Famiglia
Il risparmio lascia indietro gli scrupoli
In epoca di crisi le attenzioni etiche si dileguano. Solo il 16% dei risparmiatori si dice preoccupato che i propri soldi finiscano in investimenti illeciti
Fiducia nel futuro? Poca, soprattutto a causa delle tensioni internazionali e dei venti di guerra che soffiano. Nella ripresa economica e nella crescita del potere d?acquisto? Pochissima, principalmente per via dell?entrata in vigore dell?euro. Nei confronti dei consulenti finanziari? Scarsa, sebbene aumenti la propensione a consultarsi durante il processo decisionale di investimento. Quanto alla responsabilità sociale d?impresa? pollice inesorabilmente verso: si tratta di un fatto prevalentemente di immagine, per le aziende ciò che conta davvero sono gli interessi degli azionisti.
Risparmi sporchi
Visto quindi che, in presenza di un simile clima di incertezza, risulta sempre più difficile mettere da parte qualche soldo e farlo fruttare bene, tanto vale allora puntare sul vecchio caro mattone e, in ogni caso, non farsi troppi scrupoli sulla destinazione degli investimenti se c?è da guadagnare qualche punto percentuale di rendimento: che vadano pure a finanziare attività di dubbia liceità, ogni tanto si può anche chiudere un occhio se ciò fa bene al portafoglio.
A tracciare un profilo del risparmiatore italiano così ?disincantato? e arroccato su posizioni difensive è l?istituto di ricerca Abacus che, in occasione della 78a Giornata mondiale del risparmio, ha realizzato per conto dell?Acri (Associazione delle casse di risparmio e delle fondazioni bancarie italiane) l?indagine Etica del risparmio e tutela del cittadino. Un?indagine ad ampio spettro, effettuata su un campione rappresentativo dell?intera popolazione italiana, con tre finalità ben precise: verificare come si è evoluto nell?ultimo anno l?atteggiamento degli italiani nei confronti del risparmio e dei suoi impieghi; fare un bilancio, a quasi un anno dalla sua introduzione, degli atteggiamenti nei confronti dell?euro; cogliere le percezioni dei cittadini sull?etica aziendale e sulle sue implicazioni sul risparmio.
Ebbene, il quadro complessivo che emerge è, a dir poco, a tinte fosche, a cominciare da una duplice, preoccupante dinamica: la sensibile riduzione del numero di cittadini che si dichiara soddisfatto del proprio status economico (meno 10% rispetto al 2001) e il concomitante aumento di coloro i quali si aspettano un peggioramento della propria situazione personale (16% a fronte del 7 del 2001), della situazione economica italiana (31% contro il 13) e di quella mondiale (23% contro il 14): «I cittadini italiani», esordisce Nando Pagnoncelli, amministratore delegato e direttore generale di Abacus, «hanno la sensazione di vivere oggi in un clima di incertezza sociale, politica ed economica particolarmente preoccupante, per certi versi inedito rispetto ad altre crisi di fiducia che hanno interessato il Paese negli anni passati. Basti pensare alla diffusa sensazione di instabilità causata dall?introduzione dell?euro». Ben il 77% del campione, infatti, imputa spontaneamente gli aumenti che ci sono stati all?introduzione dell?euro e il 45% sostiene che i propri risparmi abbiano perso di valore (anche se il 47% si dichiara tutto sommato soddisfatto della moneta unica).
«Ciò spinge», continua Pagnoncelli, «a chiudersi in se stessi, a isolarsi, ad assumere un atteggiamento difensivo e ad accentuare i tratti individualistici della propria personalità per paura di perdere la sicurezza economica». «Di fronte a tale percezione del futuro», aggiunge, «si mettono da parte gli ideali e si sta molto più attenti al puro rendimento economico dei propri risparmi».
Niente rischi
E in effetti gli italiani dimostrano di aver ben poca voglia di rischiare ma di voler puntare sul sicuro. Per esempio: gli investimenti immobiliari raccolgono il 53% delle preferenze a fronte del 39 di un anno fa; si contrae anche l?impiego mobiliare, cosiddetto sicuro, in titoli di Stato, obbligazioni e polizze, passando dal 29% al 20 (e, naturalmente, cala l?appeal degli strumenti finanziari ?a rischio?, fondi comuni e azioni, dall?11% al 7). Ma il dato per certi aspetti più eclatante, riguarda l?interesse circa le modalità di impiego dei risparmi: più di ogni cosa contano i rendimenti, diminuiscono gli ?scrupoli? su come verranno investiti i soldi (dal 40% al 34) e si è molto meno preoccupati del fatto che possano contribuire al finanziamento di attività illecite (16% contro il 30 del 2001).
Il nuovo disincanto
«Si tratta senza dubbio di dati che possono suscitare più d?una perplessità», sottolinea Pagnoncelli, «ma essi vanno letti anche alla luce di un?altra duplice rilevazione: la circostanza che rimane pressoché invariata, anzi sale leggermente, la preferenza per una destinazione del denaro a sostegno della cooperazione nel Terzo mondo, di organizzazioni benefiche e all?agricoltura biologica (27% contro il 25 del 2001), a testimonianza quindi che non è che gli italiani siano diventati tutti d?un tratto cinici ed egoisti». «E poi», aggiunge il direttore di Abacus, «un ruolo determinante a proposito di questo ?disincanto? lo gioca il fatto che la responsabilità sociale d?impresa viene percepita prevalentemente come un fattore di immagine e quindi l?investimento in titoli di aziende che si definiscono tali non viene identificato come un investimento realmente responsabile. Come a dire, tanto vale non farsi scrupoli».
L?etica? Una trovata
Al riguardo, quattro opinioni espresse dagli intervistati sono emblematiche: il 57% considera semplici trovate pubblicitarie i programmi con i quali le imprese si impegnano, anche pubblicamente, a rispettare norme morali e comportamenti etici; il 54% pensa che le imprese socialmente responsabili siano solo una minoranza in Italia; pressoché la totalità degli intervistati ritiene che l?impresa abbia idealmente dei doveri, soprattutto nei confronti dei propri dipendenti, ma che in realtà essa tutela in assoluto di più gli azionisti (intesi come ?padroni?); il 77% del campione, infine, pensa che in economia non ci siano regole sufficientemente rigorose e che le maggiori carenze di norme comportamentali riguardino proprio il modo con cui le aziende si muovono nei confronti dei mercati finanziari.
Insomma, per gli italiani il sistema economico-finanziario si avvita su stesso e per l?etica sembra non esserci alcun posto. «Non è proprio così», spiega Pagnoncelli, «in realtà una via d?uscita ci sarebbe e sono i cittadini stessi a indicarla: l?introduzione di una legislazione più severa e rigorosa in fatto, per esempio, di trasparenza dei bilanci aziendali. Il 60% dichiara che essa influenzerebbe positivamente il rendimento dei propri risparmi». Già, ma quale legislatore oggi in Italia ne vuole una simile?
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