata la mia linea e non cambierà adesso».  Sempre Fazzo  spiega che Maso uscirà  ogni mattina dal carcere  di Opera, lavorerà come magazziniere e passerà i fine settimana le feste con la compagna.  Le voci dei sindaci di Montecchia di Verona: «Doveva scontare la condanna  fino in fondo» e il sindaco di Verona , Flavio Tosi, commenta ( pur dicendo che Pietro Maso  probabilmente è veramente pentito): «é la dimostrazione di quanto è morbido, per non dire lassista, sia il sistema della giustizia in Italia».
 Salvatore Scarpino scrive un commento alla vicenda allargandosi  sull’ “ergastolo flessibile” copertina e pag. 47.

 

Le altre nortizie di oggi


Ambiente
Corriere– Salvare il pianeta non è come decidere di buttare giù «un digestivo». E le misure per combattere il riscaldamento del clima non sono «un lusso», ma una necessità decisiva «che non scompare a causa della crisi finanziaria». Le parole sono di Josè Barroso, presidente della Commissione Europea alla vigilia del vertice dei capi di Stato e di governo che oggi e domani affronterà il tema della lotta al cambiamento climatico. Che avverte anche che gli obiettivi di fondo concordati in gennaio non devono cambiare: 20-20-20 cioè 20% in meno di emissioni di Co2, 20% in più di energia tratta da fonti rinnovabili e 20% in più di efficienza energetica. Tutto sembra confermato, ma ci si arriverà, dice Barroso, «dimostrando la necessaria flessibilità». Una posizione di compromesso che viene incontro alle richiesta di Italia («Alla Ue chiediamo tempo e flessibilità», ha annunciato il ministro delle  Politiche comunitarie Andrea Ronchi) Germania e Polonia. Paesi che ospitano grandi industrie automobilistiche e che lamentano i costi eccessivi del pacchetto climatico (25 miliardi di euro l’anno, che si avvicinerebbero nel totale a 180 miliardi secondo i calcoli del governo di Roma e della nostra Confindustria). Sul tema la Marcegaglia entra a gamba tesa: «la Ue uccide l’industria, serve una posizione netta, sì anche al veto».

Il Sole 24 ore– Con un editoriale che parte dalla prima l’ex direttore Guido Gentili perora la causa di Confindustria (e del Governo) contro il pacchetto energia e clima dell’Unione Europea. Ieri Barroso aveva detto che non c’era alcuna ragione per cambiare gli obiettivi. La tesi è: il pacchetto avrebbe costi eccessivi per le aziende (“l’Italia dovrebbe sopportare costi di 170-180 miliardi in 7 anni”,  dice Gentili), “proprio nel momento in cui le condizioni del ccredito, per le industrie e per le famiglie di tutta Europa, sono tra le più difficili che si possano immaginare”. Insomma: c’è la crisi, l’ambiente può aspettare.

Classi per immigrati
Repubblica– “A scuola classi solo per immigrati”, cronaca e commento. La prima affidata a Silvio Buzzanca: un test linguistico e di valutazione generale dello studente; se non passa una “classe ponte”… A mediare rispetto a una prima formulazione più radicale, Italo Bocchino, An, che si è fatto portavoce del dissenso all’interno del Pdl. Dice ad esempio l’onorevole Mario Pepe: «Durante il fascismo in Somalia ci fu una cosa simile»; gli fa eco Nicolò Cristaldi (entrambi Pdl): «non partecipo a questa votazione, non condivido il testo della mozione della maggioranza e con me usciranno dall’aula anche altri colleghi». La mozione è passata di poco: 256 sì, 246 no, 1 astenuto. La Lega, ha spiegato Roberto Cota, vuole raggiungere tre obiettivi: evitare di iscrivere ragazzi stranieri dopo il 31 dicembre (per non bloccare il programma); creare classi ponte o di inserimento; prevedere che il numero degli stranieri sia proporzionato a quello degli italiani. Piero Fassino  parla di «regressione culturale». In appoggio focus sulla scuola diretta da Luisa Imbriani (a Padova) dove c’è il 38% degli stranieri. “La prof più ‘multietnica’: la diversità arricchisce”. Dice la prof: «Stiamo dimostrando, attraverso un’offerta formativa articolata, che i ragazzi italiani e stranieri possono crescere insieme, arricchendosi a vicenda».
Francesco Merlo, “Il muro tra i banchi”: «Ancora una volta la Lega coglie il disagio, ma anziché risolverlo lo aggrava. Nessun altro paese civile ha infatti mandato i figli degli immigrati nelle classi differenziate». Il problema esiste, insomma, ma per risolverlo, sottolinea Merlo, bastano i professori: cui vanno garantiti formazione e stipendi. In questo l’Italia è avvantaggiata: l’unità linguistica è avvenuta gradualmente, anche mandando al sud professori del nord e viceversa. Collegato a questi temi, il bel focus di R2: “Qui succede un ’48”. Ovvero i disagio dei giovani in particolare liceali: senza prospettive, in attesa di una vita senza sicurezze, stanno riscoprendo la politica dal basso. Questa generazione no-future, dice il professor Alessandro Rosina, dovrà «davvero cercare di riscrivere la società»…

il Sole 24 Ore–  Nel suo articolo sulla rivolta anti-Gelmini cita la nuova trovata della Lega, una mozione che prevede test di lingua per gli stranieri, “classi ponte” (poi diventate “gruppi di inserimento”) per chi non li supera, divieto di ingresso nelle classi dopo il 31 dicembre, una distribuzione degli stranieri proporzionata al numero di alunni per classe. Secondo me è una mozione vergognosa.

La Stampa– Intervista a Luigi Berlinguer “Ai prof non va bene nessuna riforma, una riforma della scuola è impossibile” è il richiamo in prima. A pagina 10 l’ex ministro del centro sinistra ragiona così: “LA scuola italiana è stata per decenni il campo privilegiato di controversie ideologiche, destra e sinistra hanno innalzato i propri vessilli a discapito di ogni ragionamento sui contenuti educativi. Credo che l’ideologismo debba fare molti passi indietro perché si possa fare qualcosa”

Sciopero
Manifesto – La copertina e il titolo secco “Vietati” è dedicata all’annuncio di un disegno di legge da parte di Sacconi sul diritto di sciopero “Il governo attacca la libertà di sciopero nel pubblico impiego. Sacconi annuncia un disegno di legge: obbligo di referendum, censimento – schedatura di chi aderisce, arbitrato e, semmai, «sciopero virtuale». Il tutto alla vigilia delle agitazioni di ottobre” è la sintesi in prima su una foto di sciopero della funzione pubblica dove il colore dominante è il rosso delle bandiere. A pagina 6 e 7 il titolo è ancora più esplicito “Il diktat di Sacconi: vietare gli scioperi”. Nelle stese pagine si dedica un articolo allo sciopero del 17 ottobre con un’intervista al coordinatore della RdB Cub che parla del decreto ammazza-precari; mentre un altro articolo è dedicato alla crisi della Merloni “Non si chiama Alitalia ma ci sono quasi 10mila posti a rischio”.

Brunetta e la class action
Italia Oggi – La class action contro la pubblica amministrazione. Ebbene, se siete vittima di lassismo e incompetenze e maleducazione da parte di persone agli sportelli della pubblica amministrazione, ( chi non lo è stato?)  grazie a un emendamento al ddl di Brunetta, il cittadino e le associazioni dei consumatori potranno far causa alla pubblica amministrazione per far valere i propri diritti se la p.a. viola gli standard qualitativi  o gli obblighi. In caso di condanna definitiva dalla p.a. scatta subito l’accertamento della responsabilità del funzionario che ha causato il danno.  Poi, al dirigente “cieco” spetta un taglio in busta paga. Infatti,se il dirigente omette di vigilare sull’effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull’efficienza della relativa struttura, una volta accertata la sua responsabilità, allo stesso tempo sarà negata la corresponsione del trattamento economico accessorio. Ma non sono solo mazzate. L’emendamento 4.3 prevede che la valutazione positiva conseguita dal dipendente in un congruo arco di tempo, costituirà titolo rilevante ai fini della progressione in carriera e dei concorsi riservati al personale interno.


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